martedì 10 maggio 2011

A proposito del Libro Rosso di C.G.Jung [Bruno Meroni, Milano]



La recente pubblicazione del Libro Rosso di Jung ha suscitato, in colleghi che non hanno dimestichezza col pensiero di Jung, perplessità e sconcerto. Non manca chi lo ha sbrigativamente classificato come la manifesta attestazione di una personalità psicotica. Spero che un minimo contributo, fatto di poche citazioni junghiane, possa in qualche modo suscitare un desiderio di approfondimento.  
Bruno Meroni, maggio 2011 


A proposito del Libro Rosso di C.G.Jung

     Come è noto, Jung aveva disposto che il libro non fosse pubblicato: avvertiva che avrebbe potuto creare sconcerto e diffidenza. La dedizione dedicata alla stesura di ogni singola pagina, paragonabile a quella di un monaco amanuense medievale, appare ispirata da un senso di religiosità che si può comprendere solo attraverso la lettura dei suoi scritti.
     Per potere dare alle immagini la maggiore aderenza possibile rispetto a come le aveva vissute, Jung aveva preso lezioni di acquerello: era tuttavia una dedizione mirata a se stesso. Jung era consapevole che l’evocazione del numinoso attraverso l’immaginazione attiva, assieme alla ridondanza e all’enfasi della scrittura gotica e delle visioni che si alternano nel Libro Rosso, avrebbero destato imbarazzo e distanza a occhi estranei alle sue esperienze. Gli era chiaro che evocare le forme di una religiosità così lontana nel tempo sarebbe potuto risultare, a dir poco, disturbante. Per questo aveva considerato empio dare alle stampe cose che erano accadute nella sua più intima vita immaginale. 

<< Annotai le mie fantasie come meglio potevo, e feci un serio sforzo per analizzare le condizioni psichiche in cui erano sorte; ma mi riuscì di farlo solo con un linguaggio approssimativo. Per prima cosa esponevo le fantasie come le avevo osservate, di solito con un “linguaggio elevato”, perché questo corrisponde allo stile degli archetipi. Gli archetipi parlano un linguaggio patetico e persino ampolloso. E’ uno stile che mi riesce fastidioso e mi dà ai nervi, come quando qualcuno sfrega le unghie su un intonaco o il coltello su un piatto[…] (C.G.Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, pag.220, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1978)

<<L’apparizione psichica dello spirito denota senz’altro la sua natura di archetipo; il fenomeno che si chiama spirito si fonda sull’esistenza di un’immagine primordiale autonoma che, preconscia, è universalmente presente nella costituzione della psiche umana. Come sempre, mi sono imbattuto in questo problema studiando i miei pazienti, e precisamente indagando i loro sogni, Mi ha innanzitutto colpito che una certa forma di complesso paterno abbia un carattere, per così dire “spirituale”: nel senso che dall’immagine del padre provengono affermazioni, atti, impulsi, opinioni ecc. ai quali non si può certo negare l’attributo di “spirituale”. Un complesso paterno positivo conduce spesso gli uomini a una certa fede nella autorità e a una spiccata tendenza alla sottomissione a tutti i valori e precetti spirituali; le donne, ad aspirazioni e interessi spirituali particolarmente vivaci. Nei sogni è da una figura di padre che provengono decisive persuasioni, proibizioni, consigli, quindi è per lo più la figura di un vecchio che simboleggia il fattore spirito. Talvolta questa parte è sostenuta da “ un vero e proprio” spirito, quello di un morto. Più raramente, a significare lo spirito sono figure grottesche simili a gnomi o animali sapienti e parlanti >>. (C.G.Jung, Fenomenologia dello spirito nella fiaba, pag. 208, Opere vol. IX*, Boringhieri, Torino 1980)

    Il buon senso quotidiano, il senso comune, la scienza quale concentrato di senso comune ci accompagnano per un buon tratto, ma mai oltre la pietra miliare della più banale realtà e della media normalità. Essi non danno risposta alcuna al problema della sofferenza psichica e del suo più profondo significato. La psiconevrosi è in ultima analisi una sofferenza della psiche che non ha trovato il proprio significato. Ma dalla sofferenza della psiche deriva ogni creazione spirituale e ogni progresso dell’uomo spirituale; la sofferenza è dovuta al ristagno spirituale, alla sterilità psichica. [Il significato spirituale] è questo che il malato domanda […] Il malato cerca qualcosa che si impadronisca di lui e dia una forma ricca di significato allo scompiglio della sua psiche nevrotica >>. (C.G.Jung, Relazione tenuta alla conferenza pastorale alsaziana a Strasburgo, in: Rapporti della psicoterapia con la cura d’anime, Opere vol. XI, pag 314, Boringhieri, Torino 1979)

     <<Sono molti i pazienti colti che rifiutano categoricamente di andare dal religioso. Dei filosofi poi non vogliono nemmeno sentir parlare, perché la storia della filosofia li lascia freddi e l’intellettualismo è per loro più arido del deserto. E dove sono i grandi saggi, che non si limitano a parlare del significato della vita e del mondo, ma lo possiedono davvero? Non è assolutamente possibile escogitare sistemi e verità capaci di dare al malato quello di cui ha bisogno per vivere, cioè fede, speranza, amore e conoscenza. Queste quattro massime acquisizioni, meta del desiderio umano, sono altrettante grazie che non si possono né insegnare, né apprendere, né dare né prendere, né trattenere, né meritare perché sono legate a una condizione irrazionale, sottratta all’arbitrio umano, cioè all’esperienza. Ma le esperienze non si possono mai “fare”: accadono; […]>>. Op. cit, pagg. 314,315

    <<Negli ultimi trent’anni una clientela proveniente da tutti i paesi civili della terra è venuta a consultarmi: mi sono passate per le mani molte centinaia di pazienti. […] Fra tutti questi pazienti al di sopra della mezza età, cioè al di sopra dei trentacinque anni, non ce n’è stato uno il cui problema sostanziale non fosse quello del suo atteggiamento religioso. In definitiva tutti si ammalano perché hanno perduto ciò che le religioni vive di tutti i tempi hanno dato ai loro fedeli; e nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso. Naturalmente questo non ha nulla a che vedere con la confessione di una fede o l’appartenenza a una chiesa >>. Op. cit.,pag 317

(N.B. Il Dr. Meroni è un analista junghiano, socio del Centro Italiano di Psicologia Analitica, con una lunga pratica terapeutica, e autore di parecchie opere importanti.)




1 commento:

  1. A Tenzin Nanette Miles e Marina Nardi piace questo elemento.
    Giacomo Conserva thanks marina (scriverò anch'io prossimamente qualcosa sull'argomento)
    10 maggio alle ore 9.09 · Mi piace

    Tenzin Nanette Miles I like Jung more than most Western Psycs. because he gave credit to the East. So often when I read others, I think to myself, "that is Eastern philosophy!...where is the cite"? Also, as a Buddhist monastic, I really appreciated my Jungian friend. He knew my culture well, and the drama of being a "leader."
    13 maggio alle ore 5.29 · Mi piace
    Giacomo Conserva I found out two or three days ago that an old friend of mine- of whom I'd heard nothing for 30 years (really)- is the managind director of the most important Buddhist center in Italy (Pomaia, Tuscany). He had been on a very different wavelength once upon a time (like so many of us).
    13 maggio alle ore 19.49 · Mi piace · 1 persona
    Giacomo Conserva It was a strange and tender discovery
    13 maggio alle ore 19.50 · Mi piace

    Tenzin Nanette Miles About 10 years ago I considered moving to that center. They have a type of Buddhist college, teaching a Lam Rim, a Gradual Path to Enlightenment. Good cognitive approach to development.

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