sabato 2 aprile 2011

Laing's second preface to 'The divided Self'/ La seconda prefazione di Ronald Laing a 'L'io diviso'- Londra, settembre 1964 [1a edizione 1959]


[“Non si può dire tutto in una volta sola. Quando ho scritto questo libro avevo ventotto anni: volevo soprattutto dimostrare che, contrariamente a quello che generalmente si crede, è possibilissimo capire gli psicotici. Ciò comportava già per me la necessità di capire il loro contesto sociale, e particolarmente la distribuzione del potere nella loro famiglia: anche così, e anche limitatamente al mio tentativo di rappresentare un certo tipo di esistenza schizoide, oggi mi accorgo di essere in parte caduto nella trappola che volevo evitare. In questo libro si parla ancora troppo di loro, e ancora troppo poco di noi.
Freud ha detto che la nostra è una civiltà repressiva, in cui le esigenze che spingono all’adattamento e al conformismo e quelle delle nostre energie istintuali, esplicitamente sessuali, sono in conflitto fra loro. Freud riteneva che non vi fosse soluzione per questo antagonismo, ed era convinto che, al giorno d’oggi, non vi potesse essere più alcuna possibilità di amore semplice e naturale fra gli esseri umani.
La nostra civiltà non reprime soltanto gli ‘istinti’ o la sessualità, ma anche ogni forma di trascendenza. Fra uomini a una dimensione (cfr. H. Marcuse, ‘L’uomo a una dimensione’) non c’è da meravigliarsi se qualcuno, avendo esperienze insistenti di altre dimensioni e non potendo né rinnegarle né dimenticarle completamente, è disposto a correre il rischio di farsi distruggere dagli altri o di tradire ciò che conosce.
Nel contesto della follia che attualmente ci circonda, e che chiamiamo normalità, salute, libertà, tutti i nostri sistemi di riferimento sono destinati a restare ambigui ed equivoci.
Un uomo che preferisce la morte al comunismo è normale; ma uno che dice di aver perduto la sua anima è matto. Un uomo che dice che gli uomini sono macchine può essere un grande scienziato; ma uno che dice di essere lui stesso una macchina è, nel gergo psichiatrico, ‘spersonalizzato’. Un uomo che dice che i negri sono una razza inferiore può ottenere stima e rispetto; ma uno che dice che la bianchezza della sua pelle è una forma di cancro perde i diritti civili.
Una ricoverata, una ragazzina di diciassette anni, mi disse una volta di essere in preda al terrore perché aveva dentro di sé una bomba atomica. Questo è un delirio: ma gli uomini di stato che vantano minacciosamente il possesso dell’arma finale sono di gran lunga più pericolosi e più estraniati dalla ‘realtà’ di molti ai quali è stata applicata l’etichetta di ‘psicotico’.
La psichiatria può mettersi dalla parte della trascendenza, della libertà vera, del genuino sviluppo umano: alcuni psichiatri sono già di fatto da questa parte. Ma è estremamente facile per la psichiatria ridursi ad essere una tecnica di lavaggio del cervello: un metodo per produrre, mediante torture preferibilmente non dolorose, degli esseri dalla condotta ben adattata. Nei luoghi di cura migliori, dove la camicia di forza è stata abolita, dove le porte sono senza chiavistelli, dove le leucotomie non si fanno quasi più, si usano tuttavia mezzi di aspetto più innocuo, lobotomie e tranquillanti che ri-istituiscono, questa volta dentro il paziente, le sbarre e i catenacci del manicomio. Ecco perché voglio ripetere che il nostro stato ‘normale’ e ‘ben adattato’ non è, molto spesso, che una rinuncia all’estasi, un tradimento delle nostre più vere potenzialità; e che molti di noi riescono fin troppo bene a costruirsi un falso io, per adattarsi a false realtà…”] ( “L’io diviso”, pag. 15-16)]

"One cannot say everything at once. I wrote this book when I was twenty-eight. I wanted to convey above all that it was far more possible than is generally supposed to understand people diagnosed as psychotic. Although this entailed understanding the social context, especially the power situation within the family, today I feel that, even in focusing upon and attempting to delineate a certain type of
schizoid existence, I was already partially falling into the trap I was seeking to avoid. I am still writing in this book too much about Them, and too little of Us.
Freud insisted that our civilization is a repressive one. There is a conflict between the demands of conformity and the demands of our instinctive energies, explicitly sexual. Freud could see no easy resolution of this antagonism, and he came to believe that in our time the possibility of simple natural love between human beings had already been abolished.
Our civilization represses not only 'the instincts', not only sexuality, but any form of transcendence. Among one-dimensional men, it is not surprising that someone with an insistent experience of other dimensions, that he cannot entirely deny or forget, will run the risk either of being destroyed by the others, or of betraying what he knows.
In the context of our present pervasive madness that we call normality, sanity, freedom, all our frames of reference are ambiguous and equivocal.
A man who prefers to be dead rather than Red is normal. A man who says he has lost his soul is mad. A man who says that men are machines may be a great scientist. A man who says he is a machine is 'depersonalized' in psychiatric jargon. A man who says that Negroes are an inferior race may be widely respected. A man who says his whiteness is a form of cancer is certifiable.
A little girl of seventeen in a mental hospital told me she was terrified because the Atom Bomb was inside her. That is a delusion.
The statesmen of the world who boast and threaten that they have Doomsday weapons are far more dangerous, and far more estranged from 'reality' than many of the people on whom the label 'psychotic' is affixed.
Psychiatry could be, and some psychiatrists are, on the side of transcendence, of genuine freedom, and of true human growth. But psychiatry can so easily be a technique of brainwashing, of inducing behaviour that is adjusted, by (preferably) non-injurious torture. In the best places, where straitjackets are abolished, doors are unlocked, leucotomies largely forgone, these can be replaced by more subtle lobotomies and tranquillizers that place the bars of Bedlam and the locked doors inside the patient. Thus I would wish to emphasize that our 'normal' 'adjusted' state is too often the abdication of ecstasy, the betrayal of our true potentialities, that many of us are only too successful in acquiring a false self to adapt to false realities.
But let it stand. This was the work of an old young man. If I am older, I am now also younger."

vedi 'Sartre, la psicanalisi esistenziale 
e l'antipsichiatria', http://gconse.blogspot.com/2011/03/giacomo-conserva-sartre-la-psicanalisi.html


 and see'A Homage to Jodi Dean: politics, law, enjoyment, desire- and the Other, and the Real' http://gconse.blogspot.com/2011/08/homage-to-jody-dean-politics-law.html


2 commenti:

  1. these words come from an age of revolutions, and can be understood only againt this background. So, while we duly remember and meditate them, we should interrogate ourselves on the alternatives not just to the psychiatric society but to an alienatng and oppressing system. Out from 'The Truman show', onward towards some "open"- where something real may start happening again.

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  2. queste parole vengono da un'era di rivoluzioni, e possono essere capite solo su quello sfondo. Così, mentre doverosamente le ricordiamo e le meditiamo, dovremmo interrogarci sulle alternative non solo alla società psichiatrica ma ad un sistema alienante ed oppressivo. Uscire dal 'Truman Show', verso qualche aperto- dove qualcosa di reale possa ritornare a capitare.

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