mercoledì 14 settembre 2011

Transmodernità, globalizzazione, ecumene (a proposito di un saggio di R.M. Rodríguez Magda)


Partiamo dallo schema dei tratti distintivi della società transmoderna (ripreso dal libro omonimo  del 2004):

MODERNITÀ
POSTMODERNITÀ
TRANSMODERNITÀ
Realtà
Simulacro
Virtualità
Presenza
Assenza
Telepresenza
Omogeneità
Eterogeneità
Diversità
Centralizzazione
Dispersione
Rete
Temporalità
Fine della storia
Istantaneità
Ragione
Decostruzione
Pensiero unico
Conoscenza
Antifondamentalismo scettico
Informazione
Nazionale
Postnazionale
Transnazionale
Globale
Locale
Glocal
Imperialismo
Postcolonialismo
Cosmopolitismo transetnico
Cultura
Multicultura
Transculturale
Fine
Gioco
Strategia
Gerarchia
Anarchia
Caos integrato
Innovazione
Sicurezza
Società del rischio
Economia
Economia
New economy
industriale
postindustriale
Territorio
Extraterritorialità
Ubicuo transfrontaliero
Città
Quartieri periferici
Megacittà



(2004)

Quello che è interessante è che non si propone una meta da raggiungere, uno stato ottimale per cui lottare, ma semplicemente di accettare quello che sta succedendo e che stiamo vivendo: i mutamenti a tutti i livelli che la globalizzazione porta con sé. Ora, è evidente che vari item della lista si possono aggiornare o precisare (uno che mi è saltato agli occhi è “galassia Microsoft”, che fa riferimento a uno stadio ormai superato)- ma appunto quello che disegnano è il nostro mondo, con le variabili di cicli economici (e finanziari), spostamenti di popolazione, innovazioni tecnologiche, conflitti militari, sviluppi politici etc: i dettagli possono essere sicuramente compresi e spiegati a posteriori, ma non previsti con assoluta certezza (v. per esempio l’interessantissimo rapporto Global Trends 2025:A Transformed World del 2008 del ‘National Intelligence Council’, agenzia governativa USA1 ); è proprio per questo esteso ventaglio di variabili, e non solo per i problemi irrisolti, le guerre o le ingiustizie che un intervento regolativo della ragione e dei suoi ideali è indicato.
     Due note:
1. Il mondo attuale è di fatto una ecumene, una totalità civilizzata di scambi e comunicazioni (i famosi 5 flussi di Appadurai). L’antico ideale della cosmopoli stoica e dell’ellenismo sembra realizzarsi nell’architettura materiale della nostra civiltà.
2. Questa stessa proposta di griglia interpretativa ci arriva da subito diffratta e reticolare tramite una molteplicità di discorsi e di siti, di luoghi di enunciazione oltre che di enunciati; per nominarne alcuni:
-e ciascuno di questi rimanda ad altro, in svariate direzioni. L’universo del discorso, lungi dall’essere unidimensionale, è connesso e diffuso e pieno di singolarità. Anche qui il problema pratico è non perdersi nel rumore di fondo, ma elaborare parametri e linee di comunicazione/scambio che aiutino la lotta contro l’implosione (che è il pericolo di fondo di un sistema come questo, il nostro).

Giacomo Conserva, 12 settembre 2011

3 commenti:

  1. Tenzin Nanette Miles: Biodiversity seems to be central to our survival.
    7 ore fa

    Giacomo Conserva: cultural diversity, too, I think (dynamically, not statically- I mean with interactions and, also, new cultural formations/achievements)

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  2. Non sempre riesco ad "accettare" la realtà pur fatta di quello che è.. "accettare” è una parola forte e inadeguata allo stesso tempo e inoltre a volte desidero qualcosa di più della non-implosione. L'implosione del sistema rimanda alla paura che questo avvenga. Altre volte il sistema in cui sono è molto oppressivo (per me e per altri) e penso che questa oppressione sia inaccettabile e in quei momenti non mi curo del rischio d'implosione sistemica. Penso se mai al cambiamento, alla trasformazione, alla metamorfosi.

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  3. bisogna partire da quello che esiste (vederlo, traversarlo) per trasformarlo, credo. è un vecchio principio marxista. e poi, 'la realtà' non è mai nè una nè statica. soffermarsi presso il negativo, tenerlo fermo, non può voler dire essere ciechi a tutto il resto. è anche una elementare questione di tattica: le contraddizioni reali sono quelle che decidono (lo diceva Lenin; se lo cita Zizek posso citarlo anch'io).

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