1.Il Libro Rosso di Jung. Fa uno strano effetto guardare le immagini e leggere i testi: manierati, rigidi, molto molto lontani. Unheimlich- nel senso in cui lo definì Freud in un famoso articolo: eerie- un po’ magico e un po’ kitsch, un po’ innocente e un po’ dannato. E a volte con dei lampi di totale bellezza e profondità. Si sa benissimo che è un diario privatissimo, non destinato alla pubblicazione. Ma Jung è morto da quasi 50 anni- il mondo cambia, la volontà degli antenati non sempre viene- per buone o cattive ragioni- tenuta in conto da chi viene dopo. Una cosa che onestamente non capisco nelle parole del Dr. Meroni è che si possa temere l’accusa di ‘psicotico’ (o ‘personalità psicotica’) che sarebbe da taluni specialisti (dal cuore di pietra, direi, e dallo spirito imbiancato) mossa a Jung sulla base di quei testi e immagini. In primo luogo, è una vecchia storia: oltre all’accusa di misticismo reazionario, l’accusa di grave dissociazione psichica gli è stata da molto tempo mossa. E in effetti non c’è dubbio, credo, che Jung, negli anni attorno alla 1° guerra mondiale, sia stato quasi-psicotico: basta leggere in che termini egli stesso descriva quel periodo nel suo libro di memorie. Ma allora? In primo luogo mantenne sempre il controllo della situazione (anche se a caro prezzo); in secondo luogo, una fase di ‘malattia creativa’, come la definisce Ellenberger, è tutto tranne che l’opposto della salute mentale (il quale concetto di ‘salute mentale’ è in sé veramente molto meschino e ristretto dal punto di vista filosofico, antropologico, e umano tout court); è noto e acquisito che una fase di scompenso, di ‘nevrosi’, di ‘regressione al servizio dell’Io’ può giocare un ruolo fondamentale e fondante nel raggiungere un più alto livello di integrazione, creatività, produttività; è noto pure che un altro padre fondatore, Freud, visse un periodo di serissime difficoltà, di cui un buon resoconto si trova nella Traumdeutung (che per buona parte si basa sulla sua auto-interpretazione e auto-analisi e auto-terapia: tutto tranne che un ‘disinteressato lavoro scientifico’ ). D’altra parte, nel caso di Jung (come in quello di Freud), il detto ‘dai loro frutti li riconoscerai’ non può non essere applicato- ed è indubbio che quelli di Jung siano stati estremamente significativi. Come si potrebbe sostenere p.e. che ‘Psicologia e alchimia’ non sia un libro di alta lucidità, compiutezza e coraggio? E ‘Psicologia del transfert’, o ‘Mysterium coniunctionis’? (cui è annesso, si ricordi, il meraviglioso commento di Marie Louise von Franz alla Aurora Consurgens)- Perché, bisogna pure aggiungere, Jung svolse il suo lavoro non in una cella manicomiale o semi-rinchiuso in una torre a Tubinga ma nel mondo, con colleghi, allievi, amici, interlocutori, persone con cui portava avanti una terapia etc. Per cui i criteri che portano a diagnosticare uno scompenso psicotico sembrano veramente essere un po’ fuori luogo, e non cogliere il punto.
2. ‘E vero che Jung non volle la pubblicazione del ‘Libro rosso’, però è pure vero che in appendice all’autobiografia stampò (per il grande pubblico, non più come a suo tempo per una cerchia di intimi) i ‘Sette sermoni ai morti’, che sono un poco far out- ovvero, che è un altro modo di dirlo, sono un grande testo spirituale (e la spiritualità fa indubbiamente parte delle realizzazioni culturali dell’umanità). L’unica differenza- non piccola- fra questi e ‘Il libro rosso’ è che mentre nel ‘Libro rosso’ si esprime una ricerca là abbiamo una quasi-scoperta (o rivelazione, se vogliamo). Ma la ‘salute mentale’ come sopra definita centra ben poco con entrambe. Voglio dire che se accettiamo i Sermoni (e personalmente non vedo come p.e. chi fa psicoterapia analitica possa rifiutarli) bisogna anche accettare l’altro che (assieme alle visioni, ai sogni e alle quasi-voci) ne è il presupposto.
Piccola nota bibliografica di riferimento
C.G.Jung, ‘Ricordi, sogni, riflessioni’ (a c. di Aniela Jaffè), Rizzoli (orig. 1961).
H. Ellenberger “La scoperta dell'inconscio. Storia della psichiatria dinamica", Bollati Boringhieri 1980 (1970).
Ken Wilber, “Lo spettro della coscienza”, ed. Crisalide (1977 orig.)
Gopi Krishna e James Hillman, “Kundalini”, Boringhieri 1978 ( 1970).
J. Derrida , ‘Cogito et histoire de la folie’, in ‘L’écriture et la différence ‘ (1967).
Gilles Deleuze-Félix Guattari, ‘Qu'est-ce que la philosophie ?’, ed. du Minuit, 1991.
Stanislav Grof, Ronald D. Laing, Roberto Assagioli, Christina Grof, Ram Dass, Keith Thompson, Jack Kornfield and others, ‘Spiritual Emergency: When Personal Transformation Becomes A Crisis’, S.Grof e C. Grof eds,Tarcher, 1989.
Martin Heidegger, 'Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung', Klostermann, 1936/1996.
Martin Heidegger, 'Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung', Klostermann, 1936/1996.
Sigmund Freud: The Interpretation of Dreams (completo; disponibile anche in francese e tedesco)
DUE BREVI BRANI CHE HO GIA’ PUBBLICATO :
A.
11 Surely this red one was the devil, but my devil. That is, he was my joy, the joy of the serious person, who keeps watch alone on the high tower- his red-colored, red-scented, warm bright red joy.12 Not the secret joy in his thoughts and in his looking, but that strange joy of the world that comes unsuspected like a warm southerly wind with swelling fragrant blossoms and the ease of living. You know it from your poets, this seriousness, when they expectantly look toward what happens in the depths, sought out first of all by the devil because of their springlike joy.13 It picks up men like a wave and drives them forth. Whoever tastes this joy forgets himself 14 And there is nothing sweeter than forgetting oneself And not a few have forgotten what they are. But even more have taken root so firmly that not even the rosy wave is able to uproot them. They are petrified and too heavy, while the others are too light. -[p.260]
Sicuramente questo Rosso era il diavolo, ma il mio diavolo. Cioè, era la mia gioia, la gioia di una persona determinata, che fa la guardia da solo sulla torre alta- la sua gioia rossa, profumata di rosso, calda luminosa rossa gioia. Non la segreta gioia nei propri pensieri e nel proprio aspetto, ma quella strana gioia terrena che giunge inattesa come un tiepido vento del sud con nuovi fragranti germogli
Sicuramente questo Rosso era il diavolo, ma il mio diavolo. Cioè, era la mia gioia, la gioia di una persona determinata, che fa la guardia da solo sulla torre alta- la sua gioia rossa, profumata di rosso, calda luminosa rossa gioia. Non la segreta gioia nei propri pensieri e nel proprio aspetto, ma quella strana gioia terrena che giunge inattesa come un tiepido vento del sud con nuovi fragranti germogli
e l’agio della vita. La si conosce dai poeti, questa determinazione, quando cercano con attesa quel che capita nelle profondità, ricercati prima di tutto dal diavolo per via della loro esultante (primaverile) gioia. Raccoglie gli uomini come un’onda e li porta con sé, in avanti. Chiunque assaggia questa gioia dimentica sé stesso. E non c’è nulla più dolce del dimenticare sé stessi. E non pochi hanno dimenticato cosa sono. Ma anche di più hanno messo radice con tanta forza che nemmeno l’onda rosa è capace di sradicarli. Sono diventati di pietra e troppo pesanti, mentre gli altri sono troppo leggeri.
B.
The spirit of the depths has subjugated all pride and arrogance to the power of judgment. He took away my belief in science, he robbed me of the joy of explaining and ordering things, and he let devotion to the ideals of this time die out in me. He forced me down to the last and simplest things. The spirit of the depths took my understanding and all my knowledge and placed them at the service of the inexplicable and the paradoxical.
Lo spirito del profondo ha sottomesso tutto l’orgoglio e l’arroganza nel potere della ragione. Ha eliminato la mia fede nella scienza, mi ha tolto via la gioia dello spiegare e dare un ordine alle cose, e ha fatto spegnere in me la devozione agli ideali di questo tempo. Mi ha costretto a limitarmi alle cose ultime e più semplici.
Lo spirito del profondo ha preso tutto il mio intelletto e tutta la mia conoscenza, e li ha posti al servizio del non spiegabile e del paradossale.
Giacomo Conserva
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