martedì 6 settembre 2011

Il Tarlo della Libia [Ennio Abate, marzo/settembre 2011]





Il Tarlo della Libia. Riflessioni e domande di un esodante
Ennio Abate


          […] Amici, davvero,
a chi sotto i piedi la terra non gli brucia al punto che paiameglio qualunque cosa piuttosto che rimanere, a colui io non ho nulla da dire». Così Gotama, il Budda.
Ma anche noi, che non più ci occupiamo dell’arte della pazienza
ma piuttosto dell’arte dell’impazienza, noi che tante proposte di natura terrena formuliamo, gli uomini scongiurando
a scuoter da sé i propri carnefici dal viso d’uomo, pensiamo che a quanti, di fronte ai bombardieri del capitale, già in volo, domandano e troppo a lungo, che ne pensiamo, come immaginiamo il futuro, e che ne sarà dei loro salvadanai e calzoni della domenica, dopo tanto sconvolgimento, noi non molto abbiamo da dire.
(B. Brecht, La parabola di Budda sulla casa in fiamme, in Poesie 1933-1956, p. 189)

Ricordo le discussioni quando Barack Obama e Hillary Rodham Clinton si contendevano la candidatura presidenziale. Alcune femministe invitavano ad appoggiare Hillary perché era donna, altre afroamericane invitavano ad appoggiare Obama perché era di colore. Il tempo ha dimostrato che lassù in alto non contano né il colore della pelle né il genere.

             (supMarcos, Terza Lettera a Don Luis Villoro nello scambio su Etica e Politica, luglio-agosto 2011)


Cari/e amici/che di Nazione Indiana,

circa sei mesi fa qualcuno s’illuse che la guerra in Libia sarebbe stata “lampo”.[1] (E l’Afghanistan? E l’Irak?). Ecchè - si diceva, si scriveva, anche su NI - «lasciamo che il rais bombardi quelli che lui chiama i  ribelli?». Si sospendano, orsù, «le questioni di principio». Tacciano i cacadubbi di turno pronti a ricordare che «i droni americani stanno facendo stragi quotidiane di civili in Afghanistan». Che patetici quelli che vedono negli insorti dei «pupazzi eterodiretti dal Capitale Globale o dai vertici del complotto demoplutopippoquiquoqua». E basta - si diceva, si scriveva - con ‘sto Valentino Parlato, deplorevole esempio di «una “sinistra” che sta sempre coi [dittatori] più deboli» (perché, invece, c’è da stare subito, senza se e senza ma, con quelli forti).

Riflettiamo. So che nessuno di voi avrebbe stretto la mano a Gheddafi neppure quand’era  stato pur riaccolto in cima, tra i Potenti. Ma ve la sentite, oggi, di  stringerla  ai “volenterosi” della NATO, a Sarkozy, a Camerun, a Frattini, a La Russa, allo stesso Obama,  che - premio Nobel per la pace - continua, pure lui, a fare la guerra (cioè ad ammazzare)?  Riflettiamo. Qui, per dirla tutta, non si chiude una guerra e già se ne apre un’altra e poi un’altra ancora. E in Libia, anche se stessimo assistendo al “declino di un tiranno” o se Gheddafi venisse catturato o ucciso (adesso anche tale ipotesi, fino ad ieri ipocritamente esclusa, passa per “normale”) o riuscisse ancora a resistere (finendo per apparire giustamente eroe tradito  e martire coraggioso) o persino a patteggiare il suo destino dopo il pollice verso dei suoi infidi amici, c’è un paese niente affatto liberato dal basso, ma devastato da una guerra “asimmetrica” (militarmente impari). In tutto il Nord Africa, poi, i vecchi regimi rottamati vengono sostituiti da altri politicamente non meno dubbi (a voler essere generosi)  dei precedenti, ma di sicuro più controllati dalla NATO.

Non potendo fermare questa ennesima guerra “democratica”, è comunque importante giudicarla. Distinguere se  i loro promotori e tifosi sono per noi (dirò più avanti su tale problematico pronome plurale) amici o nemici mi pare ancora essenziale. Anche se dovessimo  rimanere (a lungo o per sempre) dei servi, dei dominati (chiarisco: dagli Usa) o al massimo  dei sub-dominanti, è preferibile esserlo consapevolmente piuttosto che fingersi liberti. Perciò ho insistito affinché sul vostro sito si rompa il silenzio-assenso su questa guerra, divenuto  assoluto dopo  la benedizione (costituzionale?) del presidente della Repubblica. Alla quale si è aggiunta, con una improvvida e depistante equiparazione degli  “insorti” di Bengasi ai partigiani della nostra Resistenza,  quella (sorprendente)  di una intellighenzia (Rossanda, Farid Adly, altri), che pur viene dal secolo breve e l’ha studiato.
Oggi che almeno certe falsità  - le fosse comuni a Tripoli, i diecimila civili uccisi secondo Al Jazeera  in soli due giorni da Gheddafi all’inizio di una protesta pacifica in piazza, gli stupri di massa -  spacciate per verità dai giornali che contano, tutti quasi all’unisono favorevoli all’intervento “umanitario”, hanno perso vigore (purtroppo solo in settori minimi dell’opinione pubblica più critica); e si è chiarita l’inconsistenza  sia della “spontaneità della rivolta”  che dell’appoggio della popolazione ai “ribelli democratici”,  i quali nulla avrebbero combinato senza il massiccio intervento aereo e, al di fuori di ogni mandato ONU, persino terrestre della NATO, mi pare possibile e doveroso verificare il senso delle parole spese da tanti di noi su questo sito  nei 206 commenti  al post firmato da Antonio Sparzani Andiam, andiam, andiam a guerreggiar (19 marzo 2011)  e negli altri 52 scritti sotto il post La mia sconfitta, la nostra salvezza di Farid Adly (26 marzo 2011). Vi invito perciò oggi - inizi di settembre 2011 - che tutti sappiamo più cose a fare un bilancio a mente fredda. Vi sottopongo, dunque, un bel po’ di domande tra le tante possibili. Le ho raccolte per temi, formulandole ovviamente dal mio punto di vista. E chiedo a chi se la sente di riprendere, se possibile, la discussione.

1. Intervento sì, intervento no.

Si doveva intervenire? E chi doveva/poteva intervenire? I “chirurghi” a cui si sono affidati gli “insorti” erano affidabili (o della stessa “banda”)? Ammesso che si dovesse comunque  “far qualcosa”,   si è fatto quello che si era deciso di fare (portare cioè aiuto alla popolazione civile repressa dal “tiranno”)? O forse l’operazione, invece che a bravi “chirurghi”, rispettosi dei  valori della Democrazia e dei Diritti umani, è stata messa nelle mani di “falsi chirurghi” e costoro non solo non hanno rispettato le risoluzioni dell’ONU, che s’erano impegnati (certo, non per puro altruismo) ad attuare, ma hanno fatto di testa propria, mossi anzi da tutt’altre esigenze, definibili  - all’antica e volgarmente - colonialiste e/o imperialiste? Pare, poi, che siano intervenuti, ma non sappiano più cosa fare in Libia; e che, dopo aver bombardato comodamente dagli aerei per ogni dove (si parla di «20mila raid aerei dei quali 8mila di attacco con bombe e missili»), effettuino da tempo altre non previste operazioni di terra. Tra febbraio e marzo 2011 molti discettarono seriosamente di “no-fly zone”, di Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza. Quella Risoluzione - leggo - era,  di per sé, già una cancellazione dello Statuto dell'ONU, che ammette un intervento dall'esterno solo se un paese minaccia con le sue azioni la pace internazionale, mentre Gheddafi non lo stava facendo. Inoltre essa permetteva che venisse bombardato l’esercito di Gheddafi a vantaggio delle milizie degli “insorti” e stop. È stato rispettato questo mandato? O ancora una volta l’ONU ha svolto il bizzarro e umiliante ruolo di un arbitro che, dopo aver fischiato l’inizio della partita, s’addormenta e non vede più che i prepotenti giocano senza regole o con regole non pattuite? Qualcuno tra i tanti (intellettuali) “interventisti” (Omar Calabrese su http://www.alfabeta2.it/)  ha sostenuto che l’intervento militare in Libia «non lo si doveva fare nella maniera con cui, inizialmente ma forse anche adesso, le azioni si sono svolte». Mi dico: in quali occasioni una guerra è stata fatta come si doveva fare? I passati e indiscutibili atti di  macelleria, rinnovatisi orrendamente in tutte le “guerre lampo”, o i sistematici errori delle “bombe intelligenti” non bastano ad ammutolire certe bocche?

2. Informati o disinformati?

Solo pochi esempi. Alcuni hanno sostenuto che la Tv di stato libica (quella di Gheddafi), che ha mostrato scene di danni causati sui civili dai bombardamenti NATO, non è attendibile. Cosa dire allora di Al Jazeera, di cui ho riferito sopra? Mentisce Giulietto Chiesa quando in proposito afferma: «I 10 mila morti non c'erano e nessuno li ha mai visti, le fosse comuni lo stesso, i bombardamenti sui cortei della popolazione non c'erano. Ho lavorato su tutte le fonti disponibili e non ho trovato una sola immagine, una sola notizia attendibile. La notizia è stata data da Al Jazeera, ma era palesemente non credibile nel momento in cui è stata data. Perché dopo due giorni dall'inizio delle rivolte qualcuno doveva aver contato i 10 mila morti, e io vorrei sapere come si fa» (http://www.alternativa-politica.it/)? Altri dicono che tutto  sia partito da una spontanea protesta pacifica davanti ad un tribunale di Bengasi  e che «le forze dell’ordine hanno tentato di fermare le proteste, non con gas lacrimogeni, non con proiettili di gomma ma con proiettili di artiglieria pesante. I cellulari della polizia venivano utilizzati per schiacciare le persone. Come reazione la gente ha assalito i posti di polizia, hanno rubato le armi etc.. e si sono ribellati a 42 anni di dittatura sanguinaria. Civili contro l’esercito del dittatore» (http://www.alfabeta2.it/2011/07/24/ a-libia-e-il-pacifismo-a-orologeria/). Non  sono in grado di smentire tali affermazioni. Per valutarne la portata reale, però, esigerei che siano  esaminate  accanto a quelle che documentano una preparazione di “qualcosa” da parte di Stati Uniti, Francia e Inghilterra nei mesi precedenti l’intervento in Libia, come sostiene ancora Giulietto Chiesa: «Io ho una teoria, che merita di essere verificata. Su Megachip.info, il mio sito, ho pubblicato la notizia che francesi e inglesi si stavano da tempo esercitando militarmente in vista di un attacco da organizzare contro un paese che minacciava i loro interessi. Nessuno l'ha smentita. Secondo: si sapeva benissimo che in Cirenaica c'erano già gruppi armati paracadutati dai servizi segreti americani e britannici. Terzo: si sapeva benissimo che esisteva un governo provvisorio rappresentante la Cirenaica a Londra. Composto di persone i cui legami con i servizi americani e le fondazioni americani sono ben noti e accertati. A un certo punto si è deciso evidentemente che bisognava modificare gli equilibri all'interno del Nord Africa.» ( http://www.alternativa-politica.it/)? Stropicciatevi, dunque, gli occhi, giornalisti e intellettuali “interventisti”, che  all’inizio ci avete voluto  convincere della urgente necessità di «bombardare  il dittatore che bombarda il suo popolo» (tra l’altro, in quasi perfetta coincidenza con gli «italici festeggiamenti» per i 150 anni del Risorgimento).  Dovessimo  fermarci un attimo alla sola  aritmetica dei morti, diteci oggi: perché anche la NATO s’è messa a bombardare civili libici? E  quanti morti, feriti, menomati ha prodotto in questi sei mesi? E quanti ne ha fatti (mettiamo pure in tutta la sua  carriera) Gheddafi?

3. La geopolitica: da snobbare?

Agli snob, che storcono il naso davanti alla geopolitica (perché noiosa, perché raffredda i facili entusiasmi per le masse in rivolta, perché presuppone l’invarianza del lato  aggressivo dell’homo homini lupus e della razionalità calcolatrice degli apparati di Stato),  si dovrà pur far notare che certe teorie apparentemente complottiste non siano affatto tali, se poi sul pianeta si susseguono eventi micidiali come attentati, colpi di stato, eliminazioni con droni di “terroristi” ,  scandali ad orologeria per far fuori avversari politici scomodi. Qualcuno (singoli pazzi?) pur  appronterà meticolosamente questi gesti. O vogliamo semplificare la storia, riducendola allo scontro cinematografico del Bene  contro il Male, di ribelli  alla Robin Hood contro tiranni obbligatoriamente sadici, paranoici e  perversi? Che certi “normali” tiranni improvvisamente diventino più tiranni, mentre altri proseguano indisturbati la loro noiosa carriera, che certi Stati vengano d’un tratto stigmatizzati  come “stati-canaglie” da chi, a Washington, ha il bollo per  farlo (e quando serve a lui e non all’Umanità, alla Democrazia, alla Civiltà), rivela o no che la politica  è  faccenda tremenda e oscura e niente affatto trasparente? E che non è facile spiattellarla  sotto il naso della cosiddetta “società civile”, la quale grazie alla sua innata “partecipazione democratica”, l’annuserebbe e prenderebbe “democraticamente” le decisioni che i capi di Stato rispetterebbero? Far notare che  «Libia e Siria, oltre alla Giordania a dire il vero, sono gli unici due paesi del Mediterraneo che non erano ancora integrati nel sistema militare di difesa della NATO» (http://www.alternativa-politica.it/)  può suggerire o no cosa ci aspetta nei prossimi mesi  o anni? E  l’idea che gli Usa, più che impantanarsi in Libia per il piacere di stare nel pantano (e magari contemporaneamente in vari pantani: in Somalia, in Pakistan, nello Yemen, in Siria, in Libano e addirittura in Iran), abbiano adottato una nuova strategia, per cui «se non posso più tenere sottomessa una regione strategica devo cercare di fare in modo che nessun altro possa impiantarvi la propria egemonia. E per far ciò devo creare il caos.»(P. Pagliani su http://www.megachipdue.info/tematiche/guerra-e-verita/5970-lesportazione-del-caos-imperiale-.html ) faremmo bene a rimuginarcela un po’ nella capoccia o è fastidiosa propaganda paranoica?

4. Che democrazia è questa se…

In Italia (e non solo) si è così assuefatti all’idea che la  Democrazia - in primis quella degli USA -  sia, malgrado i suoi limiti, il regime migliore, che neppure ci si allarma più (in particolare dalla Guerra del Golfo del 1990) quando i “democratici” cominciano ad esportarla continuamente mediante guerre travestite da  operazioni “umanitarie”. Una volta i “sinceri democratici” erano talmente sinceri da  criticare  pure la Democrazia. Poi non più. Sempre più spesso io, che mi ero formato sulla critica della Democrazia esistente, mi chiedo: Che ci faccio, ora che la Democrazia è Pensiero Unico, in mezzo a tutti ‘sti  “sinceri democratici” sempre più o assopiti o fanatici, o disincantati o ringhiosi,  i quali vogliono che ad Essa mi rassegni, tanto il Comunismo è fallito (vero…) e, non accettandoLa (assieme alle guerre “umanitarie”), si rischia Il Peggio? Che posso fare? Esodare, appunto! E già sento qualcuno che dice: E allora  che ci fai su Nazione Indiana, un sito certamente frequentato da “sinceri democratici”? Se non ti va la Democrazia,  alla larga! Esoda e basta! Eh, no! - controbatto - perché c’è Il Tarlo (della Libia). Lo sento io e lo possono sentire pure i “sinceri democratici” (e chissà quanti altri). Anche durante i bombardamenti fatti dagli eserciti democratici? Sì, sì. Ssst! Parla e dice:  E se la Democrazia si fosse ridotta a “oppio dei popoli”? E se il nemico della Democrazia  fosse innanzitutto in mezzo a voi o addirittura alla vostra testa.  E se fosse  in cima al Paese Liberatore per eccellenza che ammirate di più?  Al Paese, cioè,  che ha forgiato con lagrime e sangue, senza farle poi  più vedere,  il suo potere e il più alto grado di civiltà (capitalistica) comunque raggiunto dall’umanità?  (Dice  qualcosa la guerra civile americana del 1861-65? lo sterminio dei pellirosse? lo sganciamento  dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki?). E  se non vi apparisse  nemico perché è attorniato, sostenuto, applaudito, in tutti i Paesi suoi alleati subordinati, non solo da giornalisti schiettamente cortigiani e venduti, ma da grandi intellettuali, scienziati, economisti, romanzieri, registi, attori, cantanti, ai quali  vi sentite legati? E se  questo Paese Liberatore per eccellenza lo rispettaste non tanto perché perbene e modello del vostro stile di vita, non Tanto perché condividiate con lui la medesima religione della Democrazia e dei Diritti dell’Uomo, ma soprattutto  (non osate dirvelo? ve lo dice però Il Tarlo nel fondo buio di qualche nottata insonne) perché è soltanto il più forte e il più ricco, non il più ragionevole o civile o saggio? (E essere il più forte e il più ricco  significa essere anche il più pronto a liquidare con le maniere spicce e sporche  di sempre - da Caino a Guatanamo - chi tenta di scalzarlo dal suo piedistallo,  il più abile nel pentirsi dopo aver assassinato, il più deciso a giurare sulla Bibbia e sulle Sacre Carte della Democrazia e dei Diritti Universali dell’Uomo e, perciò, anche il più audace  e deciso nell’andare contro la Democrazia e i Diritti dell’Uomo). E se -  sempre Il Tarlo! - vivere in questa  traballante e claudicante democrazia,  brutta copia ormai di quella, peraltro mitizzata, dell’antica polis, e godere dei suoi vantaggi metropolitani comportasse - inevitabilmente, necessariamente - fare la guerra (commerciale, ideologica, militare) contro altri Stati più o meno a turno “canaglie” (o comunque “inferiori”), come dal 1990 in poi  sta accadendo in Irak, Afghanistan e ora in Libia e domani forse  in Iran o in America Latina, e dopodomani ,secondo seri studiosi,  in Cina o in Russia? Se  comportasse, cioè, che voi “sinceri democratici” doveste essere - civilmente, democraticamente - cannibali (Lu Hsun) e ammirare ed  esaltarvi alla Tv  davanti alle performance degli Oscar del cannibalismo  globale e locale (commerciale, militare, coloniale, sessuale, intellettuale, estetico)? E se mantenere la Democrazia e il benessere democratico per i propri figli e nipoti e concittadini, comportasse trasmettere  in segreto (ma sempre democraticamente, eh!) ad  alcuni corpi specializzati e ben selezionati il mestiere attivo del cannibale  e costringere  ceti medi e popolo ad essere servitori zelanti dei cannibali più autorevoli, a rispettarli, a  chiamarli Mr. Lamb invece che Mr.Wolf?  (Questione che in Occidente si risolve ancora con le buone, cioè con più TV e società dello  spettacolo e  camere di tortura meno in vista, mentre  negli “stati-canaglie”  e arretrati vige un cannibalismo “antidemocratico”, “tirannico”, “dittatoriale”, “totalitario” con meno TV e società dello  spettacolo e, dunque,  con  più camere di tortura di stile dozzinale ed eserciti che sparano a vista appena usciti dalle caserme).

6. Noi. Chi siamo noi oggi?

Oh, ma Il Tarlo non la smette! Dopo aver fatto la predica ai “sinceri democratici”, continua a farla anche agli esodanti come me e a quei noi, simili a me, non rassegnati  all’esistente democratico e che -  inquieti, utopici, carbonari, donchisciotteschi, estremi, radicali, borderline - vorrebbero  ancora “fare qualcosa”, “cambiare il mondo”, “fare una rivoluzione”. E in blog, siti, riviste, fanzine, scrivono manifesti più o meno fuori riga e gridati, che cominciano all’ingrosso così: noi popolo; noi  classe operaia; noi intellettuali; noi giovani; noi donne (e femministe); noi omosessuali; e ora, persino,  noi sessantenni (http://www.alfabeta2.it/2011/08/22/manifesto-per-i-sessantenni/). E a loro e a me Il Tarlo dice: Quando rifletterete meglio sulla consistenza effettiva di questo noi, di  questo pronome plurale, che dite Soggetto? È davvero un noi? O un io-noi ? O ancora più io che noi? E se foste fuori gioco, masse di manovra, che - entusiasticamente, invidiosamente, narcisisticamente, artisticamente - si parlano e si scrivono addosso?  E se tutto questo parlare fosse chiacchiera,  rumore di fondo (come appare all’occhio clinico e cinico dei capi di stato, dei generali, dei banchieri, dei politici, dei manager)? E se non aveste più , come diceva il vecchio comunista B. Brecht il difetto di pensare?  E se i pensierini che producete si ponessero - spontaneamente,  automaticamente, istintivamente,  liberamente,  logicamente - dalla parte dei più forti e più ricchi, pur snobbandoli a ogni più sospinto?  E se solo pochissimi pensieri (da Tarlo!) vi ponessero  - un secondo, due secondi, faticosamente,  anormalmente - di fronte alla orrida Realtà? E  se nessuna rivoluzione fosse più possibile? E ai venti di guerra nulla più potessero opporre  i pacifisti veri e finti, i politici di destra o di sinistra, i grandi e i piccoli statisti, chini tutti dinanzi al Paese Liberatore per eccellenza (come hanno dimostrato, in occasione di questa ennesima guerra in Libia, l’Italia, la Russia, la Cina, la Turchia, l’Iran stesso, per calcolo, per tattica, per salvare affari, per preparare nuovi piani e, appena possibile, nuove guerre anche loro)?  E se  i movimenti -  gli indignados, i riots  inglesi,  le “primavere arabe” - non riuscissero mai più a farsi indipendenti e rivoluzione vera? E fossero schiuma di onde,  tsunami deboli, che si sollevano  ma mai sommergono  gli eserciti, i burocrati, i poteri occulti, le banche che dovrebbe sommergere? E se non dovesse più spezzarsi la gabbia d’acciaio, in cui la maledetta storia   ha rinchiuso  questa umanità mezzo disumana, questa civiltà sempre in fondo semibarbara?  Volete una buona volta chiedervi che fare? che non sia  aspettare un Dio che vi salverà,  un Capo che vi guiderà? E, se solo poteste usare la parola  su un blog, un sito, un giornale, una rivista, in un partito politico, in una facoltà universitaria, un laboratorio di ricerca, volete chiedervi come usarla al meglio, come non sprecarla, privatizzarla,  agitarla in un bicchier d’acqua, farne scolastica, commercializzarla,  lasciarla appesa come una cetra a uno dei Grandi Miti (a piacimento della Tradizione antica, moderna, della neoavanguardia, del postmoderno? Ammesso che possiate o dobbiate ancora scrivere  sulla sabbia di questa Democrazia…

3 settembre 2011


[1] Da un commento: «non appena – spero tra poche ore – saranno cessati i combattimenti e il rais si sarà in qualche modo levato dai coglioni».  


Nessun commento:

Posta un commento