domenica 21 febbraio 2016

AGAIN AND AGAIN AND AGAIN- INCEPTIONS: let us continue! [http://www.kasparhauser.net/GiardinoMente/Sartre/conserva-inizi.html]










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1. Testi seriali. 2. De genealogiis deorum gentilium. 3. VALIS; 4. PilgrImage. 5. Esistenziali sì. 6. L’ e/e di Deleuze. 7. SIMULACRONS. 8. L’Impero dell’Insensato. 9. Trilogie aliene, e Anne Sexton. 10. TransCendenZ. 11. Libri. 



1. Testi seriali

I. In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.

Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.

II. Io sono un uomo malato… astioso. Sono un uomo malvagio. Credo di essere malato di fegato. Del resto non ne so un accidente della mia malattia e non so neppure esattamente cosa mi faccia male. Non mi curo e non mi sono mai curato sebbene abbia rispetto per la medicina e per i medici. Inoltre sono anche estremamente superstizioso: insomma quanto basta per tenere in considerazione la medicina. (Sono abbastanza colto per non essere superstizioso, ma sono superstizioso). No, io non voglio curarmi per rabbia. Questo voi, certamente, non lo capirete. Be’, io invece lo capisco. Naturalmente non sono in grado di spiegarvi a chi precisamente la farò pagare, in questo caso, la mia rabbia; so perfettamente che neanche ai medici potrò “recar danno” se non mi curo da loro; so meglio di chiunque che in questo modo danneggio unicamente me stesso e nessun altro; eppure, se io non mi curo, è solo per rabbia. Ho mal di fegato? Tanto meglio, mi faccia ancora più male!

È un pezzo che vivo così: saranno vent’anni. Ora ne ho quaranta. Prima ero impiegato, adesso non lavoro più. Ero un pessimo impiegato. Ero sgarbato e ci provavo gusto.

E ora ho voglia di raccontarvi, signori, vi piaccia o non vi piaccia, perché io non sia riuscito a diventare nemmeno un insetto. Vi dichiaro solennemente che spesso desideravo diventare un insetto. Ma neppure di ciò ero degno. Vi giuro, signori, che aver troppa consapevolezza è una malattia, un’autentica, seria malattia…

III. (in the forest/nella foresta)
... La gente immagina che, per il fatto d’essere vecchi, poveri, infermi, timidi, non si sia capaci di difendersi, e in generale è proprio vero. Ma quando esistono condizioni favorevoli, un aggressore fiacco e inetto, che dico, della vostra statura, e un luogo solitario, si può talvolta far vedere di che tempra si è fatti. E senza dubbio è proprio al fine di richiamare questa possibilità, troppo spesso dimenticata, che mi sono soffermato su un incidente in se stesso privo di interesse, come tutto ciò che ammaestra, o rende accorti. Ma almeno mangiavo, ogni tanto? Per forza, per forza, qualche radice, qualche bacca, talvolta una piccola mora, un fungo ogni tanto, con tremore, perché conoscevo a malapena i funghi. Cos’altro ancora, ah sì, delle carrube, che piacciono tanto alle capre. Insomma quel che trovavo, le foreste sono ricche di cose buone. E avendo sentito dire, o più probabilmente letto da qualche parte, ai tempi in cui credevo di avere interesse a istruirmi, o a divertirmi, o ad abbrutirmi, o ad ammazzare il tempo, che pur credendo d’andare sempre diritto davanti a sé nella foresta, in realtà non si fa altro che girare intorno, facevo del mio meglio per girare intorno, sperando così d’andare diritto davanti a me. Perché, ogni volta che facevo un piccolo sforzo, smettevo d’essere gonzo e diventavo furbo. E avevo conservato tutti gli insegnamenti che potevano essermi utili, nella vita. E se anche non andavo rigorosamente in linea retta, a furia di girare in tondo, almeno non giravo in tondo, ed era già qualcosa. E così facendo, giorno per giorno, notte per notte, speravo di uscire un bel giorno dalla foresta. Perché la mia regione non era tutta foresta, macché. C’erano anche la pianura, la montagna e il mare, e qualche città e villaggio, collegato tra loro da strade e vie. Ed ero tanto più fiducioso, che me ne sarei uscito, un bel giorno, dalla foresta, in quanto ne ero già uscito, più d’una volta, e conoscevo la difficoltà di non fare un’altra volta quel che si è già fatto. È vero che le cose erano andate un po’ diversamente allora. Ciò nonostante avevo buone speranze di vedere un giorno tremolare, attraverso i lembi immobili delle foglie, come incisi nel rame, e che mai alito di vento agitava, la strana luce della pianura, dai rapidi e pallidi risucchi. Ma nello stesso tempo paventavo quel giorno. Cosicché ero sicuro che, presto o tardi, sarebbe arrivato. Perché non stavo poi tanto male nella foresta, potevo starmene ben peggio, e vi sarei rimasto per sempre, senza troppo rammarico, senza rimpiangere troppo la luce e la pianura e le altre amenità della mia regione. Perché le conoscevo bene, le amenità della mia regione, e ritenevo che la foresta le equivalesse. E, secondo me, non soltanto le equivaleva, ma aveva su di loro questo vantaggio, che c’ero io. Ecco uno strano modo, di intendere le cose, nevvero. Forse meno di quel che sembra, perché essendo nella foresta, luogo non peggiore né migliore degli altri, ed essendo libero di restarci, non avevo forse diritto di trovarmi dei vantaggi, non per via di quel che era, ma dato che c’ero io. Perché c’ero. Ed essendoci già non avevo bisogno di andarci, fatto da non disprezzare, visto lo stato delle mie gambe e del corpo in generale. Ecco tutto quel che volevo dire, e se non l’ho detto subito significa che c’era proprio qualcosa ad impedirlo. Ma io non potevo, dico, restare nella foresta, non mi era proprio permesso.

IV. Tutte le strade della Città digradavano lungo canyons sempre più profondi verso una piazza vasta, a forma di rene, piena di oscurità. I muri lungo la strada e la piazza sono scavati per contenere stanzette e caffè, alcuni profondi pochi metri, altri che si estendono a perdita d’occhio in una rete di stanze e di corridoi.

A tutte le altezze si intersecano ponti, passerelle, funivie. Giovani catatonici vestiti da donna con abiti fatti di tela di sacco e stracci putrescenti, la faccia truccata vistosamente e volgarmente a colori vivaci sopra a tracce di percosse, arabeschi di cicatrici aperte e suppurate fin al bianco dell’osso, si spingono sui passanti con una silenziosa, avviluppante insistenza.

Trafficanti di Carne Nera, carne del gigantesco millepiedi nero acquatico — raggiungono talvolta la lunghezza di sei piedi — trovati in un sentiero tra rocce nere e lagune brune e iridescenti, esibiscono crostacei paralizzati in angoli dissimulati della Plaza, visibili solo ai Divoratori della carne.

Praticanti di commerci impensabili e fuori moda che scarabocchiano in Etrusco, tossicomani di droghe non ancora sintetizzate, trafficanti di borsa nera della Terza Guerra Mondiale, chirurghi dalla sensibilità telepatica, osteopati dello spirito, investigatori di infrazioni denunciate da tranquilli paranoici giocatori di scacchi, latori di mandati frammentari stesi in stenografia ebefrenica che impongono indicibili mutilazioni dello spirito, funzionari di stati polizieschi non costituiti, mercanti di sogni squisiti e di nostalgie collaudati sulle cellule sensibilizzate dal malessere da droga e barattati con materie prime della volontà, bevitori di Fluido Pesante (nota) sigillati nell’ambra traslucida dei sogni... [1]


2. De genealogiis deorum gentilium

Le genealogie non sono scontate. [2]
Prendiamo una classica introduzione all’esistenzialismo, quella di Walter Kaufmann: troviamo (con commento suo e brani vari riportati) la serie Dostoievsky-Kierkegaard/Nietzsche/Rilke/Kafka/ Jaspers/Heidegger/Sartre-Camus. — È un modo di porre il discorso,naturalmente. Ma che dire di quest’altra: Sartre-Simone de Beauvoir/ Sartre-Simone de Beauvoir (non insensata, viste le molteplici relazioni a due vie fra loro, e l’evoluzione storica delle loro posizioni)? E di Husserl/ Heidegger/Sartre (Camus)?
Ma avviamoci fuori dall’abituale: Simone de Beauvoir/ letteratura femminista (cfr. Il secondo sesso, ecc.) è fattualmente, storicamente vero (anche se oscurato dalla restaurazione culturale). —

E: a. esistenzialismo cristiano variante cattolica (Marcel, La Senne, ecc.)/Derrida giovane; b. esistenzialismo cristiano varietà protestante (Barth, Tillich, ecc.)/PK Dick? (Qui invero cominciamo a uscire dal canone, la cui forma moderna è notevolmente espressa dal libro di B-H Lévy).

Proviamo questa serie, desunta dalla introduzione alla prima traduzione italiana de Il pasto nudo di William Burroughs: Dostoievsky (Memorie dal sottosuolo)/i romanzi di Samuel Beckett/ Burroughs: ha indubbiamente una cogenza forte. Su questa linea abbiamo pure: Rimbaud/Kafka/ Celine/Henry Miller, Camus, Genet/Kerouac, Ginsberg, — insieme a Blake, Whitman/Ginsberg, Kerouac.
E: rivendicazione ed espressione del vero sè, contrapposto al “si dice”, al “si fa”, alla menzogna socialmente vigente, alla negazione della realtà interna (qualunque essa sia) e alla mistificazione delle relazioni reali: (Surrealisti) esistenzialisti
/Binswanger, Laing, Maslow (Grof), Rollo May; Fromm;/Hans Jonas; Hannah Arendt;
/romanzi noir e cinema noir;
/Patricia Highsmith;
/Ballard, Cronenberg;
/la confessional poetry, da Sylvia Plath a Anne Sexton; Sarah Kane.
Per non parlare, tornando a Sartre, della linea Sartre/Lévinas, via Benny Levy — che mi pare altrettanto forte di quella Sartre/marxismo e Sartre/rivolta. [3]
Nulla è autoevidente. —
Pare che come Molloy anche noi stiamo vagando nella foresta.


3. VAST ACTIVE LIVING INTELLIGENT SYSTEM

Autenticità come accettazione del carattere costruito ed improbabile della realtà; e accettazione non solo della propria ‘posizione’ e ‘situazione’, della propria storia, ma anche del proprio individuale delirio come idiosincrasica declinazione dell’essere-gettati-in-un-mondo (o in-più-mondi). Philip K. Dick è un maestro di tutto questo; il culmine — oltre che nella infinita Exegesis postuma — nella dedica che fa di Valis (1981), la sua autobiografia trascendentale, ai suoi due alter ego nel romanzo: Philip, scrittore di fantascienza, che ha scritto la storia, e Horselover Fat (che è una traduzione del nome di lui: amante-dei-cavalli grasso), “per aver osato essere pazzo”; il che non è tanto un modo di dire, visto che negli ultimi otto anni di vita PKD fu molto molto vicino a essere totalmente mad — investito e a volte travolto da rivelazioni, messaggi, intuizioni, immagini e suoni — a volte insignificanti, a volte atroci e/o minacciosi, a volte profondamente illuminanti.


4. PilgrImage

Allegra Geller, designer del gioco di realtà virtuale eXistenZ, viene aggredita dai Realisti, in lotta per difendere la realtà vera; sfugge fortunosamente al tentativo di assassinio e scappa con la sua guardia del corpo, Ted Pikul: svariate avventure, virtuali e reali (a un certo punto i due giocano a eXistenZ insieme); alla fine lei lo uccide, avendo scoperto che Ted Pikul è un Realista mascherato — si svegliano nella sala dove, assieme ad altri, Allegra e Ted (in effetti amanti) hanno appena provato in anteprima un nuovissimo rivoluzionario gioco della PilgrImage, TransCendenZ. Ma sono due Realisti, Allegra e Ted: uccidono il capoprogettista del gioco e l’organizzatrice della serata, fuggono. Forse è realtà, forse no. [4]


5. Esistenziali sì

«Cose quali poligoni di tiro in cemento, pesci morti, aeroporti abbandonati, radiotelescopi, capsule spaziali fracassate, città vuote, dune di sabbia, edifici semisommersi, elicotteri, coccodrilli, schermi di cinematografi all’aperto, insetti ingemmati, tabelloni pubblicitari, candidi hotel, spiagge, fossili, jukebox rotti, cristalli, lucertole, parcheggi a più piani, letti di laghi asciutti, laboratori medici, piscine drenate, manichini, giardini di sculture, squallide automobili, paludi, cavalcavia di autostrade, navi incagliate, bottiglie di Coca frantumate, balle arrugginite di filo spinato, risaie, lagune, deserti, piante minacciose, grattacieli, uccelli predatori e aviogetti da volo a bassa quota...»: catalogo fatto da David Pringle di paesaggi e oggetti ballardiani. E alla desertificazione dell’esterno corrisponde quella dello spazio interno. La Terra è il vero pianeta alieno, scrisse Ballard nel 1962. Come in Atrocity Exhibition e nel bellissimo film che ne è stato tratto da Jonathan Weiss. Come in Terminal Beach — cercare una rivelazione a Eniwetok, l’atollo dove le bombe H erano state testate, fra meditazioni tristi ricordi cupi sogni, da solo per settimane fra i detriti (letteralmente) della Grande Storia e il timido bussare della nuova, e i viveri esauriti e una morte da radiazioni, lenta.

[Un esistenziale Sì — dal cap. 3 di The atrocity exhibition: «Si allontanavano da lui. Dopo il suo ritorno alla baracca in rovina notò che Kline, Coma e Xero non lo venivano più a trovare. Le loro figure rimpicciolite, a un quarto di miglio dalla baracca, vagavano qua e là, mezzo nascoste da lui dagli scavi e dai cumuli di terra. I manifesti cinemascope di Jackie, Oswald, Malcolm X cominciavano a andare a pezzi nel vento. Un mattino, al risveglio, scoprì che se ne erano andati.»]


6. L’e/e di Deleuze

L’esistenzialismo non è stato un movimento solo-intellettuale, ma un insieme corporeo e politico di derive, sottrazione, insubordinazione; una rinegoziazione dei ruoli e identità sociali e di genere. Con diramazioni e con sovrapposizioni, interferenze, reciproche influenze a livello planetario con una serie di altri fenomeni culturali o di subculture sviluppati sullo sfondo del post-seconda guerra mondiale, guerra fredda, trasformazioni tecnologiche ecc.: dai beats ai movimenti anticoloniali, dai teddy boys e blousons noirs al teatro dell’assurdo, dalla nascita del rock’n roll allo sviluppo di un nuovo pacifismo e nuovo anarchismo, dal disgelo nel blocco comunista...

Nel Pasto Nudo di Burroughs (opera che è una significativa componente di questo quadro complessivo), esattamente all’inizio della epica di Mary, Mark, Johnny troviamo:
«(Sullo Schermo) Ragazzo di capelli rossi, occhi verdi, pelle bianca con un po’ di lentiggini... che bacia una ragazzina bruna sottile in pantaloni. Abiti e pettinatura fanno venire in mente i bar esistenzialisti delle città di tutto il mondo. Sono seduti su un letto basso coperto di seta bianca. La ragazza...»
I bar esistenzialisti delle città di tutto il mondo, appunto. — Cut-up e pick-up: la logica dell’ «e...e» più tardi evocata da Deleuze — il factualism di chi si muove in una realtà e un linguaggio che non sono più univoci, ma (non ostante gli sforzi di tutte le polizie del pensiero e fabbriche di linguaggio del mondo) aperti. Dopo L’essere e il nulla viene Il secondo sesso della de Beauvoir. Dopo Sulla strada di Kerouac Città della notte di John Rechy — il gay pride (e il dramma gay) parlano. Femministe gay ecc.: l’alba di un nuovo mondo (il nostro).


7. SIMULACRONS

Come scrisse il grande filosofo buddista Nagarjuna, agenti reali non compiono azioni reali — e agenti irreali non compiono azioni irreali. Il mondo è largamente costruito sulla base delle nostre interpretazioni e pro/iezioni, e la morale dell’autenticità è assieme, come ben si espresse Simone De Beauvoir, una morale dell’ambiguità. Basta confrontare le molteplici versioni della stessa (reale) storia ne L’età della ragione di Jean-Paul Sartre, eL’invitata di Simone de Beauvoir. C’è un senso e un ordine in tutto questo? Specchi su specchi (o diversi modi di trattare l’input) solo? Illusione di un’illusione? — Io davvero non ho una risposta.

[Ricordo, per finire, quella che diede Fassbinder nel lungo telefilm — Il mondo sul filo — che trasse nel 1973 da Simulacron 3 di Daniel Galouye.
La trama innanzi tutto, come p.e. riassunta da Davide Ferrario:
«Dall’impegno alla fantascienza. Fassbinder produce subito dopo per la WDR un film in due puntate tratto da un romanzo di Daniel Galouye, Welt am Draht(trasmesso anche dalla RAI col titolo Il mondo sul filo). La trama è complicatissima e, per la trovata di fondo che la regge, si avvolge a spirale su se stessa, rendendo molto difficile raccontarla nei dettagli.

In un istituto di cibernetica che produce previsioni sul futuro tramite il computer Simulacron (che è in grado di fornire effettive proiezioni delle condizioni di vita nel futuro), il direttore, Vollmer, si suicida improvvisamente e misteriosamente. Il suo ‘vice’ Stiller ne prende il posto. Non convinto del suicidio di Vollmer, inizia una propria indagine, che crea intorno a lui un muro di diffidenza. Trova un alleato in Eva, figlia di Vollmer, di cui si innamora, ricambiato. Stiller deve sostenere anche pesanti pressioni da parte di Hartmann, dirigente di un’industria siderurgica, che vuole ottenere previsioni sulla produzione di acciaio nei venti anni successivi.
La verità si manifesta pian piano a Stiller: il mondo in cui crede di ‘vivere’ non è altro che la proiezione di un altro calcolatore. La stessa Eva gli rivela di essere l’immagine della vera Eva di un altro mondo. Diventato pericoloso, Stiller sta per essere arrestato dalla polizia. Fugge, ma è raggiunto davanti all’Istituto, dove viene abbattuto. Eva, che è riuscita a stabilire un contatto tra i due mondi, lo salva trasferendo altrove la sua coscienza.»
Quello che appunto non è chiaro è il livello ontologico di questo altrove: se esso sia la realtà, o un altro universo simulato. Ma in effetti Fassbinder è più radicale: le ultime parole di Stiller nello script (ben diversamente che nel testo di Galouye, che ‘finisce bene’) vanno al di là della Differenza, verso l’Identità (per quanto aleatoria e improbabile, instabile e fugace possa essere):

E vero, è vero
Capelli
Occhi
Bocca
Collo
Spalle
sono io
sono io —

[«Simulacron 1 is the most important project in the institute for cybernetics and futurology — an electronic monster that is supposed to elevate conventional computer technology to a new level. Once it functions, Simulacron will be able to predict future social, economic, and political occurrences as precisely as though they were reality. Thus, Simulacron is a least interesting for two parties: those who are interested in improving future life conditions and those who hope for information privileges vis-à-vis their competitors. This could, for instance, concern the aluminum market. Professor Vollmer (Adrian Hoven) is the initiator and the head of the research project. He dies under mysterious circumstances — the common opinion is that he committed suicide as he showed peculiar signs of a bizarre mental disturbance just prior to his death. Siskins (Karl-Heinz Vosgerau), almighty boss of the institute, makes Dr. Stiller (Klaus Löwitsch), the closest associate of the deceased, Vollmer’s successor. But soon, the colleagues notice odd symptoms in Stiller as well: He claims that the institute’s head of security, Günther Lause (Ivan Desny), has vanished without trace, whereas everyone knows that his name is Hans Edelkern (Joachim Hansen) and that he is as happy as a clam. Stiller also talks about an attempt to murder him — but it is obvious that this was a completely normal accident. Dr. Stiller also opposes his superior Siskins’ intention to pass special Simulacron predictions to private people in advance. It appears that Stiller’s nerves are not sufficiently strong for the type of pressure his new job entails. He gets nauseous, does not recognize people, and instead talks of people nobody apart from him knows. Stiller tries to forget his Simulacron-related problems. For him, Simulacron is not just a lifeless machine but a kind of miniature universe. Although he knows very well that the so-called identity units in Simulacron are nothing but the result of complex electronic procedures, the units sometimes appear like real people to him. And they are indeed based on humans. Because they are programmed to make precise predictions about real people’s behavior, they may not be different from them. Is Stiller schizophrenic? This is exactly what many believe – until one day, during a routine transfer, Stiller’s conscience gets entangled into the circuits of Simulacron where he believes to meet an old acquaintance again: Günther Lause, the institute of cybernetics’ and futurology’s head of security. Of the latter everyone except Stiller claims that he has never existed. World on a Wire neither plays here nor anywhere else, it is not placed in the present but not in the past or the future either. World on a Wire takes place in an artificial world and in an artificial time — it is a fiction, a hypothesis, a plan for further discussion, no more. And no less.»] http://www.fassbinderfoundation.de/movies/welt-am-draht/?lang=en, “Welt am Draht (World on a Wire).

Simulacron 1 è il progetto più importante dell’istituto di cibernetica e futurologia — un mostro elettronico che dovrebbe innalzare a un nuovo livello la tecnologia convenzionale dei computer. Una volta in funzione, Simulacron sarà in grado di predire futuri eventi sociali, economici e politici esattamente come se fossero reali. Così, Simulacron è interessante almeno per due gruppi: coloro che sono interessati a migliorare le condizioni di vita future, e coloro che sperano di ottenere informazioni privilegiate rispetto ai concorrenti. Ciò potrebbe, per esempio, riguardare il mercato dell’alluminio. Il Professor Vollmer (Adrian Hoven) è l’iniziatore e direttore di questo progetto di ricerca. Muore in circostanze misteriose — l’opinione comune è che si sia suicidato, dato che proprio prima della morte mostrava peculiari segni di un bizzarro disturbo mentale. Siskins (Karl-Heinz Vosgerau), onnipotente capo dell’istituto, nomina come successore di Vollmer il Dr. Stiller (Klaus Löwitsch), il più stretto collaboratore del defunto. Dopo poco, però, i colleghi notano sintomi strani anche in Stiller: sostiene che il responsabile della Sicurezza dell’istituto, Günther Lause (Ivan Desny), è svanito senza traccia — mentre tutti sanno benissimo che il suo nome è Hans Edelkern (Joachim Hansen), e che è in perfette condizioni. Stiller parla pure di un tentativo di assassinio nei suoi confronti — ma è ovvio a tutti che si è trattato di un incidente completamente normale. Il Dr. Stiller inoltre si oppone all’intenzione del suo capo Siskins di fare avere in anticipo a dei privati delle speciali predizioni di Simulacron. Sembra che i nervi di Stiller non siano abbastanza robusti per il tipo di pressione comportato dal suo nuovo lavoro. Diventa disgustato e sconvolto, non riconosce le persone, e parla invece di altri noti solo a lui. Stiller cerca di scordare i suoi problemi collegati a Simulacron. Per lui, Simulacron non è semplicemente una macchina senza vita ma una specie di universo in miniatura. Per quanto egli sappia benissimo che le cosiddette unità identità di Simulacron non sono altro che il risultato di complessi procedimenti elettronici, le unità a volte gli appaiono come persone reali. E in effetti esse sono basate su umani. Essendo programmate per fare predizioni precise sul comportamento di persone reali, non possono essere diverse da queste. Stiller è psicotico? È questo esattamente quanto molti pensano — finché un giorno, durante un trasferimento di routine, la mente di Stiller rimane intrappolata nei circuiti di Simulacron, e lì gli pare di reincontrare una sua vecchia conoscenza: Günther Lause, il responsabile della Sicurezza dell’istituto di cibernetica e futurologia — una persona che solo Stiller sostiene essere mai esistito. — Il mondo sul filo non si svolge in un qui né in nessun là; non è collocato nel presente, ma nemmeno nel passato o nel futuro.Il mondo sul filo si svolge in un mondo artificiale e in un tempo artificiale — è una finzione, un’ipotesi, una base per discussioni future, niente di più. E niente di meno.»]


8. L’Impero dell’Insensato

La risposta a violenza, caos, disgregazione ecc. (interne ed esterne) non è data una volta per tutte; sicuramente non bastano lucidità e buona coscienza. Anche l’Evento (l’Ereignis) non assolve e non stabilizza. Mi ha sempre colpito che Empire of the Senseless di Kathy Acker, la convulsa gibsoniana storia di Abhor e Thivai in mezzo a blood and guts (viscere e sangue) e distruzione sia in primo luogo ed essenzialmente una storia d’amore; e che contenga una meravigliosa (stravolta?) poesia d’amore:

Sei tu che, sebbene io pianga implori argomenti, non ti lasci baciare il piede neanche una volta.
Fammi camminare attraverso il fuoco o l’acqua.
Tu sei il sultano del Re che comanda.
Come posso ridere se tu non ridi?
L’anima è schiava di questo riso senza labbra senza denti.
Abbi pietà di coloro che vedono il tuo riso. Ma il tuo riso è nascosto dentro gli occhi delle bestie.
Tu che sei la gloria e il signore degli umani che hanno cuore
Sei il dottore di noi, noi ammalati.
In un giorno di pioggia i malati del mondo giungono a un giardino
In un giorno di pioggia ho bisogno di amici.
Questa mattina, nel giardino,
Ho raccolto una rosa — ero terrorizzata che il giardiniere mi catturasse.
Lui mi disse gentile,
‘Col cazzo una rosa. Prenditi tutto il mio giardino’.
Tutti hanno amici; tutti hanno compagni;
Tutti hanno talenti; tutti
Lavorano. Noi che abbiamo un cuore, noi ci abbandoniamo
nell’immagine di colui che davvero amiamo,
dentro il sole delle nostre emozioni,
nelle ombre scure della caverna.


[Empire of the Senseless, Grove Press 1988, p.172 (da On becoming Algerian — Thivai)]

(Cos’è la filosofia?)


9. Trilogie aliene, e Anne Sexton

That’s what I thought, Leo thought. That’s exactly what I was expecting. But I still have faith I can get at the thing, if not this week then next. If not this month then sometime. I know it; I know myself now and what I can do. It’s all up to me. Which is just fine. I saw enough in the future not to ever give up, even if I’m the only one who doesn’t succumb, who’s still keeping the old way alive, the pre-Palmer Eldritch way. It’s nothing more than faith in powers implanted in me from the start which I can–in the end–draw on and beat him with. So in a sense it isn’t me; it’s something in me that even that thing Palmer Eldritch can’t reach and consume because since it’s not me it’s not mine to lose. I feel it growing. Withstanding the external, nonessential alterations, the arm, the eyes, the teeth–it’s not touched by any of these three, the evil, negative trinity of alienation, blurred reality, and despair that Eldritch brought back with him from Proxima. Or rather from the space in between. (The Three Stigmata of Palmer Eldritch, PK Dick 1965, verso la fine).

[Ugo Malaguti: «Quello che pensavo, si disse Leo. Quello che mi aspettavo, né più né meno. Ma ho ancora fede. Sono sicuro di raggiungere la cosa, se non in questa settimana, la prossima. Se non in questo mese, dopo, prima o poi. Lo so; adesso mi conosco e conosco quello che posso fare. È tutto sulle mie spalle. E mi va bene. È bello. Ho visto abbastanza, nel futuro, da convincermi a non rinunciare, anche se io sono il solo che non soccombe, anche se sono il solo che terrà vivo l’antico mondo, il mondo prima di Palmer Eldritch. È soltanto grazie alla fede nei poteri che sono stati posti dentro di me che io potrò... alla fine... affrontarlo e sconfiggerlo. Così, in un certo senso, non si tratta di me; si tratta di qualcosa che è dentro di me, qualcosa che neppure la cosa che si fa chiamare Palmer Eldritch può raggiungere e consumare; perché se non si tratta di me, non sarò io a perdere. La sento crescere. Sento che sopporta le alterazioni esterne, non essenziali, il braccio, gli occhi e i denti... non è toccata da nessuna di queste tre alterazioni, dalla maligna, negativa trinità di alienazione, realtà confusa e disperazione che Eldritch ha portato con sé da Proxima. O piuttosto dallo spazio che si stende tra i due sistemi.»]

La “malvagia, negativa trinità di alienazione, realtà confusa e disperazione” non è solo portata agli esseri umani da una entità dello spazio esterno attorno a Proxima Centauri; lo spazio interno, teste Ballard cum Laing, ne è da sempre altrettanto pieno. Non per nulla Dick ha sempre sostenuto che l’allucinazione che vide nel 1964 torreggiare nel cielo — Palmer Eldritch con denti, braccio destro e occhi di acciaio — era stata un puro prodotto della sua mente, non una visione psichedelica di orrore. Ma le nostre menti/corpi non sono solo capaci di questo; c’è il semplice lottare per sopravvivere, costruire ed amare; e certo c’è, come intitola l’ultimo libro di Anne Sexton, The Awful Rowing Toward God, il terribile remare verso Dio.


10. TransCendenZ

[molti di questi testi sono accessibili su libgen, bookza.org ecc.]

Walter Kaufmann (a cura di), Existentialism from Dostoevsky to Sartre, New American Library 1975 (rev. ed.).

Henry Miller, The time of the assassins: a study of Rimbaud, New Directions 1962 (1946).

Alexandre Kojève, Introduction à la lecture de Hegel: leçons sur la Phénoménologie de l’Esprit professées de 1933 à 1939 à l’École des Hautes Études, a cura di Raymond Queneau, Gallimard 1980 (1947).

J. P. Fell, Heidegger and Sartre: An Essay on Being and Place, Columbia UP 1983.

H. L. Dreyfus and Mark Wrathall (a cura di), Heidegger Reexamined, 4 voll., Routledge 2002.

Th. Kisiel, The Genesis of Heidegger’s “Being and Time”, University of California Press 1993.

D. Thomä, Die Zeit des Selbst und die Zeit danach: Zur Kritik der Textgeschichte Martin Heideggers 1910-1976, Suhrkamp 1990.

E. Kleinberg, Generation Existential: Heidegger’s Philosophy in France, 1927-1961, Cornell University Press 2005.

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11. Libri

«As soon as the girls and I returned to Point Reyes, Phil moved in with us, bringing his possessions with him. All his clothes, cheap to begin with, were old and shapeless. Phil didn’t care about visual appearances or household objects at all. The only things he treasured were his Royal Electric typewriter, his Magnavox record player, his books and records, and his set of the Encyclopedia Britannica.
Among his favorite books were A Crock of Gold, by James Stevens, and Miss Lonely hearts, by Nathanael West. His library included complete files of Astounding Science Fiction, Amazing Science Fiction, and The Magazine of Fantasy & Science Fiction magazines. He had a large collection of H. P. Lovecraft stories and novels, and other horror tales. He also had a collection of literary works, and at the time was especially interested in Camus, Kafka, Beckett, and Ionesco.» (Anne R. Dick, The search for Philip K. Dick — Part I 1958-64, Chapter One: “I meet Phil Dick”, Tachyon Publications 2010, rev. ed.)

[«Non appena le ragazze ed io tornammo a Point Reyes Phil ci si trasferì, prendendosi dietro tutte le sue cose. Tutti i suoi vestiti, oltre che di poco prezzo, erano vecchi e sformati. A lui non importavano l’aspetto esteriore, o le cose per la casa. Le sole cose che apprezzava erano la sua macchina da scrivere Royal Electric, il suo giradischi Magnavox, i suoi libri e i suoi dischi, e la sua copia dell’Enciclopedia Britannica. Fra i suoi libri favoriti c’erano A Crock of Gold, di James Stevens, e Miss Lonely Hearts, di Nathanael West. La sua biblioteca comprendeva la raccolta completa delle riviste Astounding Science Fiction,Amazing Science Fiction, e The Magazine of Fantasy & Science Fiction. Aveva una grossa collezione di racconti e romanzi di H. P. Lovecraft, e di altre opere horror. Possedeva pure una quantità di opere di letteratura, e a quel tempo era particolarmente interessato da Camus, Kafka, Beckett, e Ionesco.»]


[1] (Rom I, 24-32; Memorie dal sottosuolo; S.Beckett, Molloy; W.Burroughs, Pasto nudo).

[2] Si veda l’inizio del Vangelo secondo Matteo: 1. Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli. 3. Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram. 4. Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn. 5. Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse. 6. Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa. 7. Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf. 8. Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia. 9. Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia. 10. Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia. 11. Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle. 13. Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor. 14. Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd. 15. Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe. 16. Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. 17. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. 18. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. 22. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23. Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. 24. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, 25. la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.” O si vedano le saghe norrene, o Il Silmarillion di Tolkien.

[3] Camus è un'altra storia, e merita un discorso a parte. Ricordo solo l’attacco violentissimo cui in vita fu sottoposto da Jeanson e poi da Sartre, e l’influsso intellettuale e morale che ebbe sulla dissidenza all'Est – un po’ come il grande vecchio (grande filosofo) ceco Jan Patočka, quello di Carta 77 e di Donare la morte di Derrida. (cfr. il presente call for papers , saggi originali dedicati a Albert Camus, di “Filosofia e nuovi sentieri”: http://filosofiaenuovisentieri.it/call-for-papers/).

[4] «Do you remember when you found out you wouldn’t live forever?… That’s the basis of all existentialist thought, which, of course, is an underpinning of the movie. It’s not called “eXistenZ” for nothing». «As a card-carrying existentialist I think all reality is virtual. It’s all invented. It’s collaborative. – I jokingly said that the movie is existentialist propaganda. I meant it playfully, of course. But I have come to believe that this is the game we are playing» (D. Cronenberg, da The eXistenZ of Life – A Talk With Director David Cronenberg, Alicia Potter 2007. http://www.infoplease.com/spot/existenz1.html)
[«Vi ricordate quando avete scoperto che non sareste vissuti per sempre? È quella la base di tutto il pensiero estenzialista, che, naturalmente, sta sotto il film. Non è per caso che si chiama “eXistenZ”». «Da esistenzialista con tessera penso che tutta la realtà è virtuale. 'E tutta inventata. È costruita in collaborazione con altri. – Scherzando ho detto che il film è propaganda esistenzialista. L’ho detto per scherzo, certo. Ma sono giunto a credere che questo è il gioco che stiamo giocando». – D. Cronenberg, da L’eXistenZ della Vita – una conversazione con il Regista David Cronenberg, Alicia Potter 2007. http://www.infoplease.com/spot/existenz1.html]. 




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