mercoledì 25 aprile 2012

¡NO PUEDE SER!- A proposito dell'articolo di Pietro Barbetta su 'Ernest Jones e il quislinguismo' [http://www.doppiozero.com/rubriche/clinica]

http://www.doppiozero.com/rubriche/clinica



¡NO PUEDE SER!

Sono un ingenuo. Quando quasi tutti i miei colleghi psichiatri (di sinistra) del gruppo di Colorno andarono in analisi alla fine degli anni '70- analisi rigorosamente freudiane- andando a Milano Bologna etc da nomi a volte eminenti- non seguii la loro strada (ero nel MOVIMENTO, allora). Molto dopo iniziai, sempre deviante, un'analisi junghiana- venendo non poco guardato male: gli junghiani erano oscurantisti, Jung aveva parlato del risveglio di Wotan a proposito del nazionalsocialismo, era stata fondata una associazione tedesca diretta dal fratello di Goering etc etc etc. NON ERA POLITICAMENTE-CULTURALMENTE CORRETTO. Ricordo ancora quando uno di questi progressisti liquidò p.e. Jean Genet, che menzionai occasionalmente, come 'un perverso' (con tono di estremo freddo disprezzo) (anche se p.e. sentii pure un noto junghiano, molto molto intelligente e colto, parlare a lungo di Rimbaud, che era un altro dei miei eroi, come di un classico esempio di rifiuto a crescere, rivolta senza fini - e senza risultati- etc etc). Davanti ai movimenti femministi e gay i miei colleghi erano abbastanza indifferenti (non contro, per carità!). Quando l'APA tolse l'omosessualità dalla lista dei disturbi mentali la cosa non volle dire molto per loro, etc etc etc (ancora).
Comunque, tagliando corto, non avevo mai pensato di scoprire che la associazione psicoanalitica tedesca aveva espulso, per venire incontro al NSDAP, i membri ebrei. Nè che la contemporanea segreta espulsione di Wilhelm Reich era stata CONTRATTATA- esplicitamente o no, non fa differenza- con i nazi. Nè che Ernest Jones potesse permettersi, a proposto di Quisling e dei quisling, di tirare in ballo un atteggiamento omosessuale.-
Visto che sono scrupoloso, oltre che curioso, ho controllato altre fonti. E sì, è stato proprio così. Che squallore, e che vergogna tutto questo. E che squallore e che vergogna che ci si sia dati da fare per occultarne le tracce.
Davvero, come scrisse Derrida in 'Sullo spirito', le radici dell'albero nazionalsocialista sono vaste e estese; e davvero i processi di rimodellamento del passato e creazione di pseudo-verità sono vasti, penetranti, criminali in ultima istanza.
Come dice il leit motiv di una situation comedy per ragazzini che sto vedendo spesso con mio figlio: non può essere!
http://www.werkblatt.at/nitzschke/text/nationalsocialism.html ( Bernd Nitzschke, "Psychoanalysis and National Socialism Banned or Brought into Conformity? Break or continuity?", International Forum of Psychoanalysis 12, 2003, p. 98-108)
http://eprints.bbk.ac.uk/104/1/frosh2.pdf (Frosh, S. ‘Psychoanalysis, Nazism and “Jewish Science”’ International Journal of Psychoanalysis, 84, 1315-1332 (2003). © Institute of Psychoanalysis, London, UK)
http://www.projantest.se/MARTIN/arnold.pdf ( Arnold Raestad, 'The case Quisling', 1942) (cfr.http://en.wikipedia.org/wiki/Arnold_Raestad)

e, con google books, il libro di Riccardo Steiner, "It is a New Kind of Diaspora": Explorations in the Sociopolitical and Cultural Context of Psychoanalysis", Karnac Books, 2000.

GIACOMO CONSERVA
Bernd Nitzschke - Psychoanalyse und Nationalsozialismus
www.werkblatt.at






4 commenti:

  1. Giacomo Conserva: questo commento mi è stato rifiutato per profanity dal filtro automatico di DOPPIOZERO, e mi sono MOLTO MOLTO MOLTO irritato- l'ho postato da 3 parti almeno... (oltre a scrivere al sito protestando- che usassero filtri migliori!)
    6 ore fa

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  2. JACOPO VALLI: Io mi son sempre chiesto del rapporto Jung/Nazismo, anche perché sono stato in "analisi" da un junghiano, per due volte. Ho sempre faticato ad avvistare le due cose e non ho mai considerato Jung un nazista; peraltro, mi risulta avesse ammirazione per gli ebrei...
    Wikipedia riporta a proposito della querelle su Jung e il nazismo:
    Nel 1930 Jung fu nominato presidente onorario della Associazione tedesca di psicoterapia. Con l'avvento del nazismo questa Associazione, cui aderivano parecchi psicoterapeuti ebrei, fu sciolta e ne fu creata un'altra, a carattere internazionale, con Jung presidente.
    Nel 1934 Jung fu criticato per la sua adesione ad un'organizzazione di origine nazista, oltre che per la sua funzione di redattore capo della rivista Zentralblatt fur Psychotherapie, un periodico di analoga matrice nazista. Jung e i suoi difensori, in questa querelle sulla presunta adesione di Jung al nazismo, replicarono sostenendo che la sua presenza in questi organismi avrebbe permesso di salvaguardare l'attività degli psicoterapeuti tedeschi ebrei.
    In questa stessa epoca Hitler prendeva il potere in Germania e, sfortunatamente per Jung, il caso volle che il redattore tedesco della rivista, il cui nome compariva accostato a quello di Jung, risultava essere il professor Göring, cugino del più famoso Hermann Göring, delfino di Adolf Hitler.
    In questo periodo di presidenza Jung scrisse l'articolo "Wotan", apparso sulla Neue Schwezer Rundschau, che in seguito diverrà il primo capitolo dell'opera Aspetti del dramma contemporaneo.
    I sostenitori di Jung in questa querelle sostennero che Jung non accettò questo incarico a cuor leggero, ma nella speranza di salvare il salvabile, tant'è che, quando si accorse di non poter fare nulla, nel 1939 rassegnò le dimissioni sia dalla carica di presidente della "Società medica internazionale di psicoterapia" sia da redattore della rivista. In questo stesso periodo le autorità hitleriane avevano già preso misure contro Jung: gli era stato negato l'accesso in territorio tedesco, le sue opere vennero bruciate o mandate al macero in tutti i paesi d'Europa nei quali era possibile, ed il suo nome figurò nella famigerata lista "Otto", vicino a quella di Freud e di molti altri (come testimoniato da alcuni conoscenti, Jung temeva di poter essere "liquidato" dalle SS in caso di invasione della Svizzera durante la seconda guerra mondiale, proprio per via delle sue note posizioni critiche antinaziste).

    La relazione tra Jung e il nazismo continuò, anche dopo la guerra, ad essere oggetto di polemiche e dibattiti. Sia nella sua autobiografia ("Ricordi, Sogni, Riflessioni") che nella raccolta di testimonianze sulla sua vita Jung parla, appaiono numerosi spunti critici rispetto al fenomeno nazista, che in alcuni suoi scritti e passaggi Jung analizzò - con molta preoccupazione - da un punto di vista psicologico-analitico collettivo.
    Jung, comunque, consapevole com'era delle falsità di tale accuse, non diede mai troppo peso alla questione. Ma per avere un quadro più ampio è utile riferirsi allo stralcio di un'intervista del 1949:
    [SEGUE]

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  3. [JACOPO VALLI- segue] « Chiunque abbia letto uno qualsiasi dei miei libri non può avere dubbi sul fatto che io non sono mai stato filonazista e tanto meno antisemita; non c'è citazione, traduzione o manipolazione tendenziosa di ciò che ho scritto che possa modificare la sostanza del mio punto di vista, che è lì stampato, per chiunque voglia conoscerlo. Quasi tutti questi brani sono stati in qualche misura manomessi, per malizia o per ignoranza. Prendiamo la falsificazione più importante, quella sul Saturday dell'11 giugno: "L'ebreo, che è una specie di nomade, non ha mai creato una forma propria di civiltà, e probabilmente non lo farà mai. L'inconscio ariano dispone di un potenziale più elevato di quello ebraico". Guarda caso, se lette nel loro contesto queste frasi acquistano un significato esattamente contrario a quello attribuito a esse da questi "ricercatori". Sono state prese da un articolo intitolato "Situazione attuale della psicoterapia". Perché si possa giudicare il senso di queste frasi controverse, le leggerò per intero il paragrafo in cui ricorrono: "In virtù della loro civiltà, più del doppio antica della nostra, essi presentano una consapevolezza molto maggiore rispetto alle debolezze umane e ai lati dell'Ombra, e perciò sono sotto questo aspetto molto meno vulnerabili. Grazie all'esperienza ereditata dalla loro antichissima civiltà essi sono capaci di vivere, con piena coscienza, in benevola, amichevole e tollerante prossimità dei loro difetti, mentre noi siamo ancora troppo giovani per non nutrire qualche "illusione" su noi stessi… L'ebreo, quale appartenente a una razza che dispone di una civiltà di circa tremila anni, possiede, come il cinese colto, un più ampio spettro di consapevolezza psichica rispetto a noi. L'ebreo, che è una specie di nomade, non ha mai creato una forma propria di civiltà, e probabilmente non lo farà mai, poiché tutti gli istinti e i suoi talenti presuppongono, per potersi sviluppare, un popolo che li ospiti, dotato di un grado più o meno elevato di civiltà. La razza ebraica nel suo insieme possiede perciò – per l'esperienza che me ne sono fatta – un inconscio che si può paragonare solo con alcune riserve a quello ariano. Eccezion fatta per alcuni individui creativi, possiamo dire che l'ebreo medio è già molto più consapevole e raffinato per covare ancora in sé le tensioni di un futuro non nato. L'inconscio ariano dispone di un potenziale più elevato di quello ebraico, il che costituisce al tempo stesso il vantaggio e lo svantaggio di una giovane età che non si è ancora completamente distaccata dall'elemento barbaro»
    5 ore fa tramite cellulare



    Jacopo Valli: ‎[rimane il fatto che io non condivido il parlar di razze, popoli e caratteri medi tipizzabili, cosa che a volte funziona "per analogia", ma che mi pare riduttiva e pericolosa. Ma di certo non vedo Jung come nazista, e pure io ho ammirazione - se vogliamo stare alla logica di cui sopra - per il carattere nomadico dell'ebreo, e lo sono anche in riferimento al fatto che non tendo ad appartenere o a costituire alcun sistema di civiltà, tendenza comune e per me in ogni caso limitante e regressiva, anche quando non nazista].
    5 ore fa tramite cellulare

    Jacopo Valli: ‎[scusate i refusi]
    5 ore fa tramite cellulare

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  4. GIACOMO CONSERVA: ci sono tante cose strane e incomprensibili nel mondo e nella storia: ne menziono una: il fatto che in tutto quel meraviglioso (e MENZOGNERO!) saggio che è 'Il caso Ellen West' di L.Binswanger- come ho scritto anni fa- "stranamente- o forse no- manca qualunque indicazione cronologica, a parte i riferimenti all’età di Ellen e accenni a come tutto si svolgesse molti anni prima della scrittura del saggio... Manca pure qualunque collocazione geografica precisa; viene detto che la famiglia di Ellen si era trasferita ‘oltremare’ (gli Stati Uniti?) e che poi i genitori e alcuni dei figli ritornarono in Europa (era la Germania); si parla di una vacanza in Sicilia quando lei aveva 20 anni, e di un successivo viaggio a Parigi, ed è tutto. Una decontestualizzazione così spinta colpisce (ed è sicuramente funzionale al quadro che Binswanger traccia del progetto di mondo di lei, completamente astorico, come sub specie aeternitatis); ma in fondo si parla del destino di una donna ebrea, e il testo è stato scritto durante la Seconda Guerra Mondiale, ai tempi Terzo Reich e della sua lotta contro il giudaismo internazionale; e il mondo aveva comunque visto negli anni precedenti una altra guerra mondiale, trasformazioni e sommovimenti e sociali massicci, rivoluzioni, crisi economiche devastanti,"- di cui appunto non c'è traccia (come non c'è traccia del suicidio nel 1930 circa del figlio ed erede designato dell'autore), [Il saggio comparve, diviso in alcune tranche, in Svizzera nel 1944-45].
    27 minuti fa ·
    GIACOMO CONSERVA: P.S. Biswanger veniva da una famiglia ebraica di medici, assimilatasi e convertitasi al cristianesimo a metà '800.
    25 minuti fa

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