domenica 5 ottobre 2014

MAURIZIO MONTANARI: Lettere da un esilio volontario. La letteratura minore di Deleuze e Guattari nell’argot di Louis Ferdinand Céline" [nota facebook, e poi in diversi gruppi]; plus POTERI DELL'ORRORE di Julia Kristeva, GC







Lettere da un esilio volontario. Argot e letteratura minore

Lettere da un esiliovolontario.
La letteratura minore di Deleuze e Guattari nell’argot di Louis Ferdinand Céline.
Una letteratura minore non è   d'una lingua minore ma quella che una minoranza fa in una lingua maggiore.’
( Deleuze e Guattari. ‘ Franz Kafka, per una letteratura minore’)

Lettini postumi. Quella tentazione da evitare.

Jacques Lacan esaminò a fondo la vita e le opere di James Joyce, enucleando dai suoi scritti quell’elemento, la scrittura,capace di sostenere un soggetto in difetto della metafora paterna, e pertanto legato ad una precarietà dell’essere più esposta ai venti della vita. Lo chiamò sinthomo, ponedolo al di la del sintomo guaribile, inaugurando una feconda prospettiva clinica grazie alla quale fu possibile isolare, una per una,soggetto per soggetto, quelle ‘doti’ personali ( artistiche, espressive,letterarie ) le quali fungono da  strumento non organico di supplenza e di sostegno. Al di la del giudizio artistico. In altre parole, una medicina con la quale operare una  sorta di guarigione permanente di uno stato precario sottostante. Nel film ‘Fuga da Alcatraz’ il cattivo direttore del penitenziario fa portare via la tavolozza dei colori ed i pennelli al detenuto Chester Dalton ‘Doc’, che aveva fatto della pittura il punto di tenuta di una insostenibile vita da ergastolano. E lui, si mozza le dita. Se da un lato questo ha permesso agli analisti una sorta di ‘innovazione’ nel trattamento clinico di tanti individui,potendo isolare l’elemento curativo da loro stessi fabbricato aiutandoli nel renderlo più maneggiabile, dall’altro ha inaugurato una moda piuttosto arida:   stilare diagnosi ex post dell'autore ( defuntissimo) attraverso una lettura , rigorosamente a posteriori, clinica e scarnificata, delle sue opere. Questo passa per una grottesca ricostruzione di‘setting’ virtuali nei quali l'artista diventa immaginario 'paziente' e si sdraia sul lettino ad uso della celebrità di chi sforna il libro.  Il tutto senza considerare che si diventa'paziente' solo se c'è una sofferenza che richiede. Questo è ciò che non va fatto.  

Letteratura e testimonianza

Questa grottesca modalità  vale massimamente per gli scrittori. Deleuzee Guattari sostengono che Kafka e la sua scrittura senza Edipo e senza la‘Lettera al Padre’, siano di difficile collocazione,  ma puntano  decisamente il dito sull'eccessiva stratificazione clinica e analitica di ognisuo gesto, di ogni  sua movenza. Scrivono: ' Noi crediamo soltanto a una politica di Kafka, che non è né immaginariané simbolica. Crediamo a una o più macchine di Kafka, che non sono né strutturané fantasma'[1]L'eccesso di lettura dell’invenzione personale di ciascuno, sia esso un letterato o meno,la uccide.  Nevrotico o psicotico, insomma, chissenefrega.
Un esempio di ciò lo troviamo nel modo col quale Albert Camus, ma soprattutto Louis Ferdinand Céline, hanno utilizzato lascrittura per supplire ad una divisione originaria, un esilio interiore che si èprotratto per tutta la vita. Si pensi a quanto Camus si presterebbe a questa lettura‘clinicizzata’, in particolare il suo Jacques del 'Primo uomo'. Privo di padre,assoggettato ad un femminile violento, sadico, e capriccioso. Viene salvato da‘un padre’, il professore, che interviene e pone un interdetto tra lui e lanonna, aprendo al giovane la strada degli studi che lo renderà Albert Camus. Sesolo questo fosse, nulla resterebbe delle atmosfere torride di separazione esolitudine  descritte ne  ‘La peste’ e ‘Lo straniero’.  Algerino vestito da francese, Pariginocon nostalgia dell'Africa. Una scissione ab origine, una rottura mairimarginata , un senso della separazione scritto nella pelle che lo porta ariflettere sulla solitudine dell’esiliato. 'Sipuò essere felice e solitario?’ , o ancora : 'Chi pensa alle loro solitudini?' scrive, mentre la peste  divide in due la città, mariti da mogli,fratelli da sorelle. Camus non poteva non sostenere, sino alla fine, una riconciliazione trala Francia occupante e l'Algeria, divenuta preda di estremismi. Nella suaultima produzione (raccolta negli scritti politici ' Mi rivolto dunque sono') assiste impotente al conflitto tra unanazione che deve essere liberata da un invasore feroce, ma al contempo epuratadalla violenza integralista che ripudiava in toto. E per questo scrivearticoli, rilascia interviste. Piega il suo francese colto alla comprensione difatti di attualità. Nel suo scrivere le due anime, sempre conviventi di Camus,non possono che condurlo ad una equidistanza propria di chi possiede un animascissa tra due appartenenze, egualmente forti ed egualmente incisive. Eglidunque non può che ricucire, per tutta la vita e nel corso di tanti suoi racconti,le sponde di due terre entrambe native.

Molto più forte è stata latentazione di ridurre l’opera, specie quella finale, di  Louis Ferdinand Céline al cantorabbioso di un vecchio  isolatopreda di  un declino paranoicocondito da invettive deliranti.  Quando Deleuze e Guattari parlano di ‘letteraturaminore’ non intendono una letteratura di una lingua minore, ma ‘quello che una minoranza fa di una linguamaggiore'. Più di tutti il dr Destouches incarnò questo spirito di ‘riterritorializzazione’ delle parole,desideroso di forgiare una lingua nuova,   inappartenente evolutamente non omogenea, un argot per sfrondare un francese ritenuto ormai vecchio ed inutile, inadatto a descrivere il declino di una guerra e di una nazione.Decorato per i suoi meriti nella prima guerra mondiale, seguirà un declino legato alle sue scelte, alla scrittura dei‘Pamphlet’, al suo antisemitismo. La sua inappartenenza radicale, sia al regimedi Vichy che alla Francia Repubblicana, l’esilio, e la condanna per ‘indegnitànazionale’ sono la lente attraverso la quale leggere la trasformazione del suo argot, che da nuovo strumento di lettura la realtà, muta in veicolo di odiopuro verso tutto quel mondo che gli negherà sino alla fine il riconoscimentoletterario ed umano. 'Di grande, dirivoluzionario, non c'è che il minore. Odiate ogni letteratura da padroni'scrivono Deleuze  e Guattari. Ecco dunque la forza della lingua di Céline, portatrice di un messaggio senzacompiacimenti, lontana da lusinghe. Scritta per testimoniare e non perapparire. 'Quanti stili, o generi, omovimenti letterari, sognano una cosa sola: assumere una funzione maggiore dellinguaggio, offrire i proprio servizi come lingua di stato’ ricordano D. eG. . Questo è l’argot di Céline.Uno strumento per superare il francese, ‘una vecchia lingua, decrepita, disseccata dagli accademici e dai gesuiti (...) chenon riesce a prendere dentro di se né la realtà, né la verità(….)[2].  La penna di Céline dunque come potente strumentoper sfrondare gli abbellimenti inutili, una lingua nuova per narrare due guerreed i suoi sopravvissuti, per smascherare ogni orpello manieristico dei suoiconcittadini riducendoli  a due otre movimenti, violenti, bassi e prevedibili. Un linguaggio per inquadrare la tragicità di un secolo sul quale Destouches, da buon medico che aveva vistocentinaia di poveri sofferenti, non poteva tacere. D. e G scrivono che: ‘il secondocarattere delle letterature minori consiste nel fatto che in esse tutto èpolitica. Nelle “grandi” letterature, invece, il fatto individuale (familiare, coniugale, ecc.) tende acongiungersi con altri fatti altrettanto individuali, mentre il contestosociale serve solo da contorno e sfondo’.   L’argot è infatti una neo lingua utile  a narrare ilmondo che il protagonista di Matrix ha la dannazione di vedere: le orrende macerie fumanti dietro il plastico efasullo rivestimento che il sistema opera per gabbare i suoi abitanti. Comesostiene Paolo Badellino: ‘  l’argot è una lingua che: ’ ripesca neldiabolico calderone le parole una ad una, quasi con le pinze, acquistando viavia sicurezza, esattamente come accade allo psicoanalista che si fa via via piùsicuro man mano che il paziente gli fornisce nuovi elementi.[3]  
Finita la guerra, attraversata la Germania distrutta,patito l’esilio a Sigmaringen, arriva l’isolamento. La sua condanna a morteletteraria da parte dell’intellighenzia francese che lo vuole ignobile edimenticato. E’ a quel punto che il suo argot muta in una  ‘  lingua dell’odio che ti stende secco illettore..l’annichilisce!.... ‘ Una lingua che ‘ non si fa con un glossario, macon le immagini dell’odio[4]’.Sprezzanteverso la sua Francia ingrata, un tempo amata sino a sprofondare nei deliri diarianesimo e purezza del popolo francese, da reietto sceglie una sepoltura davivo. Chiuso in un esilio volontario dentro al ventre della nazione, incombe su di essa con la sua invettiva. Il dr Destouches perde ogni possibile Patria, ed il suo francese  compie un ultima trasformazione,divenendo solo un arma per colpire e uno strumento per sopravvivere.  Colpire in modo sordo e trasversale laschiera dei suoi nemici, ormai talmente fitta da costituire un assedioinvincibile, anche per la sua parola. Guadagnare un anticipo per comprare lalavatrice.[5] ‘Ciò che Céline ha fatto delfrancese’- ribadiscono D. e G, ‘seguendo un'altra linea, l'esclamativo spinto all'estremo.L'evoluzione sintattica di Céline: dal Voyage a Mort à crédit, poi daMort à crédit sinoa Guignol's band I– dopo, Céline non ebbe più niente da dire, a parte le sue disgrazie, non ebbecioè più voglia di scrivere, aveva solo bisogno di soldi. E vanno sempre afinire così le linee di fuga del linguaggio: il silenzio, l’interrotto,l'interminabile, o peggio. Ma che creazione folle intanto, che macchina discrittura! Tutti lodavano ancora Céline per il Voyage quando lui era già molto più avanti, in Mort à crédit, poi nel prodigioso Guignol's Band,in cui la lingua aveva ormai solo intensità’.
Leggendo in filigrana ‘Da un Castello all’altro’ si ha ache fare con una scrittura che pare aver perso ogni possibile speranza diriscatto, di riabilitazione. Parole che non trovano più la forza di fare sostain quella pietà e passioni che solo uno stolto non può non scorgere nel‘Viaggio al termine della notte’[6]  Si tratta di una raffica ad alzo zero,contro tutto e tutti, l’ultima bomba a rancore esplosa consapevole che nulla enessuno mai gli ridarà il posto agognato.Come ben scrive Francesco Biamonti : ‘ce l'ha con tutti, indefinitiva: con Sartre, con Aragon, con Vailland che aveva giurato diucciderlo, con Elsa Triolet, con Claudel, con Montherlant... I suoi nemici sonodappertutto, dalla Costa Azzurra alla Scandinavia, nelle case editrici, nelbunker di Berlino’.E’ lo stesso Céline che lo confessa : ‘I nazisti midetestano al pari dei socialisti, e i comunisti anche, senza contare Henri de Régniero Comoedia. Siintendono tutti quando si tratta di sputarmi addosso. Tutto è permesso tranneche dubitare dell’Uomo. Allora non c’è più niente da ridere. Ho fatto laprova. Ma io me ne frego, di tutti.Non chiedonulla a nessuno"[7].
Nel 1945appare su «Le Temps Modernes» uno scritto di Jean-Paul Sartre daltitolo Ritratto di un antisemita. L’obiettivo de l’autore deLaNausea è Louis Ferdinad Céline, il Bardamu di Viaggio al termine dellanotte,  tacciato di collaborazionismo e di simpatie filonaziste. Laderiva antisemita di Celiné sancita dalla sua produzione (Bagatelles pour unmassacre, 1937, L'École des cadavres, 1938 e Les Beaux draps, 1941)non è mai stata messa in discussione dai suoi cultori e tantomeno dai suoidetrattori. Nell’Aprile del 1945 viene spiccato da un tribunale francese unmandato di cattura per Celinè accusato di "tradimento". Al netto di questa verità, Celinè non fu mai organico al regime di Vichy, e nemmenoall’establishment nazista. Tra il 1941 e il 1944 pubblicò infatti un articolo,venticinque lettere, e tre interviste. La sua inappartenenza strutturale si evince dal fatto che alcune delle sue opere vennero ostacolate sia dal Govenrodi Vichy che dai tedeschi. Questo non gli eviterà di essere messo all’indice,allorquando iniziarono le epurazioni dei "collaborazionisti" cheavevano, a vario titolo, sostenuto il governo di Vichy. Furono 40.000 ifrancesi messi all’indice, alcuni dei quali condannati a morte. 
Il"Conseil National des écrivains" fu l’organo deputato a stilare unelenco dei libri impubblicabili perché scritti da intellettuali compromessi conil regime.  La voce di Sartre fu assai determinante nel volere la messa al bando di Celinè, desiderando che Destouches venisse ignorato al suo ritorno inpatria.
Nel 1947 dopoaver appreso della pubblicazione del testo di Sartre (che recava leparole: «Se Celiné ha potuto sostenere le tesi socialiste deinazisti, è perché era pagato») prende carta e penna e scrive A l’agité duBocal, violento e dissacrante pamphlet rivolto contro Sartre, nel quale,tra le altre cose mette in luce cosa nasconda la veemenza delle accuse rivoltecontro di lui: Sartre, il censore, il resistente, aveva avuto la possibilità dimettere in scena una sua opera teatrale Les Mouches in pienaoccupazione al teatro cittadino, con presenza di militari tedeschi. Lafrase «Il fallait bien vivre» pronunciata da Simone de Beauvoir,compagna di Sartre, segna un periodo ben stigmatizzato da Frederic Spottsnel suo libro The Shameful Peace: How French Artists & IntellectualsSurvived the Nazi Occupation. In questo testo troviamo le parole diSartre e della compagna «Un sottileveleno corrose le nostre migliori intenzioni» (Sartre); «Al principio ebbi unsolo pensiero, non fare la fine del topo» (de Beauvoir). Picasso checontinuò a lavorare sotto l’occupazione nazista disse :«Passivamente, non cedo al terrore e alla forza, ma non è coraggio, èinerzia». Quanto a Matisse, lamenta Spotts, «nel suo rifugio di Vence non avvertì nemmeno il problema morale dellaResistenza».
Jean PaulSartre, il più forte dito puntato contro gli scrittori collaborazionisti, nonriuscì a nascondere allo spirito di Celinè le sue pecche.
Sartre, che preseposizione a favore di Israele al momento della creazione dello Stato ebraico(si veda: Riflessioni sulla questione ebraica del 1946), puntando ildito contro l'antisemitismo, si accomoda volentieri sulla cattedra parigina diHenri Dreyfus-Le Foyer, professore ebreo allontanato dall’insegnamento a causadella politica antisemita di Vichy. La de Beauvoir (la paladina del femminismoante litteram) dirottava sul letto del "Cobra" (nominativo col qualechiamava Sartre) le studentesse più accondiscendenti, oltre a lavorare per laradio nazionale francese controllata dai tedeschi.  Ecco allora, letteredi odio. Lingua per colpire e smascherare le oscene verità: «Tenia (..) e filosofo, per giunta… fa un po’ di tutto…Sembra che, in bicicletta, abbia anche liberato Parigi. (…) Voi avete avutocomunque il vostro piccolo successo al "Sarha", sotto lo stivale, conle vostre Mouches».
Ancora: «Elenchi?Elenchi? A quando quello integrale, nominativo, di tutti quelli che hannoguadagnato qualcosa con i tedeschi? Eccolo il vero elenco deicollaboratori»[8].Ultima torsione del suo francese, parole violente usate per strappare quel velodi ipocrisia che lo condanna all’oblio, in tempo di vincitori e vinti. Ilcuratore del blog http://lf-celine.blogspot.it/, Andrea Lombardi, sostiene che : ‘Oltre la prima rivoluzione dell'argot, LFCsupererà l'impasse creativa dopo Morte a credito con l'ancor più straordinariacreazione della "petite musique" , la scrittura emozionale, deipuntini di sopsensione e esclamativi per tentare di replicare pause, enfasi eritmo del parlato "tridimensionale" trasferendolo con uno sforzostilistico immane nel "bidimensionale" del segno sulla pagina. Rivoulzione", quest'ultima, che LFC stesso definiràsempre di gran lunga superiore a quella da lui fatta con argot/Viaggio. Ilpassaggio da Viaggio/argot alla Trilogia/"petite musique" ha il suoponte proprio nello stile dei "famigerati" pamphlet, che risultanocosì affatto opere minori dal punto di vista  stilistico’
La sua eredità letteraria, sepolta a Medoun nella tombacol vascello, è ingombrante. Inappartenente, indocile, libera e refrattaria aqualsiasi ereditiero che abbia provato nel corso degli anni a farla propria. La sua ultima produzione è un pacco di lettere da un esiliovolontario,  una maledizione versotutto ciò che gli stava attorno. Gonfia di una disperazione nonaddomesticabile, resta come un monito, una cicatrice mai richiusa e sanguinante, a ricordare come solo una letteratura alta , fatta cioè del medesimo impastopulsionale del suo autore, lontana da inchini o salamelecchi col potere, siadegna di tal nome.
Il primo Luglio 1961 Céline muore. Muore in una solitudine colma di rancore e un desertorotto solo dalla moglie Lucette e dal gatto Bebert. Muore per come è semprestato, un parvenu della letteratura. Muore mandando ‘ al diavolo librie tirature! M’è capitato di scrivere quel che mi passava per la testa, però ionon voglio essere altro che un semplice medico di benlieue[9].Muoresolitario ma, a differenza di Camus, per nulla felice. Il suo argot muore conlui.

Tanto materiale ancora, oltre a quello che ho utilizzato, lo sitrova suhttp://lf-celine.blogspot.it/, curato da Andrea Lombardi.

[1]Deleuze e Guattari. ‘Franz Kafka, per una letteratura minore’. Quodlibet. 2011.Tutte le citazioni di D. e G. qua contenute, provengono da questo testo.
[2] Paolo Badellino in ‘ Louis Ferdinad Céline in foto’.Effepi. 2012.
[3] Paolo Badellino, ibidem
[4]‘Arts’, febbraio 1957

[5]D. Ciò forse vuoi dire che scrivere è un bisogno.R. Sì, ma per colpadella lavatrice. La moglie pensa: “Una lavatrice, una che funziona, costa200.000 mila franchi…” Lei ci pensa e, dato che è femmina, mica lo dice che cipensa. Il marito, lui, sa scrivere, articoli qua e là… Lei pensa sempre allalavatrice. E un bel giorno davanti alla vetrina gli fa: “Guarda, è uscital’ultima Sagan, se ne parla tanto. Quante che ci guadagna a copia? 20%. Ah, 100franchi a libro)?” Pensa sempre alla famosa lavatrice, lei!… Egli fa, a lui: “Senti,tu non potresti?… − Oh, io, no, lo sai bene − Oh, ma sì che lo potresti fare unromanzo uguale. È mica così straordinario, l’ho letto”. Allora, via! Ecco chene arriva un altro, di romanzo! Spedito a Gallimard… Ogni anno zavorra diquattrocento romanzi, il Gallimard. Li butta nella Senna! Nessuno che se lifila! Valgono su per giù come tutti gli altri, ma non escono… Una lotteria! Intervistaa LFC di Madeleine Chapsal. Dal blog http://lf-celine.blogspot.it/
[6] "Buona,ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco,che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, amodo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il miodestino furtivo.
Selei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo!
Hoconservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne hoancora per tutti  (..)se la morte,domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo,cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno cheMolly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America".
[7]Céline a Elie Faure,1934

[8]LFC.  À l'agité du bocal. In « La lettre de Céline sur Sartre et l'existentialisme »1948
[9] Intervista a ‘ Semaine du Monde’, 23 Luglio 1954






GC: Al che aggiungo: c'è un grande libro della Kristeva che in buona parte è dedicato a Céline: "Poteri dell'orrore. Saggio sulla abiezione", del 1980; l'edizione inglese si può recuperare su libgen.orghttp://libgen.org/book/index.php?md5=6AC2EC5B96A8AEB2BAB04470E1628901







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