BEYOND THE ADVANCED PSYCHIATRIC SOCIETY- A COLLECTIVE RESEARCH/ OLTRE LA SOCIETA' PSICHIATRICA AVANZATA- UNA RICERCA COLLETTIVA


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lunedì 18 aprile 2011

C.G.Jung 'Sette sermoni ai morti'/ 'Seven sermons to the dead'




I SETTE SERMONI AI MORTI-  SCRITTI DA BASILIDE DI ALESSANDRIA, LA CITTA' IN CUI L'ORIENTE TOCCA L'OCCIDENTE

Sermone I
I morti erano di ritorno da Gerusalemme, dove non avevano trovato ciò che cercavano. Mi pregarono di lasciarli entrare e implorarono il mio verbo, e così iniziai il mio insegnamento:
Ascoltate: io inizio dal nulla. Il nulla è uguale alla pienezza. Nell'infinito il pieno è come il vuoto. Il nulla è vuoto e pieno. Potreste dire altrettanto bene qualche altra cosa del nulla, per esempio che è bianco e nero o che non è o che è. Una cosa infinita ed eterna non ha alcuna qualità poiché ha tutte le qualità.
Noi chiamiamo il nulla o la pienezza il PLEROMA. In esso sìa il pensiero che l'essere cessano, poiché l'eterno e infinito non possiede qualità. In esso non c'è essere, perché allora sarebbe distinto dal pleroma, e possederebbe qualità che lo distinguerebbero come un che di diverso dal pleroma.
Nel pleroma c'è nulla e tutto. Non giova riflettere sul pleroma, perché ciò significherebbe autodissolversi.
La CREATURA non è nel pleroma ma in se stessa. Il pleroma è inizio e fine della creatura. La pervade come la luce del sole pervade l'aria dovunque. Benché il pleroma pervada interamente, pure la creatura non ha parte in questo, come un corpo completamente trasparente non diventa ne' chiaro ne' scuro per via della luce che lo pervade.
Noi siamo però il pleroma stesso, poiché siamo una parte dell'eterno e infinito. Ma non ne siamo parte, perché siamo infinitamente lontani dal pleroma, non spazialmente o temporalmente ma ESSENZIALMENTE, in quanto siamo distinti dal pleroma nella nostra essenza di creatura, confinata nel tempo e nello spazio.
Ma poiché siamo parti del pleroma, il pleroma è anche in noi. Infinito, eterno e intero è il pleroma anche nel punto più piccolo, poiché piccolo e grande sono qualità in esso contenute. Esso è il nulla che è dovunque intero e continuo. Solo figurativamente quindi io parlo della creatura come parte del pleroma, perché in effetti il pleroma non è diviso in nessuna parte, essendo il nulla. Noi siamo anche l'intero pleroma perché, figurativamente, il pleroma è il punto più piccolo (immaginato soltanto, non esistente) in noi e l'illimitato firmamento intorno a noi. Ma perché mai parliamo allora del pleroma, dal momento che esso è tutto e nulla?
Ne parlo per avere un qualsiasi punto d'inìzio, e per liberarvi
dall'illusione che in qualche luogo, fuori o dentro, vi sia un qualcosa
di fermo o in qualche modo di stabilito fin dall'inizio.
Ogni cosa cosiddetta fissa e certa è soltanto relativa. Soltanto ciò che è soggetto a mutare è fisso e certo.
Ciò che è mutevole però è la creatura, quindi essa è l'unica cosa fissa e certa; perché ha delle qualità, ed è anzi qualità essa stessa.
E a questo punto domandiamoci: come fu originata la creatura? Le creature hanno origine, ma non la creatura, perché essa è la qualità del pleroma stesso, così come la non-creazione, la morte eterna. In ogni tempo e luogo c'è creatura, in ogni tempo e luogo c'è morte. Il pleroma ha tutto, distinzione e indistinzione.
La distinzione è la creatura. Essa è distinta. La distinzione è la sua essenza, e perciò essa distingue. Di conseguenza l'uomo distingue perché la sua natura è la distinzione. Perciò egli distingue anche le qualità del pleroma che non esistono. Le distingue fuori dalla sua natura.
Quindi l'uomo deve parlare delle qualità del pleroma che non esìstono.
A che serve parlarne, direte? Hai detto tu stesso che è vana cosa ragionare sul pleroma!
Vi ho detto questo per liberarvi dall'illusione che si possa riflettere sul pleroma. Quando noi distinguiamo le qualità del pleroma parliamo in base alla nostra distinzione e a proposito della nostra distinzione, ma non diciamo nulla circa il pleroma. Della nostra distinzione, però, è necessario parlare, affinchè possiamo distinguere a sufficienza noi stessi. La nostra natura è distinzione. Se non siamo fedeli a questa natura non distinguiamo abbastanza noi stessi. Perciò dobbiamo fare distinzioni delle qualità.

Sermone II
Nella notte i morti stavano lungo i muri e gridavano: Vogliamo sapere di Dio. Dov'è Dio? Dio è morto?
Dio non è morto, egli vive come sempre. Dio è creatura, perché è qualcosa di definito e quindi distinto dal pleroma. Dio è qualità del pleroma, e tutto ciò che ho detto della creatura vale anche per lui.
Egli è tuttavia distinto dalla creatura perché è molto più indefinito e indeterminabile di lei. E' meno distinto della creatura perché la base del suo essere è pienezza effettiva. Solo nella misura in cui è definito e distinto egli è creatura, e in questa misura è la manifestazione della pienezza effettiva del pleroma.
Tutto ciò che noi non distinguiamo cade nel pleroma e si annulla col suo opposto. Perciò, se non distinguiamo Dio, la pienezza effettiva è estinta in noi.
Dio è anche il pleroma stesso, così come ogni più piccolo punto nel creato e nell'increato è il pleroma stesso.
Il vuoto effettiivo è la natura del demonio. Dio e demonio sono le prime manifestazioni del nulla che chiamiamo pleroma. E' indifferente se il pleroma è o non è, poiché si annulla in ogni cosa. Non così la creatura. Nella misura in cui Dio e demonio sono creature, non si eliminano l'un l'altro, ma stanno l'uno contro l'altro come opposti effettivi. Non abbiamo bisogno di provare la loro esistenza, basta il fatto che dobbiamo sempre parlarne. Anche se entrambi non fossero, la creatura tornerebbe sempre a distinguerli dal pleroma partendo dalla sua natura di distinzione.
Tutto ciò che la distinzione estrae dal pleroma è una coppia di opposti. Perciò a Dio appartiene sempre anche il demonio.
Questa inseparabilità è così intima e, come avete appreso, così indissolubile anche nella nostra vita come lo è il pleroma stesso. Ciò deriva dal fatto che entrambi sono vicinissimi al pleroma, nel quale tutti gli opposti si annullano e unificano.
Dio e il demonio sono distinti mediante pieno e vuoto, generazione e distruzione.
L'EFFETTIVITÀ' è comune a entrambi. L'effettività li unisce. Quindi l'effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poiché nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza.
Questo è un Dio che voi non avete conosciuto, perché gli uomini lo hanno dimenticato. Noi lo chiamiamo col nome suo ABRAXAS. Esso è più indistinto ancora di Dio e del demonio.
Per distinguere Dio da lui, chiamiamo Dio Helios o sole.
Abraxas è effetto. Niente gli sta opposto se non l'ineffettivo; perciò la sua natura effettiva si dispiega liberamente. L'inefettivo non è, e non resiste. Abraxas sta al di sopra del sole e al dì sopra del demonio. E' probabilità improbabile, realtà irreale. Se il pleroma avesse un essere, Abraxas sarebbe la sua manifestazione.
E' l'effettivo stesso, non un effetto particolare, ma effetto in generale.
E' realtà irreale perché non ha effetto definito.
E' anche creatura perché è distinto dal pleroma.
Il sole ha un effetto definito, e così pure II demonio. E quindi ci appaiono molto più effettivi di Abraxas che è indefinito.
E' forza, durata, mutamento.
A questo punto i morti fecero un grande tumulto, perché erano cristiani.

Sermone III
Come brume sorgenti da una palude i morti si accostarono e implorarono: parlaci ancora del Dio supremo.
Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l'uomo non lo vede.
Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l'infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male.
Più esile e debole appare la vita rispetto al summum bonum; perciò anche è difficile concepire che Abraxas trascenda in potenza perfino il sole, che è la fonte radiosa di ogni forza vitale.
Abraxas è il sole, e al tempo stesso la gola eternamente succhiante del vuoto, di ciò che sminuisce e smembra, del demonio.
Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano.
Ciò che il Dio sole dice è vita.
Ciò che il demonio dice è morte.
Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme. Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile.
E' splendido come il leone nell'attimo in cui abbatte la preda. E' bello come un giorno di primavera.
Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E' Priapo.
E' il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia.
E' l'ermafrodito del primissimo inizio.
E' il signore dei rospi e delle rane che vivono nell'acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a mezzogiorno e a mezzanotte.
E' la pienezza che si unisce col vuoto.
E' il santo accoppiamento,
E' l'amore e il suo assassinio,
E' il santo e il suo traditore,
E' la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia,
Vederlo significa cecità,
Conoscerlo è malattia,
Adorarlo è morte,
Temerlo è saggezza,
Non resistergli è redenzione.
Dio dimora dietro il sole, il demonio dietro la notte.
Ciò che Dio genera dalla luce, il demonio lo spinge nella notte. Ma Abraxas è il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione.
Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio.
Ogni cosa che create col Dio sole da a! demonio il potere di agire.
Questo è il terribile Abraxas.
E' la creatura più possente, e in lui la creatura ha timore dì se stessa.
E' l'opposizione manifesta della creatura al pleroma e al nulla.
E' l'orrore che il figlio prova per la madre.
E' l'amore che la madre prova verso il figlio.
E' la gioia della terra e la crudeltà del cielo.
Di fronte al suo volto l'uomo impietrisce.
Di fronte a lui non c'è domanda ne' risposta.
E' la vita della creatura.
E' l'operazione della distinzione.
E' l'amore dell'uomo.
E' la voce dell'uomo.
E' l'apparenza e l'ombra dell'uomo.
E' la realtà illusoria.
Allora i morti ulularono e si infuriarono, perché essi erano imperfetti.

Sermone IV
I morti invasero il luogo mormorando e dissero: Parlaci degli dei e dei demoni, maledetto!
Il Dio sole è il massimo bene, il demonio è l'opposto, perciò voi avete due dei.
Ma ci sono molte cose alte e buone e molti grandi mali, e tra questi vi sono due dei-demoni; uno è QUELLO CHE BRUCIA, l'altro è QUELLO CHE CRESCE.
Quello che brucia è EROS, in forma di fiamma. La fiamma da luce consumandosi.
Quello che cresce è l'ALBERO DELLA VITA. Esso germoglia ammassando nel crescere materia vivente.
Eros s'infiamma e muore, invece l'Albero della Vita cresce lento e costante per tempi incommensurabili.
Buono e male si uniscono nella fiamma.
Buono e male si uniscono nella crescita dell'albero.
Nella loro divinità vita e amore sono opposti.
Incommensurabile come la moltitudine delle stelle è il numero degli dei e dei demoni.
Ogni stella è un Dio, e ogni spazio che una stella riempe è un demonio. Ma la vuotezza e pienezza del tutto è il pleroma.
L'effettività del tutto è Abraxas, al quale sta opposto soltanto l'irreale.
Quattro è il numero degli dei principali, come quattro è il numero delle misure del mondo.
Uno è l'inizio, il Dio sole.
Due è Eros, perché unisce due insieme e si estende in splendore.
Tré è l'Albero della Vita, perché colma spazio con forme corporee.
Quattro è il demonio, perché apre tutto ciò che è chiuso. Tutto ciò che ha forma e corpo, egli lo dissolve; è il distruttore nel quale ogni cosa diventa nulla.
Me beato, a cui è stato dato di conoscere la molteplicità e diversità degli dei. Guai a voi, che sostituite questa irriducibile molteplicità con l'unico Dio. Così facendo provocate il tormento causato dall'incomprensione, e mutilate la creatura, la cui natura e il suo scopo è la distinzione. Come potete essere fedeli alla vostra natura se cercate di mutare i molti in uno?
Ciò che voi fate degli dei è fatto a voi. Diventate tutti uguali e perciò la vostra natura è mutilata.
L'uguaglianza prevarrebbe non per volere di Dio ma per volere dell'uomo, perché gli dei sono molti mentre gli uomini sono pochi. Gli dei sono potenti e sopportano la loro molteplicità, perché al pari delle stelle dimorano in solitudine, divisi l'uno dall'altro da immense distanze. Ma gli uomini sono deboli e non sopportano la loro molteplicità, perciò dimorano insieme e abbisognano di comunanza per poter reggere alla loro particolarità. A scopo di redenzione io vi insegno la verità respinta, a causa della quale io sono stato respinto.
La molteplicità degli dei corrisponde alla molteplicità degli uomini.
Innumerevoli dei attendono di diventare uomini. Innumerevoli dei sono stati uomini. L'uomo partecipa alla natura degli dei, proviene dagli dei e va verso Dio.
Come non giova riflettere sul pleroma, così non giova adorare la molteplicità degli dei. Meno di ogni cosa gj(bva adorare il primo Dio, la pienezza effettiva e il summum bonum. Con la nostra preghiera non possiamo aggiungervi nulla ne' cavarne nulla, perché il vuoto effettivo inghiotte tutto. Gli dei splendenti formano il mondo celeste. Esso è
molteplice e si espande cresce all'infinito. Il Dio sole è il Signore
supremo di questo mondo.
Gli dei tenebrosi formano il mondo terreno. Sono semplici e diminuiscono e rimpiccioliscono all'infinito. Il demonio è l'infimo signore del mondo terreno, lo spirito lunare, satellite della terra, più piccolo, più freddo e più morto della terra.
Non c'è differenza tra il potere degli dei celesti e quello degli dei terrestri. Gli dei celesti diventano sempre più grandi, gli dei terrestri sempre più piccoli. Incommensurabile è il movimento degli uni e degli altri.

Sermone V
I morti urlarono in tono di derisione: Insegnaci, folle, la tua dottrina sulla Chiesa e sulla santa comunione.
Il mondo degli dei si manifesta nella spiritualità e nella sessualità.
Gli dei celesti compaiono nella spiritualità, quelli terrestri nella sessualità.
La spiritualità concepisce e abbraccia. Essa è femmina e perciò la chiamana MATER COELESTIS, madre celeste.
La sessualità genera e crea. Essa è maschile, e perciò la chiamano PHALLOS, il padre terrestre,
La sessualità dell'uomo è più terrestre, la sessualità della donna è più spirituale.
La spiritualità dell'uomo è più celeste, procede verso il più grande.
La spiritualità della donna è più terrestre, procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità dell'uomo che procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità della donna che procede verso il più grande.
Ognuna deve procedere verso il proprio luogo.
Uomo e donna diventano demoni l'uno per l'altra quando non dividono le loro strade spirituali, perché la natura della creatura è la distinzione.
La sessualità dell'uomo va verso il terrestre, la sessualità della donna verso lo spirituale.
Uomo e donna diventano demoni l'uno per l'altra se non distinguono la loro sessualità.
L'uomo deve imparare a conoscere il più piccolo, la donna il più grande.
L'uomo deve distinguersi sia dalla spiritualità che dalla sessualità. Deve chiamare la spiritualità Madre e porla tra il cielo e la terra. Deve chiamare la sessualità Phallos e porlo tra se' e la terra, perché la Madre e il Phallos sono demoni sovrumani e manifestazioni del mondo degli dei. Essi sono più effettivi per noi che non gli dei, poiché sono similissimi alla nostra natura. Se non vi distinguete dalla sessualità e dalla spiritualità, e non le considerate come una natura al di sopra di voi e intorno a voi, diventate loro preda come qualità del pleroma. Spiritualità e sessualità non sono vostre qualità, non sono cose che possedete e contenete: Esse posseggono e contengono voi, perché sono demoni potenti, manifestazioni degli dei, e quindi cose che vanno al di là di voi, esistenti per se stesse. Nessun uomo ha una spiritualità di per se', o una sessualità di per se', ma sta sotto la legge della spiritualità e della sessualità. Perciò nessuno sfugge a questi demoni. Dovete considerarli demoni, e un compito e pericolo comune, un fardello comune che la vita ha posto sulle vostre spalle.
Quindi la vita è per voi anche un compito e un pericolo comune, come lo sono gli dei, e primo fra tutti il terribile Abraxas.
L'uomo è debole, perciò la comunione è indispensabile. Se la vostra comunione non è sotto il segno della Madre, allora è sotto il segno del Phallos. Nessuna comunione è sofferenza e malattia. La comunione in ogni cosa è smembramento e dissoluzione.
La distinzione porta all'unicità. L'unicità è opposta alla comunione. Ma, data la debolezza dell'uomo a petto degli dei e dei demoni e della loro legge invincibile, la comunione è necessaria. Perciò ci dev'essere tanta comunione quanta è necessaria, non a causa dell'uomo ma a causa degli dei. Gli dei vi forzano alla comunione. E quanto più vi forzano, tanto più occorre comunione, più è male.
Nella comunione ogni uomo si sottometta agli altri, di modo che la comunione sia mantenuta, perché voi ne avete bisogno.
Nell'unicità l'uomo singolo dev'essere superiore agli altri, di modo che ogni uomo appartenga a se stesso ed eviti la schiavitù.
Nella comunione ci dev'essere continenza, nell'unicità ci dev'essere prodigalità.
La comunione è la profondità, l'unicità è l'altezza.
La giusta misura nella comunione purifica e preserva.
La giusta misura nell'unicità purifica e aggiunge.
La comunione ci da il calore.
L'unicità ci da la luce.

Sermone VI
II demone della sessualità si accosta alla nostra anima come una serpe. E' per metà anima umana e significa desiderio di pensiero. Il demone della spiritualità scende nella nostra anima come l'uccello bianco. E' per metà anima umana e significa pensiero di desiderio. La serpe è un'anima terrena, per metà demoniaca, uno spirito, e simile agli spiriti dei morti. Al pari di questi si aggira fra le cose della terra, facendocele temere o facendo sì che eccitino la nostra bramosia. La serpe ha una natura femminile e cerca sempre la compagnia dei morti legati all'incantesimo della terra, quelli che non hanno trovato la via per passare al di là, all'unicità. La serpe è una meretrice e fornica col diavolo e con gli spiriti malvagi, è un tiranno nefasto e uno spirito tormentatore, che sempre seduce alla comunione più malvagia.
L'uccello bianco è un'anima semi-celeste dell'uomo. Esso dimora presso la Madre e discende di quando in quando. L'uccello è maschile ed è pensiero effettivo. E' casto e solitario, messaggero della Madre. Vola alto sulla terra. Ispira unicità. Porta conoscenza dai lontani che vennero prima e sono perfetti. Porta la nostra parola in alto, alla Madre. Questa intercede, ammonisce, ma non ha alcun potere contro gli dei. E' un vaso del sole. La serpe scende e paralizza con l'astuzia il demone fallico, oppure lo pungola. Porta alla luce i pensieri astutìssimi del terrestre, che strisciano per ogni crepa e aderiscono dovunque succhiando con bramosia. La serpe, certo, non lo vuole, eppure deve esserci utile. Essa sfugge alla nostra presa, mostrandoci così la vìa che con la nostra intelligenza umana non troveremmo. I morti gettarono occhiate sdegnose e dissero: Cessa di parlare di dei e demoni e anime. Al fin fine questo ci era noto da tempo.

Sermone VII
Ma quando la notte scese i morti tornarono ad accostarsi con gesti lamentosi e dissero: C'è una cosa ancora che abbiamo dimenticato di discutere. Parlaci dell'uomo. L'uomo è una porta attraverso la quale, dal mondo esterno degli dei, dei demoni e delle anime, voi passate nel mondo intcriore; dal mondo grande al più piccolo. Piccolo è l'uomo, una nullità, voi lo avete già alle spalle e vi trovate una volta ancora nello spazio senza fine, nell'infinità più piccola o più intima. A incommensurabile distanza c'è una singola stella allo zenith.
Questa è il Dio singolo di questo singolo uomo, è il suo mondo, il suo pleroma. la sua divinità. In questo mondo l'uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo. Questa stella è Dio e la meta dell'uomo. E' il suo Dio singolo che lo guida. In lui l'uomo giunge al riposo, verso di lui procede il lungo viaggio dell'anima dopo la morte, in lui brilla come luce tutto ciò che l'uomo riporta dal mondo più grande. Questo è il solo Dio che l'uomo deve pregare. La preghiera accresce la luce della stella, getta un ponte sopra la morte, prepare la vita per il mondo più piccolo, e lenisce i desideri senza speranza del mondo più grande. Quando il mondo più grande si raffredda, la stella risplende. Nulla c'è tra l'uomo e il suo singolo Dio, per quanto l'uomo possa distogliere gli occhi dallo spettacolo fiammeggiante di Abraxas. Qui l'uomo, là il Dio. Qui debolezza e nullità, là potere eternamente creativo. Qui null'altro che tenebra e vapore glaciale, Là il sole e nient'altro che sole. A questo punto i morti si fecero silenziosi e ascesero come il fumo sopra il fuoco del pastore che nella notte custodiva il suo gregge.

ANAGRAMMA:

NAHTRIHECCUNDE
GAHINNEVERAHTUNIN
ZEHGESSURKLACH
ZUNNUS.




VII Sermones ad Mortuos
(Seven Sermons to the Dead)
C.G. Jung, 1916 
(Translation by Stephan A. Hoeller, © 1982)



Seven exhortations to the dead, written by Basilides of Alexandria, the city where East and West meet.

The First Sermon

The dead came back from Jerusalem, where they did not find what they were seeking. They asked admittance to me and demanded to be taught by me, and thus I taught them:

Hear Ye: I begin with nothing. Nothing is the same as fullness. In the endless state fullness is the same as emptiness. The Nothing is both empty and full. One may just as well state some other thing about the Nothing, namely that it is white or that it is black or that it exists or that it exists not. That which is endless and eternal has no qualities, because it has all qualities.

The Nothing, or fullness, is called by us the PLEROMA. In it thinking and being cease, because the eternal is without qualities. In it there is no one, for if anyone were, he would be differentiated from the Pleroma and would possess qualities which would distinguish him from the Pleroma.

In the Pleroma there is nothing and everything: it is not profitable to think about the Pleroma, for to do that would mean one’s dissolution.

The CREATED WORLD is not in the Pleroma, but in itself. The Pleroma is the beginning and end of the created world. The Pleroma penetrates the created world as the sunlight penetrates the air everywhere. Although the Pleroma penetrates it completely, the created world has no part of it, just as an utterly transparent body does not become either dark or light in color as the result of the passage of light through it. We ourselves, however, are the Pleroma, so it is that the Pleroma is present within us. Even in the smallest point the Pleroma is present without any bounds, eternally and completely, for small and great are the qualities which are alien to the Pleroma. The Pleroma is the nothingness which is everywhere complete and without end. It is because of this that I speak of the created world as a portion of the Pleroma, but only in an allegorical sense; for the Pleroma is not divided into portions, for it is nothingness. We, also, are the total Pleroma; for figuratively the Pleroma is an exceedingly small, hypothetical, even non-existent point within us, and also it is the limitless firmament of the cosmos about us. Why, however, do we discourse about the Pleroma, if it is the all, and also nothing?

I speak of it in order to begin somewhere, and also to remove from you the delusion that somewhere within or without there is something absolutely firm and definite. All things which are called definite and solid are but relative, for only that which is subject to change appears definite and solid.

The created world is subject to change. It is the only thing that is solid and definite, since it has qualities. In fact, the created world is itself but a quality.

We ask the question: how did creation originate? Creatures indeed originated but not the created world itself, for the created world is a quality of the Pleroma, in the same way as the uncreated; eternal death is also a quality of the Pleroma. Creation is always and everywhere, and death is always and everywhere. The Pleroma possesses all: differentiation and non-differentiation.

Differentiation is creation. The created world is indeed differentiated. Differentiation is the essence of the created world and for this reason the created also causes further differentiation. That is why man himself is a divider, inasmuch as his essence is also differentiation. That is why he distinguishes the qualities of the Pleroma, yea, those qualities which do not exist.

You say to me: What good is it then to talk about this, since it has been said that it is useless to think about the Pleroma?

I say these things to you in order to free you from the illusion that it is possible to think about the Pleroma. When you speak about the divisions of the Pleroma, we are speaking from the position of our own divisions, and we speak about our own differentiated state; but while we do this, we have in reality said nothing about the Pleroma. However, it is necessary to talk about our own differentiation, for this enables us to discriminate sufficiently. Our essence is differentiation. For this reason we must distinguish individual qualities.

You say: What harm does it do not to discriminate? Then we reach beyond the limits of our own being; we extend ourselves beyond the created world, and we fall into the undifferentiated state which is another quality of the Pleroma. We submerge into the Pleroma itself, and we cease to be created beings. This we become subject to dissolution and nothingness.

Such is the very death of the created being. We die to the extent that we fail to discriminate. For this reason the natural impulse of the created being is directed toward differentiation and toward the struggle against the ancient, pernicious state of sameness. The natural tendency is called Principium Individuationis (Principle of Individuation). This principle is indeed the essence of every created being. From these things you may readily recognize why the undifferentiated principle and lack of discrimination are all a great danger to created beings. For this reason we must be able to distinguish the qualities of the Pleroma. Its qualities are the PAIRS OF OPPOSITES, such as:

            the effective and the ineffective
            fullness and emptiness
            the living and the dead
            light and dark
            hot and cold
            energy and matter
            time and space
            good and evil
            the beautiful and the ugly
            the one and the many
            and so forth.

The pairs of opposites are the qualities of the Pleroma: they are also in reality non-existent because they cancel each other out.

Since we ourselves are the Pleroma, we also have these qualities present within us; inasmuch as the foundation of our being is differentiation, we possess these qualities in the name and under the sign of differentiation, which means:

First—that the qualities are in us differentiated from each other, and they are separated from each other, and thus they do not cancel each other out, rather they are in action. It is thus that we are the victims of the pairs of opposites. For in us the Pleroma is rent in two.

Second—the qualities belong to the Pleroma, and we can and should partake of them only in the name and under the sign of differentiation. We must separate ourselves from these qualities. In the Pleroma they cancel each other out; in us they do not. But if we know how to know ourselves as being apart from the pairs of opposites, then we have attained to salvation.

When we strive for the good and the beautiful, we thereby forget about our essential being, which is differentiation, and we are victimized by the qualities of the Pleroma which are the pairs of opposites. We strive to attain to the good and beautiful, but at the same time we also to the evil and the ugly, because in the Pleroma these are identical with the good and the beautiful. However, if we remain faithful to our nature, which is differentiation, we then differentiate ourselves from the good and the beautiful, and thus we have immediately differentiated ourselves from the evil and the ugly. It is only thus that we do not merge into the Pleroma, that is, into nothingness and dissolution.

You will object and say to me: Thou hast said that differentiation and sameness are also qualities of the Pleroma. How is it then that we strive for differentiation? Are we not then true to our natures and must we then also eventually be in the state of sameness, while we strive for differentiation?

What you should never forget is that the Pleroma has no qualities. We are the ones who create these qualities through our thinking. When you strive after differentiation or sameness or after other qualities, you strive after thoughts which flow to you from the Pleroma, namely thoughts about the non-existent qualities of the Pleroma. While you run after these thoughts, you fall again into the Pleroma and arrive at differentiation and sameness at the same time. Not your thinking but your being is differentiation. That is why you should not strive after differentiation and discrimination as you know these, but strive after your true nature. If you would thus truly strive, you would not need to know anything about the Pleroma and its qualities, and still you would arrive at the true goal because of your nature. However, because thinking alienates us from our true nature, therefore I must teach knowledge to you, with which you can keep your thinking under control.



The Second Sermon

During the night the dead stood along the walls and shouted: “We want to know about God! Where is God? Is God dead?”

—God is not dead; he is as much alive as ever. God is the created world, inasmuch as he is something definite and therefore he is differentiated from the Pleroma. God is a quality of the Pleroma and everything that I have stated in reference to the created world is equally true of him.

God is distinguished from the created world, however, inasmuch as he is less definite and less definable than the created world in general. He is less differentiated than the created world, because the ground of his being is effective fullness; and only to the extent that he is definite and differentiated is he identical with the created world; and thus he is the manifestation of the effective fullness of the Pleroma.

Everything we do not differentiate falls into the Pleroma and is cancelled out along with its opposite. Therefore if we do not discern God, then the effective fullness is cancelled out for us. God also is himself the Pleroma, even as the smallest point within the created world, as well as within the uncreated realm, is itself the Pleroma.

The effective emptiness is the being of the Devil. God and Devil are the first manifestations of the nothingness, which we call the Pleroma. It does not matter whether the Pleroma is or is not, for it cancels itself out in all things. The created world, however, is different. Inasmuch as God and Devil are created beings, they do not cancel each other out, rather they stand against each other as active opposites. We need no proof of their being; it is sufficient that we must always speak about them. Even if they did not exist, the created being would forever (because of its own differentiated nature) bring them forth out of the Pleroma.

All things which are brought forth from the Pleroma by differentiation are pairs of opposites; therefore God always has with him the Devil.   

This interrelationship is so close, as you have learned, it is so indissoluble in your own lives, that it is even as the Pleroma itself. The reason for this is that these two stand very close to the Pleroma, in which all opposites are cancelled out and unified.

God and Devil are distinguished by fullness and emptiness, generation and destruction. Activity is common to both. Activity unites them. It is for this reason that activity stands above both, being God above God, for it unites fullness and emptiness in its working.

There is a God about whom you know nothing, because men have forgotten him. We call him by his name: ABRAXAS. He is less definite than God or Devil. In order to distinguish God from him we call God HELIOS, or the Sun.

Abraxas is activity; nothing can resist him but the unreal, and thus his active being freely unfolds. The unreal is not, and therefore cannot truly resist. Abraxas stands above the sun and above the devil. He is the unlikely likely one, who is powerful in the realm of unreality. If the Pleroma were capable of having a being, Abraxas would be its manifestation.

Although he is activity itself, he is not a particular result, but result in general. 

He is still a created being, inasmuch as he is differentiated from the Pleroma.

The sun has a definite effect and so does the devil; therefore they appear to us more effective that the undefinable Abraxas.

For he is power, endurance, change.

—At this point the dead caused a great riot, because they were Christians.    




The Third Sermon

The dead approached like mist out of the swamps and they shouted: “Speak to us further about the highest god!”

—Abraxas is the god whom it is difficult to know. His power is the very greatest, because man does not perceive it at all. Man sees the summum bonum (supreme good) of the sun, and also the infinum malum of the devil, but Abraxas he does not see, for he is undefinable life itself, which is the mother of good and evil alike.

Life appears smaller and weaker then the summum bonum (supreme good), wherefore it is hard to think that Abraxas should superseded in his power the sun, which is the radiant foundation of all life force.

Abraxas is the sun and also the eternally gaping abyss of emptiness, of the diminisher and dissembler, the devil.

The power of Abraxas is twofold. You cannot see it, because in your eyes the opposition of this power seems to cancel it out.

That which is spoken by God-the-Sun is life;
That which is spoken by the devil is death.

Abraxas, however, speaks the venerable and also accursed word, which is life and death at once. 

Abraxas generates truth and falsehood, good and evil, light and darkness with the same word in the same deed. Therefore Abraxas is truly the terrible one.

He is magnificent even as the lion at the very moment when he strikes his prey down. His beauty is like the beauty of a spring morn.

Indeed, he is himself the greater Pan, and also the lesser. He is Priapos.

He is the monster of the underworld, the octopus with a thousand tentacles, he is the twistings of winged serpents and of madness. 

He is the hermaphrodite of the lowest beginning.

He is the lord of toads and frogs, who live in water and come out unto the land, and who sing together at high noon and at midnight.

He is fullness, uniting itself with emptiness.

He is the sacred wedding;
He is love and the murder of love;
He is the holy one and his betrayer.

He is the brightest light of day and the deepest night of madness.

To see him means blindness;
To know him is sickness;
To worship him is death;
To fear him is wisdom;
Not to resist him means liberation.

God lives behind the sun; the devil lives behind the night. What god brings into birth from the light, that devil pulls into the night. Abraxas, however, is the cosmos; its genesis and its dissolution. To every gift of God-the-Sun, the devil adds his curse.

All things which you beg from God-the-Sun generate an act of the devil. All things which you accomplish through God-the-Sun add to the effective might of the devil.

Such is the terrible Abraxas.

He is the mightiest manifest being, and in him creation becomes frightened of itself.
He is the revealed protest of creation against the Pleroma and its nothingness.
He is the terror of the son, which he feels against his mother.
He is the love of the mother for her son.
He is the delight of earth and the cruelty of heaven.

Man becomes paralyzed before his face.

Before him exist neither question nor answer.

He is the life of creation.
He is the activity of differentiation. 
He is the love of man.
He is the speech of man.
He is both the radiance and the dark shadow of man.
He is deceitful reality.

—Here the dead howled and raved greatly, for they were still incomplete ones.




The Fourth Sermon

Grumbling, the dead filled the room and said: “Speak to us about gods and devils, thou accursed one!”

—God-the-Sun is the highest good, the devil is the opposite; thus you have two gods. But there are many great goods and many vast evils, and among them there are two god-devils, one of which is the BURNING ONE, and the other the GROWING ONE.

The burning one is EROS in his form as a flame. It shines and it devours. The growing one is the TREE OF LIFE; it grows green, and it accumulates living matter as it grows. Eros flames up and then dies away; the tree of life, however, grows slowly and reaches stately stature throughout countless ages.

Good and evil are united in the flame.

Good and evil are united in the growth of the tree.

Life and love oppose each other in their divinity.

Immeasurable, like the host of the stars, is the number of gads and devils. Every star is a god, and every space occupied by a star is a devil. And the emptiness of the whole is the Pleroma. The activity of the whole is Abraxas; only the unreal opposes him. Four is the number of the chief deities, because four is the number of the measurements of the world. One is the beginning: God-the-Sun. Two is Eros, because he expands with a bright light and combines two. Three is the Tree of Life, because it fills space with bodies. Four is the devil, because he opens everything which is closed; he dissolves everything that is formed and embodied; he is the destroyer, in whom all things come to nothing:

Blessed am I, for it is granted to me to know the multiplicity and diversity of the gods. Woe unto you, for you have substituted the oneness of god for the diversity which cannot be resolved into the one. Through this you have created the torment of incomprehension, and the mutilation of the created world, the essence and law of which is diversity. How can you be true to your nature when you attempt to make one out of the many? What you do to the gods, that also befalls you. All of you are made thus the same and in this way your nature also becomes mutilated.

For the sake of man there may reign unity, but never for the sake of god, because there are many gods but only few men. The gods are mighty and they bear their diversity, because like the stars the stand in solitude and are separated by vast distances one from the other. Humans are weak and cannot bear their own diversity, because they live close to each other and are desirous of company, so that they cannot bear their own distinct separateness. For the sake of salvation do I teach you that which is to be cast out, for the sake of which I myself have been cast out.

The multiplicity of the gods equals the multiplicity of men. Countless gods are waiting to become men. Countless gods have already been men. Man is a partaker of the essence of the gods; he comes from the gods and he goes to God.

Even as it useless the think about the Pleroma, so is it useless to worship the number of the gods. Least of all is it of any use to worship the first God, the effective fullness and the highest good. Through our prayer we cannot add to it and we cannot take away from it, because the effective emptiness swallows everything. The gods of light compose the heavenly world, which is multiple and stretches into infinity and which expands without end. Their highest lord is God-the-Sun.

The dark gods constitute the underworld. They are uncomplicated and they are capable of diminishing and shrinking into infinity. Their deepest lord is the devil, the spirit of the moon, the serf of the earth, who is smaller, colder and deader than the earth.

There is no difference in the power of the heavenly and the earthly gods. The heavenly ones expand, the earthly ones diminish. Both directions stretch into infinity.  





The Fifth Sermon

The dead were full of mocking and cried: “Teach us, thou fool, about church and holy community!”

—The world of the gods is manifest in spirituality and sexuality. The heavenly gods appear in spirituality, the earth gods appear in sexuality. Spirituality receives and comprehends. It is feminine and therefore we call it MATER COELESTIS, the heavenly mother. Sexuality generates and creates. It is masculine and therefore we call it PHALLOS, the earthly father. The sexuality of man is more earthly, while the sexuality of woman is more heavenly. The spirituality of man is more heavenly, for it moves in the direction of the greater. On the other hand, the spirituality of woman is more earthly, for it moves in the direction of the smaller.

Deceitful and devilish is the spirituality of the man who goes toward the smaller. Deceitful and devilish is the spirituality of the woman who goes toward the greater. Each is to go to its own place.

Man and woman become a devil to each other when they do not separate their spiritual paths, for the nature of created beings is always of the nature of differentiation.

The sexuality of man goes to that which is earthly; the sexuality on woman goes to that which is spiritual. Man and woman become a devil to each other if they do not discriminate between their two forms of sexuality.

Man shall know that which is smaller, woman that which is greater. Man shall separate himself from spirituality and from sexuality alike. He shall call spirituality mother, and he shall enthrone her between heaven and earth. He shall name sexuality phallos, and shall place it between himself and the earth, for the mother and the phallos are super-human demons and manifestations of the world of the gods. They are more effective for us than the gods, because they are nearer to our own being. When you cannot distinguish between yourselves on the one hand, and sexuality and spirituality on the other, and when you cannot regard these two as being above and beside yourself, then you become victimized by them, i.e., by the qualities of the Pleroma, Spirituality and sexuality are not your qualities, they are not things which you can posses and comprehend; on the contrary, they are mighty demons, manifestations of the gods, and therefore they tower above you and they exist in themselves. One does not possess spirituality for oneself or sexuality for oneself; rather is one subject to the laws of spirituality and sexuality. Therefore no one escapes these two demons. You shall regards them as demons, as common causes and grave dangers, quite like the gods, and above all, like the terrible Abraxas.

Man is weak, therefore community is indispensable; if it is not the community in the sign of the mother, then it is in the sign of the phallus. Not to have community consists of suffering and sickness. Community brings with itself fragmentation and dissolution. Differentiation leads to solitude. Solitude is contrary to community. Because of the weakness of man’s will, as opposed to the gods and demons and their inescapable law, there is need for community.

For this reason, there shall be as much community as necessary, not for the sake of men, but for the sake of the gods. The gods force you into a community. As much community as they force upon you is necessary, but more than that is evil.

In the community each shall be subject to another, so that the community will be maintained, inasmuch as you have need of it. In the solitary state each one shall be placed above all others, so that he may know himself and avoid servitude. In community there shall be abstinence.

In solitude let there be squandering of abundance.

For community is the depth, while solitude is the height.

The true order in community purifies and preserves.

The true order in solitude purifies and increases.

Community gives us warmth, while solitude gives us the light.




The Sixth Sermon

TheThe demon of sexuality comes to our soul like a serpent. It is half a human soul and is called thought-desire.

The demon of spirituality descends into our soul like a white bird. It is half a human soul and is called desire-thought.

The serpent is an earthly soul, half demonic, a spirit, and related to the spirits of the dead. Like the spirits of the dead, the serpent also enters various terrestrial objects. The serpent also induces fear of itself in the hearts of men, and enkindles desire in the same. The serpent is of a generally feminine character and seeks forever the company of the dead. It is associated with the dead who are earthbound, who have not found the way by which to cross over to the state of solitude. The serpent is a whore and she consorts with the devil and with evil spirits; she is a tyrant and a tormenting spirit, always tempting people to keep the worst kind of company.

The white bird is the semi-heavenly soul of man. It lives with the mother and occasionally descends from the mother’s abode. The bird is masculine and is called effective thought. The bird is chaste and solitary, a messenger of the mother. It flies high above the earth. It commands solitude. It brings messages from the distance, from those who have gone before, those who are perfected. It carries our words up to the mother. The mother intercedes and warns, but she has no power against the gods. She is a vehicle of the sun.

The serpent descends into the deep and with her cunning she either paralyzes or stimulates the phallic demon. The serpent brings up from the deep the very cunning thoughts of the earthly one, thoughts that crawl through all openings and become saturated with desire. Although the serpent does not want to be, she is nevertheless useful to us. The serpent eludes our grasp, we pursue her and she shows us the way, which, with our limited human wit, we could not find.

—The dead looked up with contempt and said: “Cease to speak to us about gods, demons and souls. We have known all of this in essence for a long time.” 




The Seventh Sermon

At night the dead came back again and amidst complaining said: “One more thing we must know, because we had forgotten to discuss it: teach us concerning man!”

—Man is a portal through which one enters from the outer world of the gods, demons and souls, into the inner world, from the greater world into the smaller world. Small and insignificant is man; one leaves him soon behind, and thus one enters once more into infinite space, into the microcosm, into the inner eternity.

In immeasurable distance there glimmers a solitary star on the highest point of heaven. This is the only god of this lonely one. This is his world, his Pleroma, his divinity.

In this world, man is Abraxas, who gives birth to and devours his own world.

The star is man’s God and goal.

It is his guiding divinity; in it man finds repose.

To it goes the long journey of the soul after death; in it shine all things which otherwise might keep man from the greater world with the brilliance of a great light.

To this One, man ought to pray.

Such a prayer increases the light of the star.

Such a prayer builds a bridge over death.

It increases the light of the microcosm; when the outer world grows cold, this star still shines.

There is nothing that can separate man from his own God, if man can only turn his gaze away from the fiery spectacle of Abraxas.

Man here, God there. 
Weakness and insignificance here, eternal creative power there. 
Here is but darkness and damp cold. 
There all is sunshine.

Upon hearing this the dead fell silent, and they rose up like smoke rises over the fire of the shepherd, who guards his flock by night.

Anagramma:

NAHTRIHECCUNDE
GAHINNEVERAHTUNIN
ZEHGESSURKLACH
ZUNNUS

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