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giovedì 16 maggio 2013

LINK/ Quell’elogio del nazifascismo nelle lettere del ventenne JFK [LA STAMPA, 16-5-2013]


http://www.lastampa.it/2013/05/16/cultura/quell-elogio-del-nazifascismo-nelle-lettere-del-ventenne-jfk-Q5YIGrf5LC2tPuGPxDuQ7H/pagina.html


AP
Nei suoi diari di viaggio, il ventenne John F. Kennedy annotava: «Il fascismo è la cosa giusta per la Germania e per l’Italia, il comunismo per la Russia e la democrazia per l’America e l’Inghilterra»

In un libro le annotazioni choc del futuro presidente degli Usa in viaggio in Italia e Germania-
«Hitler? È fatto della stoffa  con cui si fanno le leggende»

Per il ventenne John Fitzgerald Kennedy, in viaggio di piacere in Italia e Germania nel 1937, il fascismo faceva bene ai due Paesi e ancora nell’agosto 1945 sul suolo tedesco si diceva convinto che Hitler sarebbe entrato nella leggenda. Queste ed altre sorprendenti affermazioni sono contenute nei diari e nelle lettere del defunto presidente americano, il cui contenuto viene pubblicato in Germania in un libro dal titolo «John F. Kennedy. In mezzo ai tedeschi. Diari e lettere 1937-1945».  

La Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) ha pubblicato un’ampia anticipazione della casa editrice Aufbau Verlag. Lo storico tedesco Oliver Lubrich, che ne è il curatore, definisce in un’intervista «sconcertante» l’affermazione di quello che sarebbe diventato il mito dell’America liberal, secondo cui il Fuehrer «era fatto della stoffa con cui si fanno le leggende». 

Il 3 agosto 1937, mentre girava l’Italia da turista, Jfk annotava nel suo diario a Milano di essere «giunto alla conclusione che il fascismo è la cosa giusta per la Germania e per l’Italia, il comunismo per la Russia e la democrazia per l’America e l’Inghilterra. Che sono i mali del fascismo al confronto del comunismo?». 

Qualche settimana più tardi, dopo aver risalito entusiasta per il paesaggio la valle del Reno, Kennedy annotava il 21 agosto a Colonia un passaggio in cui descriveva la superiorità della razza di stampo germanico rispetto ai popoli di origine latina. «Abbiamo risalito il Reno. Bellissimo, anche per i molti castelli lungo il percorso. Le città sono tutte deliziose, ciò che mostra come le razze nordiche sembrano essere certamente superiori a quelle romaniche. I tedeschi sono davvero troppo in gamba, per questo ci si mette tutti insieme contro di loro, per proteggersi».  

L’annotazione che lascia più esterrefatti è però quella del primo agosto 1945, meno di tre mesi dopo il crollo del Terzo Reich, quando Kennedy aveva visitato il cosiddetto «Adlerhorst», il nido dell’aquila, la residenza alpina del Fuehrer sulle montagne di Berchtesgaden. Dopo aver fumato una sera dopo cena «i sigari ritrovati nell’auto blindata di Goering», l’ormai ventottenne Kennedy si lasciava andare a questa affermazione che lascia a dir poco perplessi. «Chi ha visto questi luoghi può senz’altro immaginare come Hitler, dall’odio che adesso lo circonda, tra alcuni anni emergerà come una delle personalità più importanti che siano mai vissute. La sua ambizione sconfinata per il suo Paese ne ha fatto una minaccia per la pace nel mondo, ma lui aveva qualcosa di misterioso nel suo modo di vivere e nella sua maniera di morire, che gli sopravviverà e continuerà a crescere. Era fatto della stoffa con cui si fanno le leggende». 

Nell’intervista alla Faz lo storico tedesco che ha scoperto e pubblicato per la prima volta questi documenti parla del ventenne Kennedy in visita in Germania come di «un turista ingenuo e un osservatore partecipe». Drastico è il suo commento sul giudizio del presidente relativo a Hitler come un personaggio da leggenda. «Il fatto che Kennedy non si sia quasi occupato dell’Olocausto, ma della tecnologia militare dei tedeschi è dal punto di vista odierno come minimo discutibile», spiega Lubrich, mentre «l’affermazione che Adolf Hitler fosse “della stoffa delle leggende” appare sconcertante». 

Lo storico si dice convinto che l’uomo che sarebbe diventato uno dei popolari presidenti degli Stati Uniti prima di essere assassinato nel 1963 a Dallas non ammirasse né Hitler, né la sua politica, e cerca di spiegare le annotazioni contenute nei diari del futuro presidente americano appoggiandosi sulla tesi di Susan Sontag riguardante «l’incredibile fascino esercitato dal fascismo» 

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