V I NOMI DI YAHWEH (19-12-73, Bruxelles)
Il
primo figlio di JJA venne chiamato Yahweh. Era, racconta lui, un nome
non previsto dalle leggi del paese, perché non si trovava in nessun
libro posseduto dalla biblioteca reale. I genitori scrissero allora
un documento, e lo depositarono là, così che la loro scelta fosse
legittimata. E il testo è una tenera fiaba. Il nome Yahweh viene
spiegato, e vengono elencati gli appellativi di cui si circonda, e
che circondano il bambino.
“Yahweh,
tu sei il padre, sei colui che dà il nome, e perciò si dice che il
bambino è il Padre dell’Uomo
Gli
diedero dunque all’inizio i nomi del Dio creatore d’Israele, per
fare capire che questo bambino non era in effetti solo un bambino ma
il creatore stesso, e non una creatura. Bisognava dunque che si
chiamasse Yahweh, Adonai, Elohien”. Ma, avendone il diritto, gli
diedero pure il nome di quelle cose di cui egli
“era per sempre la personificazione e la rappresentazione vivente:
Sguardo, Presenza, Voce!
Lo chiamarono anche Luce, perché era pure la Luce che mette fine
alle tenebre.
Lo chiamarono anche Amore... Maternità... Origine... Superman...
Dolcezza... Pietà... Giustizia...
Nascita... Godimento... Il Liberato, come Mosè... Totalità...
Parola... Linguaggio... Messia...
Immediatezza... Luce dell’Occhio e Profondità del Desiderio...
Mediazione... Claire e Julienne... Riconciliazione... Sorriso...
Paradiso... Re... Spada che mette fine al conflitto, alla dualità...
Corpo, Carne, Verbo... Signore... Bocca, Labbra, Faringe... Amico...
Fraternità...
Tu sei parola per parola il bambino, il Dio sorto dal limo delle
pagine, colui che si è levato su di loro e tu ti volti e vedi questo
libro da cui nasci, da cui fai nascere i tuoi. Tu guardi leggendo,
lui ti ama, tu sei amato.
Tu sei sorto dal solco della linea, sei sorto da tutti i nomi, da
quest’opera, da questo attraversamento del negativo”.
Nathan
di Gaza, Sabbatai Zevì, Baruch Russo, infine Jakob Frank
annunciarono nel 17°-18° secolo una nuova Torah, che sarebbe andata
di pari passo con la Redenzione – non solo del popolo ebraico
disperso e oppresso, ma dell’Universo. Con gesti paradossali la
vecchia Torah veniva de-sacrata, con la forza di nuovi (blasfemi!)
gesti e riti introdotto il regno messianico fondato sulla
attualizzazione del Paradiso, la libertà e la gioia del corpo, sulla
fine del giogo delle vecchie leggi. “Benedetto Colui che permette
quello che è proibito” scrisse Jakob Frank, di cui non ho dubbi
che JJA sia l’erede (o la reincarnazione, come dicevano allora). –
“Sono colui che porta alle nozze, non quello che fa nascere” dice
JJA in Phallophonie. Non lo spirito disincarnato, il Nome del Padre e
la sua legge, l’accecamento e l’assordimento e l’alienazione,
ma le nozze, l’incesto, la maternità, la fecondità, la
jouissance/godimento- la gioia.
[Yahweh
è nell’ebraismo il nome che non si deve usare invano né
pronunciare: quando la Torah viene letta, lo si pronuncia Adonai- mio
signore-, o HaShem, il nome. Se è iscritto su oggetti o libri,
questi devono essere custoditi con venerazione e ritegno. Prima della
distruzione del Tempio, veniva pronunciato dal solo Sommo Sacerdote
durante lo Yom Kippur (Giorno del Pentimento).
Al
sacro nome sono associati poteri e proprietà nascoste (coestensivi/e
all’universo); – a volte le si metteva in luce con complicate
sostituzioni di lettere, raddoppiamenti, combinazioni – sempre con
raccoglimento, devozione, timore, rispetto.]
JJA: ‘Yahweh’ in lHaM, pp. 265-277;
‘Phallophonie’ in CISTRE 1978 (MONOD), pp. 88-102.
Gershom Scholem, “Le grandi correnti della mistica ebraica”, Einaudi 2008 (1941).
Gershom Scholem, “Le grandi correnti della mistica ebraica”, Einaudi 2008 (1941).
Harris Lenowitz ed.,“The Collection of the
Words of the Lord [Jacob Frank]” https://archive.org/details/TheCollectionOfTheWordsOfTheLordJacobFrank
‘Hebrew
for Christians’, “The Hebrew Names for God”
http://www.hebrew4christians.com/Names_of_G-d/names_of_g-d.html.