lunedì 14 novembre 2011

link: Guido Caldiron, "Il fuoco di Tottenham. Trent'anni dopo Brixton che cosa è cambiato?" [LIBERAZIONE, 11-8-2011]



http://www.liberazione.it/news-file/Il-fuoco-di-Tottenham--Trent-anni-dopo-Brixton-che-cosa---cambiato-.htm






«Come trent'anni fa, questa vasta rivolta ha luogo nel pieno di una forte crisi economica, si propaga velocemente e ha avuto origine da un evento simile a quello di allora». Nel suo editoriale di due giorni fa il Guardian ha rotto un tabù e ha evocato gli "urban riots" scoppiati a Brixton nel 1981, i più gravi dell'intera storia britannica, a proposito di quanto sta accadendo ora. «Le similitudini con quei fatti si fermano però qui. - ha aggiunto il quotidiano - All'epoca esplose la rabbia e la frustrazione della comunità nera nei confronti del razzismo della polizia. Oggi, malgrado le circostanze della morte di Mark Duggan a Tottehham (il giovane nero ucciso dagli agenti venerdi, nda) potrebbero far pensare il contrario, i rapporti tra i nere e le forze dell'ordine sono sereni. Se nell'81 questo fattore è stato decisivo, stavolta, la rivolta è frutto di molti elementi: il senso di abbandono e di sconfitta di chi vive in periferia si incrocia con i tagli alla spesa sociale, ma anche con una cultura della violenza diffusa tra molti giovani, insieme alla rabbia per il sentirsi esclusi dalla società dei consumi». Per cercare di capire fin dove arriveranno le fiamme di Tottehham, sembra suggerire il Guardian, si deve comprendere come e quanto è cambiata la Gran Bretagna dai fatti del 1981.
«Quando ti prendono a calci la porta, come vai ad accoglierli? Con le mani sopra la testa, o sul grilletto del fucile?». Cantavano così i Clash in "The Guns of Brixton", fermando per sempre la memoria di una generazione sulle immagini delle lunghe colonne di fumo nero che si levavano dall'incendio del quartiere a sud di Londra nell'aprile 1981. Margaret Thatcher era al governo da appena due anni, ma la pressione montava in tutto il paese. Più tardi arriverà il grande sciopero dei minatori, ma intanto è dal cuore delle periferie che si leva il primo rabbioso segnale. «La causa scatenante è l'arresto di un giovane nero - racconta Marco Grispigni in La città senza luoghi (Costa & Nolan, 1997) - Gli scontri con la polizia sono subito durissimi e si protraggono per quattro giorni. Nel giro di pochi minuti, gioiellerie, negozi di abbigliamento e di elettrodomestici, un magazzino intero, vengono svaligiati, distrutti e poi incendiati». A Brixton il 36% della popolazione è nera, il razzismo dei bobbies è la causa scatenante la rivolta, ma il fuoco si estende rapidamente a tutte le inner cities. Ma sarà tutto inutile. «Alla fine dell'esperienza Thatcher - scrive Roberto Bertinetti in Dai Beatles a Blair (Carocci, 2001) - l'Inghilterra è la società più ineguale dell'intero Occidente, con ben 14 milioni di poveri, tra cui addirittura 4 milioni di bambini».
Ma se l'era thatcheriana può essere considerata come la fase d'avvio della rivoluzione neoliberista mondiale, per arrivare al fuoco che brucia ora le periferie inglesi, si deve attraversare il decennio che ha visto l'ascesa del New Labour e la lunga premiership di Tony Blair, alla guida dell'Inghilterra dal 1997 al 2007. Nel dicembre del 1995, con il conservatore John Major a Downing Street, la periferia londinese - ancora una volta Brixton - tornò a rivoltarsi dopo la morte di un giovane nero, Wayne Douglas, fermato dalla polizia. Ma sarà all'inizio dell'estate del 2001 che la Gran Bretagna si misurerà di nuovo con duri e estesi "urban riot". Nel giro di pochi giorni, prima a Oldham, vicino a Manchester, poi nella periferia di Leeds, il paese ha fatto i conti con giorni di scontri, incendi e devastazioni. A Oldham a provocare la reazione della popolazione asiatica era stata la violenza delle bande neonaziste, mentre a Leeds ci si erano messi i poliziotti. Ma all'epoca, parlando della rivolta, l'Indipendent segnalava come «quello di cui c'è bisogno in zone simili, è l'investimento pubblico nelle infrastrutture sociali e un cambiamento radicale nell'attitudine della polizia». Solo che il governo Blair aveva fatto propria la dottrina neocon della "tolleranza zero". Come spiega in Parola d'ordine: tolleranza zero (Feltrinelli, 1999) il sociologo francese Loic Wacquant, «la Legge sul crimine e le turbative all'ordine pubblico approvata dal parlamento a maggioranza neolaburista nel 1998 (è) considerata come la più repressiva del dopoguerra».
A prima vista nulla sembrava cambiato da Brixton '81 a Oldham '01, eppure le due maggiori minoranze del paese, asiatici e caraibici, erano sempre più divise. Un clima di chiusura comunitaria che gli scontri scoppiati a Birmingham nell'ottobre del 2005 tra asiatici e neri, dopo lo stupro di una ragazzina di origine caraibica, non hanno fatto che fotografare. L'Inghilterra che sceglie nuovamente i conservatori nel maggio del 2010, nella persona del giovane David Cameron, è perciò un paese diviso, impoverito, dove la marginalità urbana si sta decliando sempre più in forme di criminalità. «Un rapporto della Metropolitan Police - racconta Enrico Franceschini in Londra Babilonia (Laterza 2011) - afferma che a Londra operano 160 gang giovanili, un quarto delle quali hanno commesso omicidi. Metà dei loro membri sono stati coinvolti in gravi violenze. Le gang portano denaro, attraverso furtarelli, scippi, borseggi e piccoli traffici di droga». Il fenomeno della gang, censite a decine di migliaia in tutto il paese da Steve Hackman, il giornalista autore di Young Guns (Milo Book, 2010), lo studio più recente e sistematico sul fenomeno, sono anche all'origine della trentina di adolescenti ammazzati a coltellate nelle periferie urbane solo negli ultimi tre anni.
Quasi a ribadire che niente si sarebbe potuto fare per i giovani, in gran parte figli dell'immigrazione, che erano cresciuti nelle inner cities delle grandi città, nell'ultimo decennio però, mentre scomparivano interi capitoli "sociali" dai bilanci pubblici, il paese si è dotato di un enorme sistema di videosorveglianza: più di quattro milioni le telecamere del genere attive oggi. Ed è in questo quadro che Cameron ha lanciato il suo progetto di "Big Society", già bocciato dalle mobilitazioni degli studenti e dei dipendenti pubblici, che non solo ha ridotto la spesa sociale, ma ha anche annunciato la fine del modello del multiculturalismo: «E' tempo di voltare pagina. Una società passivamente tollerante rimane neutrale tra valori differenti. Un paese davvero liberale fa molto di più. Esso crede in certi valori e li promuove attivamente».
Se dopo le bombe nella metropolitana e sugli autobus di Londra del luglio del 2005, i media avevano parlato in modo allarmante della "Londonistan" della comunità islamica, la rivolta partita lo scorso weekend dalla periferia nord della capitale indica come tutti i nodi della società britannica siano venuti al pettine. Tra i fermati per i riot ci sono ragazzini di poco più di dieci anni e si racconta di signore che, fermata la macchina davanti a un grande magazzino assaltato dalla folla, reclamassero qualcosa anche per sé. Le street gang sono probabilmente all'opera nelle notti di fuoco, insieme agli espulsi dal lavoro e dal welfare. L'ennesimo nero ammazzato dalla polizia ripropone la questione del rapporto tra le autorità e la più antica comunità di immigrati del paese. E sullo sfondo emerge il fantasma di una rabbia che alterna cieco furore distruttore, ludica violenza e un'ansia di "riprendersi la strada" e ogni cosa contenga, a partire dalle merci. «Londra sta affondando. E io abito vicino al fiume», cantavano i Clash.

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"Prendiamo cuore per il futuro, ricordando il passato"- TS Eliot, LA ROCCIA

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