giovedì 26 gennaio 2012

Via da Avalon; Akven [GC, 1977; il movimento del '77]


   

    DOVE IL SOLE CALA C’ERA UN PAESE INCANTATO, IL PAESE DELLE MELE. STAVANO TUTTO L’ANNO SUGLI ALBERI, ROSSE E TONDE E SPLENDENTI, E LE FOGLIE NON APPASSIVANO E NON TIRAVA BREZZA. IL SIGNORE DI QUEL LUOGO SI CHIAMAVA AKVEN. UN GIORNO- ERA FORTE E BIONDO E BELLO- DISSE  ADDIO AI SUOI AMICI, PERCHÉ SENTIVA UNA VOCE CHE LO CHIAMAVA, E NON SI POTEVA FERMARE. PRESE POCHE COSE  CON SÉ, UNA BISACCIA E UNO SCUDO DI LEGNO E DUE AMULETI DI CASTORO, E SI INOLTRÒ  NELL’ISOLA, INIZIANDO IL CAMMINO PER TORNARE NEL MONDO.
    LE LEGGENDE NARRANO COME LA GENTE DI AKVEN, FUGGENDO DALLA GUERRA, FOSSE ARRIVATA AL PAESE DELLE MELE. E COME L’AVESSE COLONIZZATO E RESO PIÙ DOLCE, COPRENDOLO DI NUOVI FIORI E COLORI. E COME AKVEN SI MUOVESSE, LEGGERO SULLE SUE GAMBE UMANE, PER TRACCIARE UNA NUOVA ROTTA PER IL RITORNO. NON FU UN CAMMINO FACILE. UN GIORNO GLI SI FECE INCONTRO UN LEONE, AD UN GUADO. POI DOVETTE COMBATTERE CON I MOSTRI DELLA FORESTA, E RIPARARSI DALLA PIOGGIA SOTTO LE FOGLIE, E CERCARE DI SCALDARSI UN PO’ LA NOTTE CON UN PO’ DI FUOCO. VIDE DISTESE IMMENSE COPERTE DI BUFALI, IN LONTANANZA; UN LAGO DI CRISTALLO DOVE L’ACQUA MUOVEVA LENTE CORRENTI DI MILLE COLORI; CAMMINÒ SUL GHIACCIO, PER SCALARE UNA MONTAGNA, E DISPERÒ DI SALVARSI, PERCHÉ TROPPO INTENSO ERA IL GELO CHE GLI ENTRAVA NELLE OSSA; GIUNSE AD UNA CAPANNA, ABBANDONATA SOTTO UN COLLE; LÌ SI FECE DA MANGIARE.
    NON POTEVA PIÙ DIRE QUANTO TEMPO FOSSE PASSATO, E LA SUA ESISTENZA GLI SEMBRAVA UN SOGNO. VOLTI UN TEMPO CONOSCIUTI E AMATI SCOMPARIVANO COME FUMO, SOLI & LUNE CONTINUAVANO IL LORO CAMMINO. RIMASE FERMO LÌ, A LUNGO, A GUARDARE LE STAGIONI MUTARE, NUTRENDOSI DI RADICI, DI PESCI ARGENTEI CATTURATI NELLO STAGNO, DI ERBE. COMINCIÒ A PENSARE CHE L’ISOLA IN EFFETTI FOSSE UN CONTINENTE. CHE NON AVESSERO MAI LASCIATO LA TERRA NATIVA, O CHE , AL CONTRARIO, AVESSERO INCONTRATO MOLTO PIÙ DI QUANTO SI ASPETTAVANO: CARAZ, FORSE, O BRASIL. TUTTO QUESTO NON IMPORTAVA MOLTO, DEL RESTO: TANTO NUOVE ERANO AD OGNI MOMENTO LE CONFIGURAZIONI DELLE NUVOLE O LO SCHERMO DELLA CORDIGLIERA; E TANTO NUOVO ERA LO STRIDERE DEGLI UCCELLI NELLA VASCA DEL CIELO.
    COMPONEVA POESIE A VOLTE, E CANTAVA. DI FATTI E VOLTI CHE AVEVA INCONTRATO, O IMMAGINATO, O DESIDERATO SEMPLICEMENTE. LA CAPANNA ADESSO ERA TUTTA COPERTA DI MUSCHIO E FELCI, E PIENA DI NIDI. A PRIMAVERA FIORIVA TUTTA COME IL PRATO; D’INVERNO ERA BIANCA COME LA MORTE.

    CARAZ VENNE A LUI CON UNA SCHIERA DI UOMINI ARMATI CHE LO TRASSERO IN SCHIAVITÙ. VIDE LE LORO CITTÀ DALLE MOLTE SPIRE, I TEMPLI D’ORO, LE ARENE DOVE VENIVANO CELEBRATI I SACRIFICI. LARGHI FIUMI ATTRAVERSAVANO LE SUE PIANURE, COSTEGGIANDO CAMPI COLTIVATI CON CURA, LINDI, PIENI DI TRISTEZZA. ANNI ED ANNI, ANCORA, A REMARE SU NAVI D’AMBRA, A CAVARE IL MARMO, A SCAVARE FOSSATI. ANNI ED ANNI SENZA UN SENSO, IN CARAZ DALLE DIECIMILA AQUILE.
     QUANDO DESIDERÒ ANDARSENE (GIOVANE? BELLO?) SE NE ANDÒ. C’ERA UN’ISOLA IN MEZZO AL LAGO, DOVE CRESCEVANO PINI VIOLA E CIPRESSI VIOLA E ERBA VIOLA. IL CIELO ERA COME UNO SMERALDO, L’ARIA SOTTILE DI MILLE PROFUMI. ERA LARGA 1.000 KM, O 10.000; IL TEMPO SCORREVA LENTO, COME UNA LOCUSTA COLORATA. QUI INVENTÒ MOLTI GIOCHI CON LE CASCATE DEI RUSCELLI, GETTÒ DIAMANTI AL VENTO, SI INTESSÈ VESTITI DI FUSTAGNO VERDE E D’ARGENTO. PIÙ TARDI, NELLA FOSCHIA TENUE DELLA NOTTE DI LUNA PIENA, GIUNSE ALLA CASA.





Nessun commento:

Posta un commento