giovedì 21 aprile 2011

Leonardo Montecchi "Tesi di prevenzione, I e II" [2004]

[grazie a Leonardo M. per il permesso di riprendere questo testo dal sito del Centro José Bleger, http://www.bleger.org/]

 

 Va-t’en,qui que tu sois;
ne me prends pas par les épaules
Isidore Ducasse conte di Lautreamont
I canti di Maldoror)

Queste tesi sulla prevenzione si sono trasformate in uno scritto grazie ad un processo di catalizzazione e precipitazione d’immagini, emozioni, storie vissute, attraversamenti e contaminazioni multiple. E’, come sempre, l’immaginario ad essere in questione: l’immagine del liceo di Colombine che troviamo in Elefant di Gus Van Sant. Quelle traiettorie in un acceleratore di particelle vitali ci mostrano, nella microfisica elementare, la mutazione antropologica caratterizzata dai significati immaginari sociali della società che si sta istituendo nella contemporaneità. Una società in cui la dimensione individuale assoluta è un significato immaginario sociale centrale. Proviamo dunque a chiarire questo primo passaggio.

La vita quotidiana

La nostra vita quotidiana ci si presenta come naturale e tendenzialmente separata dal piano storico sociale dei “grandi avvenimenti”. Nella vita quotidiana tutto scorre secondo un ritmo lento, ripetitivo o routinario, funzioni elementari, abitudini, credenze. Per la vita quotidiana c’è anche un abito mentale, uno stato di coscienza ordinario.
Anche questo stato di coscienza ha le sue colonne d’Ercole: la sera prima di addormentarsi quando il mondo che ci circonda si sfarina in una molteplicità di istanti totalmente incompatibili fra loro quando, come ci dice Proust, siamo sulla poltrona di casa e contemporaneamente nella casa della zia di fronte a quel vecchio quadro che ci fa tanta paura per questo fuggiamo accalorati dal cane nero che ci insegue mentre la nostra mano è toccata dalla fiamma del camino in cui stiamo mettendo un pezzo di legno perché il fuoco va alimentato.
Ma, queste dissociazioni, queste nuance dell’io, non sono solamente crepuscolari, appartengono ad una quantità di istanti in cui il piano di coscienza ordinario incontra dei varchi inattesi dove si rende evidente un’alterità. Alcuni di questi varchi: lapsus, dimenticanze, sbadataggini, atti mancati sono stati studiati da Sigmund Freud che li ha definiti come “piccole perturbazioni funzionali della vita quotidiana”, crepe da cui emerge l’inconscio.
Lasciamo per ora questa alterità e ritorniamo alla vita quotidiana e alla sua coscienza, pensiamo a quella coscienza o questa, se volete, e dunque anche ai significati che la sorreggono. Questa coscienza, un po’ come un edificio, si fonda su significati condivisi. Qui sorge un primo problema che sarà oggetto della nostra discussione. Se dobbiamo parlare di significati condivisi dobbiamo mettere in questione la naturalità della coscienza “ordinaria” perché, se i significati fossero evidenti, non sarebbe necessario introdurre la condivisione invece, aimè, un significato non è evidente, ha una relazione con una cosa e questa cosa non è immediatamente significativa per tutti e ovunque. Dunque la cosa può avere o non avere un significato o meglio può avere un significato ma anche un altro.
Ricordate lo zio matto in Amarcord? Per lui i sassi erano significativi e li teneva in tasca, per gli altri non avevano alcun significato anzi lo zio, con quella sua mania di dare significato a cose che non l’avevano diventava pure lui una “cosa significativa” diventava “il matto”. Cioè chi non condivide il significato delle cose, di alcune o molte. Il matto, così, è chi per un motivo o per l’altro non condividendo il significato delle cose fuoriesce dallo stato di coscienza quotidiano.

Il logocentrismo

Torniamo ancora a questo punto di analisi per cominciare a distinguere fra cose e parole e dunque anche fra il mondo delle cose, la dove le cose hanno significato in se e per se, e il mondo delle parole che si riferiscono alle cose. Questo mondo, il mondo delle parole, è stato spesso identificato come il mondo specifico dell’essere umano, come se l’essere umano si riducesse al mondo delle parole, come se la parola fosse l’essenziale dell’umano. Di qui la critica al logocentrismo che fa Jaques Derrida. Non sono le parole a fare gli uomini ma gli uomini a fare le parole. Il linguaggio parlato è solamente una delle innumerevoli forme della comunicazione, non c’è nessuna struttura originaria della lingua, il linguaggio parlato non è il codice dei codici di qualsiasi comunicazione. Smettiamo di attardarci su questa illusione.
Eppure la coscienza quotidiana è dominata da questo significato immaginario sociale: il linguaggio, la parola è l’essenza dell’essere umano l’uomo è l’animale parlante. E il muto? E’ un uomo difettoso, un minorato. Ma se ci fosse una mutazione e la comunicazione avvenisse con gli odori? Non ci sarebbero più uomini? Questa concezione logocentrica provoca problemi nella vita quotidiana, non si può più sostenere un’antropologia che ha come significato immaginario sociale centrale la parola, la coscienza che si basa su questo pilastro è circoscritta e limitata ed il suo dominio impedisce l’accesso ad altri stati di coscienza che comunicano con forme differenti dalla parola. Insomma, da questo punto di vista il logocentrismo è un handicap, un ostacolo all’allargamento dell’area della coscienza.
Ma torniamo per un momento al mondo logocentrico: questo mondo ci si presenta come l’universo tolemaico, un mondo che ha il suo centro nella terra e non nel sole. Come i pianeti giravano attorno alla terra costituendo i diversi cieli fino al cielo delle stelle fisse e tutti questi cieli si muovevano ed erano mossi
Sì come rota ch’egualmente è mossa (Dante Paradiso canto XXXIII)
Nel mondo della parola tutti i significati girano attorno alla centralità del logos come se il logos avesse un fondamento metafisico a priori, a prescindere dalle condizioni di esistenza nel mondo. Il logos è il linguaggio parlato, non è il monolite di 2001 Odissea nello spazio di Kubrik. E’ una forma di comunicazione, non La comunicazione per eccellenza. Quanta comunicazione c’è in uno sguardo, in una carezza,in un odore,in un sapore? Questo non significa che non si comunichi con le parole ma che le parole sono un caso, un aspetto particolare, della comunicazione non il centro.

I significali sociali immaginari

Se spingiamo la nostra analisi in questa direzione possiamo scoprire che le diverse società umane, non so per le società che siamo abituati a definire animali,si istituiscono come sostiene Cornelius Castoriadis instaurando significati sociali immaginari. Non con il logos ma con il mytos. Perché immaginari? Perché la relazione che si instaura con una cosa ed una parola non è data, non è a priori “in mente dei”. Questa relazione è un atto creativo è una produzione: una poiesis. Anche Giovan Battista Vico parlava di momento poetico per l’istituzione di significati sociali e ci diceva che “La sapienza poetica, che fu la prima sapienza della gentilità,dovette incominciare da una metafisica,non ragionata ed astratta qual è questa or degli addottrinati,ma sentita ed immaginata quale dovett’essere di tali primi uomini,siccome quelli ch’erano di niuno raziocinio e tutti robusti sensi e vigorosissime fantasie…”(G. B. Vico Della Metafisica Poetica paragrafo 1)
La citazione di Vico ci permette di introdurre l’immaginazione cioè la facoltà di creare cose, facoltà che gli antichi chiamavano anche fantasia. Questa facoltà produce immagini anche senza nessun riferimento a cose, non è legata alla raffigurazione o alla rappresentazione della realtà può utilizzare elementi provenienti dalla sensazione e dalla percezione ma e qui è il punto importante può produrre immagini attingendo esclusivamente a se :
“alla stessa materia di cui sono fatti i sogni”.(Shakespeare: La tempesta)
L’immaginario è una continua produzione desiderante e non ha nulla a che fare con l’immagine speculare di cui parla Jaques Lacan quando si riferisce allo stadio dello specchio, cioè al momento in cui il bambino si riconosce nella propria immagine riflessa.
L’immaginario non è quell’io colto nello specchio, non è un’alienazione, non ha nulla a che fare con l’io, la produzione dell’immagine non ha nulla a che vedere con l’ottica, non obbedisce a nessuna legge anzi la legge è un’immagine, le matematiche sono immaginarie e l’infinito immaginario contiene qualsiasi infinito matematico. Le produzioni dell’immaginario sono “cose” che divengono mondi possibili, come l’alam al-mithal “Il mondo delle analogie” o l’alam al-kayal “il mondo dell’immaginazione” degli autori sufi. Sono molteplici e innumerevoli i mondi,che l’immaginario costituisce e pone come reali.
Castoriadis distingue due immaginari:
un immaginario radicale: il vulcano che erutta il “magma” di significati.
Un magma è un flusso caldo di significati non strutturati,mutevoli,è la fonte delle significazioni,da questo magma emergono le immagini, le cose che fondano significativamente l’essere sociale.
Forse Empedocle cercava questo magma tuffandosi nell’Etna.
(..) e ti getti nelle fiamme
dell’Etna con un brivido di voglia (F.Holderlin: Empedocle)
Da questo immaginario magmatico, per precipitazione, derivano i significati immaginari sociali che istituiscono una data società. Questo è l’immaginario sociale, un’epifania dell’immaginario radicale, una cristallizzazione di alcuni significati del magma. L’immaginario sociale non può spegnere il vulcano, tuttavia i significati si raffreddano ed il flusso si divide in forme stabili permettendo la costruzione di uno storico sociale caratterizzato da istituzioni del dire: i linguaggi significativi, e da istituzioni del fare:le tecniche strumentali. L’istituzione di questi storico sociali è la condizione per l’istituzione dei soggetti che abitano questi storico sociali determinati.
Il soggetto, i soggetti sono fabbricati, come le armi, nell’officina di Efesto che forgia le catene significati legandole ai significati immaginari sociali centrali per quello storico sociale determinato.
Dunque l’immaginario sociale è storicamente determinato e si definisce attorno a significati centrali. I soggetti che abitano quello storicosociale sono fabbricati dalla trama di significati immaginari centrali e si relazionano fra loro tramite un certo logos e una certa tecne.

Il codice semiotico

Come un brogliaccio assegna le parti nella commedia dell’arte così i significati immaginari centrali producono i ruoli e le funzioni di uno storico sociale, di quello storico sociale ma anche di questo storico sociale che stiamo vivendo.
I significati immaginari non sono legati a nessun referente, non c’è nessun “oggetto reale” che dovrebbe riferirsi a significati come Dio, bene,ecc. Ogni storico sociale declina questi ed altri significati immaginari secondo un proprio codice.
Sulla base di questo codice si realizza una certa semiotica cioè un legame sensato fra segni e significati, posto che esista fra il segno e l’oggetto dinamico una relazione, che C. S. Peirce definisce, di tipo indicale, iconico e simbolico.
L’indice indica l’oggetto cui si riferisce, l’icona ha un rapporto di somiglianza,mentre il simbolo ha una relazione arbitraria. I significanti immaginari sociali sono o meglio possono essere, interpretazioni di un interpretante in una certa semiosi. Per Peirce la semiosi è illimitata, cioè non vi è un termine certo e definitivo alla produzione di significati, l’interpretante a sua volta diventerà segno di un nuovo interpretante e così via attorno all’oggetto dinamico in una continua produzione di significati.
Si può dire che una certa semiosi ritaglia una modo di interpretazione di significati e che quel modo è un codice che permette il funzionamento sensato delle relazioni sociali. Esemplificando ulteriormente: un codice semiotico permette la comprensione fra i soggetti che utilizzano quel codice. In senso stretto un codice linguistico permette la comprensione degli enunciati agli utenti che lo conoscono e che sono definiti come emittenti o riceventi dei messaggi. Il codice è sempre performativo perché modella secondo i canali predefiniti l’emittente e il ricevente.
Cioè le funzioni di questi soggetti: il soggetto che emette enunciati ed il soggetto che riceve gli enunciati sono costruiti, fabbricati o meglio istituiti dal codice che si sta utilizzando, se questi soggetti non rispettano le condizioni di uso,cioè non si adeguano all’ordine performativo, non possono comunicare o comunicano in modo difettoso. Naturalmente secondo il codice che utilizzano o vorrebbero utilizzare: Il codice istituito della semiosi istituita.
Comincia ad apparire chiaro che istituire una certa semiosi è una limitazione, è una codifica circoscritta delle relazioni significative fra segni e oggetti. Le cose in se e per se possono avere una relazione arbitraria con altre cose in se e per se. Ricordiamo che per Peirce un segno è un oggetto che sta al posto di un altro, “rappresenta” un altro oggetto, questa relazione arbitraria dell’”oggetto dinamico”, della “cosa in se e per se” con un’alta “cosa in se e per se”, che Peirce definisce segno è posta dall’interpretante.
E’ l’interpretante che immagina il segno, cioè istituisce, per esempio, una relazione arbitraria fra un certo volo degli uccelli e un significato. Questo significato immaginario è stato istituito nella società storicamente definita etrusca e l’interprete di quel significato immaginario sociale è un soggetto fabbricato ad hoc per quella competenza e cioè l’aruspice. Non c’è aruspice al di fuori di quel significato immaginario sociale di quello storico sociale istituito.

Stati di coscienza

Dunque, riprendiamo il nostro discorso: lo stato di coscienza ordinario si basa sulla condivisione di significati immaginari sociali che istituiscono lo “storicosociale” in cui si svolge il “dramma” della vita quotidiana. Questi significati trascendono il soggetto, perché lo fabbricano così come fabbricano gli altri soggetti come personaggi o ruoli della “commedia umana” quotidiana.
Erving Goffman termina il suo studio su “La vita quotidiana come rappresentazione” con queste interessanti considerazioni:
“In questo studio l’individuo è stato implicitamente diviso in due parti fondamentali: è stato considerato come un attore, un affaticato fabbricante di impressioni, immerso nel fin troppo umano compito di mettere in scena una rappresentazione,ed è stato considerato come un personaggio, una figura per definizione dotata di un carattere positivo,il cui spirito,forza ed altre qualità eccezionali debbono essere evocati dalla rappresentazione.
Gli attributi dell’attore e quelli di un personaggio sono di ordine diverso, e anche in modo fondamentale: comunque ambedue posseggono un significato in relazione allo spettacolo che deve continuare” (pag 288).
Questi personaggi, che gli attori rappresentano portano con se i significati immaginari che istituiscono la società storica determinata in cui si svolge quello “spettacolo che deve continuare” Ma in questa commedia umana a volte è messa in scena la totale perdita di significato:
“Hamm. Siamo noi che ringraziamo. (pausa. Clov si avvia alla porta). Ancora una cosa. (Clov si ferma). Un ultima grazia. (Clov esce) Nascondimi sotto il lenzuolo. (Lunga pausa) No? Pazienza (Pausa). Tocca a me (Pausa). La mossa. Giocare. (Pausa. Stancamente) Vecchio finale di partita persa, finito di perdere (Pausa. ecc.)."
Samuel Bekett: Finale di partita
Finisce la partita, la partita è persa.
I significati immaginari sociali si dissolvono,crollano i pilastri del cielo, i personaggi non hanno più forza, sono mutati, il corpo degli attori deve disciplinarsi a questo copione difettoso, la comunicazione è assurda. Questo mondo in disfacimento fabbrica soggetti intermittenti che colano come i ritratti di Francis Bacon, fa emergere oggetti liquidi come gli orologi di Dalì.
La vita quotidiana è attraversata da varchi imponenti che immettono in dimensioni diverse dai significati immaginari sociali che hanno fondato il secolo novecento ed hanno permesso la sua rappresentazione agli attori.
Nelle routines si è inserita una dimensione virtuale che si è caratterizzata per la materializzazione di immagini e la diffusione planetaria della sfera interconnessa dei mezzi di comunicazione di massa. Questa infosfrera raccoglie immagini in movimento. Si tratta di una mutazione importante non solo per il piano storico sociale o piano di consistenza ma anche per l’immaginario. Infatti il magma di significati dell’immaginario radicale è per così dire raffreddato da varie molteplicità di figure mobili che non sono evocate da un supporto biologico e da una narrazione analogica ma stanno li, come nuove cose in se e per se. Come manufatti che, a differenza delle immagini dipinte su un supporto materiale o di statue “estratte” dal marmo o dal travertino o da qualsiasi altro supporto, a differenza di immagini impresse su lastre dalla luce, fotografie che sembrano giustificare l’immaginario speculare lacaniano, a differenza di tutto ciò si permettono di muoversi grazie alla tecnica che permette il loro deposito in memorie magnetiche e la loro evocazione grazie a cervelli al silicio. Gli schermi, su cui si muovono e parlano queste immagini, evidenziano un mondo immaginario,di più, visualizzano questa dimensione aprendo un varco fra il piano di consistenza ed il piano immaginario.
L’ingresso nel mondo della vita quotidiana di una routine che apre un canale di comunicazione con l’immaginario istituisce un’antropologia dello storico sociale contemporaneo. Questa antropologia prevede uno stato di coscienza ipnoide all’interno della vita quotidiana, cioè, lo stato modificato di coscienza caratterizzato dalla visione del televisore in poltrona non è più tipico di una situazione spettacolare esterna e separata dalla vita quotidiana come ad esempio il cinema.
Infatti “si va” al cinema, il cinema è un edificio che contiene una sala con un grande schermo ecc ecc.. Non è possibile avere il cinema nella quotidianità, solo i regnanti o i grandi ricchi hanno una sala cinematografica per se.
Il cinema favorisce le identificazioni con le star, e per questo motivo è nato un nuovo olimpo con nuovi dei. In questo Olimpo del novecento si sono prodotte per la prima volta le “immagini in movimento” della dea della bellezza, del dio della guerra ecc. Venere, soprattutto, ma anche Marte hanno assunto il volto di attori che hanno popolato un immaginario sociale che ha travalicato i confini degli stati nazionali e ha istituito una società immaginaria con i propri miti e riti. In questa società hollywoodiana, c’è la libertà di amarsi, esiste il divorzio, l’individuo si fa da se, e così via con altri significati immaginari che sono entrati in conflitto con la dimensione quotidiana dell’essere sociale delle società istituite come stati nazionali. Lo stile di vita delle star è un modello per identificazioni molteplici, ma queste identificazioni producono anche imitazioni e desiderio di modellare il proprio corpo come la star favorita.

La società dello spettacolo

Questo processo di imitazione è molto profondo e sotto altri aspetti può ricordare le forme di possessione teatrale analizzate da antropologi come Michel Leris presso i Gondar.
Infatti i personaggi, con le loro pettinature, i vestiti, gli atteggiamenti, gli abiti nel senso che è attribuito da Peirce a questa parola, cioè modi di comportamento ripetuti fino alle posture del corpo, si impadroniscono degli “attori” che li trasportano nelle “rappresentazioni” della vita quotidiana molto spesso senza rendersene conto.
A volte gli “abiti” delle star sono oggetto di imitazione perché riproducibili in serie illimitata: per essere un po’ Humphrey Bogart bisogna bere whisky e indossare un trench per essere un po’ “vamp” bisogna avere degli atteggiamenti svaniti, pettinarsi in un certo modo, abbigliarsi in un altro e così via.
Tutti questi significati immaginari fondano una società dello spettacolo che, non è limitata dalle frontiere né dai linguaggi. L’appartenenza a questa società immaginaria è in relazione alla visione di immagini in movimento proiettate su di uno schermo in un apposito edificio. Dove si è diffusa questa tecnologia allora si sono diffusi i significati immaginari che istituiscono la società dello spettacolo.
Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come una immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione.
(Guy Debord “La società dello spettacolo punto 1)
Questa società immaginaria cola nella società reale produce modifiche nelle abitudini, nei corpi e tal volta si pone in forte conflitto con i personaggi del teatro sociale che fondano od hanno fondato la vita quotidiana di quello stato determinato, di quello storico sociale circoscritto.
Un conflitto di significati immaginari molto cruento che non può che terminare con l’annientamento del significato immaginario con minore sex appeal.
Ossia, per parlare del novecento già nei primi decenni è stato evidente chi si atteggiava ancora a stellina dell’operetta e chi seguiva Francesca Bertini.
Ma ancora un secolo è stato necessario per istituire una società immaginaria diffusa su tutto il pianeta.
A questa diffusione ha contribuito in modo determinate anche la musica, e la possibilità di trasmettere e riprodurre parole,e suoni a grande distanza così come è avvenuto con la radio.
La combinazione dello starsystem del cinema con quello della musica ha prodotto un allargamento dell’olimpo mediatico. Sono entrate in campo le rockstar, da Elvis ai Beatles, il processo di imitazione è diventato pervasivo ed anche segno del tentativo di istituire una “controcultura”.
La Controcultura degli anni sessanta ha prodotto molti significati immaginari, pensiamo ai gruppi musicali ed al loro prototipo: I Beatles.
E’ interessante la proposta di un gruppo, non è un dio, ma un gruppo che funziona solo collettivamente. Questo è veramente un significato immaginario eversivo.

Altrove

Infatti la società immaginaria fondata dai gruppi controculturali che conquistano la scena degli anni 60 e 70 è una società che istituisce una frattura con le generazioni precedenti,con le altre società.
La frattura è totale soprattutto con l’ordine gerarchico, non ci sono più padri, non c’è un leader, una star, c’è un gruppo ci sono i gruppi che producono, mettono in scena la molteplicità del desiderio, per questo la linea dell’imitazione e della identificazione non viaggia solo dal mondo delle star al mondo degli esseri umani ma anche fra gli esseri umani secondo una proliferazione rizomantica che genera nuovi gruppi e nuove socialità.
Questa società immaginaria di aggruppamenti e di gruppi ha dichiarato la propria secessione dai vecchi significati immaginari dello spettacolo. La secessione si è prodotta a Woostok nel 1969, in quei “tre giorni di pace,amore e musica” i 500.000 lì convenuti hanno istituito una società immaginaria alternativa alla società dello spettacolo dominante.
Quello spazio immaginario è altrove è sempre altrove. Da qui provengono queste tesi di prevenzione. Qualsiasi enunciato,come questo che state leggendo, rimanda ad un enunciante che si definisce in relazione allo spazio immaginario in cui è prodotto. Questo significa che qualsiasi segno assume un significato in una situazione definita. Non esiste un significato assoluto a priori ma ogni significato è l’effetto di un processo di significazione.
Il processo di significazione avviene fra cose in se,segni e interpreti in situazioni definite e porta alla produzione di significati.
La definizione della situazione è l’istituzione di uno spazio determinato in cui si installano specifici significati immaginari sociali.
Per esempio il teorema di Thomas postula che “Se si definisce una situazione come reale questa diviene reale in tutte le sue conseguenze” Ciò significa ad esempio che la situazione “uccisione di un passante sul ponte” possa essere definita come:
assassinio inspiegabile, o uccisione di un nemico a seconda che la situazione sia definita “pace” o “guerra”.
Certamente se la situazione “guerra” non è istituita con tutti i suoi significati immaginari ci si può trovare nella particolare condizione di Robert De Niro in Taxi Driver o in qualsiasi altra condizione, che altri potrebbero definire come “ideazione persecutoria”, e si può intraprendere una “azione di guerra” contro i “nemici” perché la situazione “stato di guerra” non è condivisa ma è la produzione immaginaria di un singolo processo di soggettivazione. Tuttavia se qualcuno definisce per qualche ragione una situazione come reale, questa situazione,per chi ne condivide la definizione, diviene reale in tutte le sue conseguenze. Quindi se per me c’è una invasione di alieni che si sono impadroniti dall’interno degli esseri umani e li controllano senza mostrarsi con il loro vero volto, questa situazione per me sarà reale e quindi cercherò di lottare o fuggire.
Questa molteplicità degli stati di realtà viene messa in evidenza dall’analisi di A. Schutz che descrive la presenza simultanea di una moltitudine di mondi della vita quotidiana in cui valgono differenti province di significato, per esempio il mondo di Don Chisciotte è un mondo in cui i mulini a vento sono giganti,così il cavaliere dalla trista figura parte,lancia in resta, contro i suoi nemici.
La consistenza del muro contro cui l’Hidalgo impatta sembrerebbe l’irruzione della Realtà nel suo mondo, è il senso comune che dice: “lasciargli sbattere la testa contro il muro, poi si renderà conto di qual è la realtà”.
Ma l’immaginazione si riprende dallo stordimento e ipotizza una spiegazione della dura evidenza sperimentale: è stato il Mago,il nemico di Don Chisciotte,a trasformare i giganti in mulini, così i significati immaginari del mondo cavalleresco rimangono intatti e la situazione riceve sempre la definizione di “avventura cavalleresca” e non di “ insanità mentale”.
“Nulla si sa tutto si immagina” dice un personaggio nell’ultimo film di Fellini: La voce della luna”
Quindi è fondamentale chiarire o definire lo spazio da cui si interviene.
La nozione di intervento ci immette nel campo della prassi, ma come abbiamo detto per noi la prassi non è priva di teoria, non è una azione a se stante: un “atto puro”
Tutt’altro, la prassi è carica di teoria che a sua volta è una forma dell’immaginazione, è dunque l’immaginazione creatrice a costruire schemi di riferimento per la prassi della vita quotidiana.

Schemi di riferimento concettuali e operativi

Ed è a questi schemi di riferimento che va diretto l’intervento di prevenzione: la prassi operativa.
In primo luogo,dunque, sta la collocazione in un altrove.
Questo spazio è abitato dall’immaginazione radicale che istituisce la gruppalità come significato immaginario sociale.
Va da se, dunque, che questa istituzione immaginaria della società è radicalmente opposta a quella da cui siamo partiti in queste tesi, che è mostrata in modo tragico nel film di Gus van Sant.
Qui è mostrata l’istituzione immaginaria della società dell’individuo assoluto.
Questo immaginario è messo in scena nel liceo di Colombine:
gli individui compaiono sullo schermo, preceduti da un nome,poi seguono delle traiettorie, come degli elettroni direbbe Mario Pollo, la loro “libertà” li porta, in quell’acceleratore di particelle elementari, a scontrarsi con altri individui, parcellizzati.
Non sono le monadi di Leibniz, senza porte né finestre, sono solo parti, particelle imprevedibili nelle loro traiettoria,accelerate da una istituzione,”Il liceo”, quella si, molto prevedibile.
In quella scuola i percorsi sono individuali, vi sono solo alcuni raggruppamenti: le tre ragazze che vomitano il cibo della mensa nel bagno scolastico, qualche coppia, poi la discussione guidata sulla omosessualità e finalmente l’unica lezione, di fisica atomica.
E proprio in quella lezione che uno degli individui viene bombardato da proiettili autoprodotti in aula.
E’ quello l’unico episodio che potrebbe essere considerato il “casus belli”, un evento che scatena la “guerra preventiva” di una coppia che alimenta i significati immaginari del proprio mondo con la visione di documentari sul nazismo e con l’acquisto tramite internet di armi da guerra e divise militari.
Ora, è evidente che i nostri individui vivono la loro condizione sotto minaccia, si sentono privati di qualcosa, forse avvertono la privazione di una qualche forma di legame sociale.
Sembra che la costituzione di qualsiasi legame,anche per la loro coppia con un qualche sfondo omosessuale, possa diventare una minaccia per la libertà individuale, per il percorso instabile dell’elettrone/individuo. Qualsiasi vincolo porta ad un limite che è percepito come perdita.
E’ questa perdita immaginaria ,prodotta da un legame debole nel mondo degli elettroni/ individui,a scatenare la definizione della situazione come “guerra”.
“Non sono io a cercare un vincolo, sono gli altri che mi minacciano “
C’è una guerra e bisogna annichilire tutti gli individui che minacciano, questi individui non sono esseri umani, non c’è nessun legame sociale con loro, non circolano affetti e sentimenti, sono birilli che vanno abbattuti, figurine di un videgames o obiettivi di una guerra tecnologica vista alla televisione in cui i morti da bombardamento si chiamano “effetti collaterali” e non si vedono. Si vede solo il video dell’operatore che colpisce l’obiettivo. “Bumm!!.
Michael Moore nel suo film Bowling a Colombine mostra come il giorno della “guerra del liceo” sia lo stesso giorno di un bombardamento della guerra in Serbia che ha provocato decine di “effetti collaterali. Altri birilli.
Questo “stato di guerra preventiva” è una istituzione immaginaria sociale che ha come significato costitutivo l’immagine dell’individuo assoluto cioè privo di qualsiasi legame.
Si tratta dell’immagine hobbesiana dell'homo homini lupus :una guerra permanente che renderebbe necessaria l’istituzione di un potere globale altrettanto assoluto in grado di governare la libertà degli elettroni individui.

L’Impero

E’ noto che Antonio Negri e Michael Hardt hanno chiamato Impero questo potere che viene. L’Impero è in divenire è una istituzione immaginaria che ha già i suoi significati che ci stanno pervadendo. Negri e Hardt riprendono l’analisi di Polibio che, nelle Storie, argomenta sulle varie forme di governo.
Polibio, nel II secolo avanti Cristo, vede avanzare una nuova forma di governo. La tradizione greca distingueva La Monarchia che si corrompeva in tirannide per dare origine alla aristocrazia che si corrompeva in oligarchia per dare origine alla democrazia che si corrompeva in demagogia per dare di nuovo origine ad un Monarchia rinnovata riprendendo così il ciclo delle forme. Questa teoria è nota come il ritorno ciclico o “anaciclosi”. Per Polibio la costituzione Romana è così ben congegnata da raccogliere in se tutte e tre le forme di governo e di armonizzarle e ci dice che:
“Ne segue che i Romani sono insuperabili e la loro costituzione è perfetta sotto tutti i riguardi” Polibio Storie Libro VI 18 pag 448
Proprio per questo motivo: “I Romani assoggettarono quasi tutta la terra abitata ed instaurarono una supremazia irresistibile per i contemporanei, insuperabile per i posteri” ibidem Libro I par 2 pag 4
Cioè Polibio comprende che è in arrivo un Impero duraturo e non effimero che si estenderà su tutto il mondo antico.
Nella nostra contemporaneità l’Impero che viene è un Impero planetario, una forma di governo del pianeta che renderà possibile l’istituzione immaginaria della società dell’individuo assoluto.
Questa è una realtà che viene, non è la realtà come abbiamo cercato di dimostrare.
La prevenzione è un altro mondo possibile cioè l’istituzione immaginaria di una società dei gruppi operativi ricombinanti.
La forma che sta assumendo il potere in questa “modernità liquida” come la definisce Z. Baumann, si basa sul controllo dei comportamenti e sulla promozione di stili di vita funzionali alla società dell’individuo assoluto, cioè atti di consumo.
Il consumo è fondamentalmente un atto passivo, le scelte apparentemente libere sono controllate da messaggi pubblicitari sempre più individualizzati e dunque più pervasivi e convincenti.
Del resto anche la produzione si è spogliata totalmente dal suo aspetto materiale per assumere un significato simbolico.
La merce non ha solo un valore d’uso ed un valore di scambio, questa economia è declinata con il novecento, la produzione del nuovo secolo è una produzione simbolica, i prodotti non sono solo materiali ma sempre di più un prodotto è un significato simbolico.
L’organizzazione della produzione si basa sul marketing, cioè sulla ricerca di determinati profili sociali (della società dell’individuo assoluto), questi profili, diciamo questi modelli di consumo, appartengono al mondo dei simulacri o se volete dei manichini o dei personaggi della società immaginaria dell’individuo assoluto.
Così scopriamo il profilo di lusso e quindi quali sono i consumi che caratterizzano questo personaggio immaginario che a seconda della moda si mostra con un abito, un comportamento, dunque uno stile che arbitrariamente significa lusso.
E’ così stabilita una relazione significativa tra determinati oggetti e determinati comportamenti, di più, la produzione semiotica rende significativi dei simboli, che vengono chiamate griffe o logo.
Questi simboli hanno il potere di conferire significato ad un oggetto: una borsa di materiale sintetico è una borsa di materiale sintetico, ed invece no, se ha un marchio impresso porta con se una costellazione di significati che trascendono l’utilità della borsa e la sua forma come oggetto di design.
Fra due marchi identici uno è più identico dell’altro, cioè quello autorizzato dal proprietario del marchio, questo marchio rende un oggetto, perfettamente simile ad un altro, un'altra cosa, gli conferisce un significato immaginario nella società dell’individuo assoluto.
E’ un atto magico.
Ma c’è di più, la produzione simbolica non si interessa agli oggetti, produce e promuove il marchio. La produzione delle merci è appaltata e subappaltata nel terzo mondo dove il lavoro costa pochissimo.
“Così, i quartieri generali sono liberi di concentrarsi sulla questione che più conta: creare una mitologia aziendale sufficientemente potente da infondere significato agli oggetti apponendovi semplicemente il proprio nome.” Naomi Klein, No Logo pag 42

Quindi queste aziende hanno un ciclo di produzione simbolica, creano immagini significative o meglio significati immaginari e dunque l’economia contemporanea è una semiosi, una produzione di significati secondo un codice che è il codice della economia capitalista.
Infatti le creazioni sono proprietà di multinazionali che registrano i marchi e chiedono le royalty per concederli a chi li applicherà sulle merci e le farà diventare “magicamente” significative.
Cristan Marazzi descrive la produzione attuale in questo modo:
“nel sistema di produzione postfordista si è in presenza di una catena di produzione <>, comunicante, e le tecnologie utilizzate in questo sistema possono essere considerate vere e proprie macchine linguistiche, aventi per scopo principale quello di fluidificare e velocizzare l’informazione” (Il Posto dei calzini pag 16)
La mutazione è avvenuta quando si è passati dal modello fordista :la catena di montaggio per massimizzare meccanicamente la produzione ad un modello caratterizzato da ordini di produzione “just-in-time, che non prevedono l’accumuulazione di grossi stock in magazzini/deposito.
Per eliminare il magazzino è necessario che l’ordine di produzione arrivi direttamente dal cliente e per gestire una quantità di informazioni di questo tipo è inevitabile che l’accento aziendale si sposti sulla distribuzione e che dalla distribuzione si cerchi di capire ed orientare le scelte del cliente,il flusso di informazioni che arrivano sulla tipologia dei consumi tramite i pagamenti effettuati con carte di credito permettono di disegnare la produzione e di ridurre fino ad eliminare i costi di stoccaggio.
Questa “macchina linguistica” rende evidente l’affermazione di Karl Marx nei Grundrisse quando analizzando la produzione capitalista dice che non produce solamente un oggetto per il soggetto ma anche un soggetto per quell’oggetto di consumo.
Ossia è chiaro che vengono prodotte identità per essere comprate e vendute e che la fabbricazione di queste identità o meglio di questi personaggi si accompagna alla produzione di storie di “format”, per mettere in scena i personaggi.
Questo è il cuore del semiocapitalismo.
Il semiocapitalismo ha incorporato l’immaginazione come un fattore di valorizzazione del capitale e questo processo è avvenuto, sta avvenendo tramite la trasformazione in forza lavoro degli artisti dei pittori,dai poeti,dei filosofi degli scienziati e di tutti i creativi.
Questa irreggimentazione è molto di più dell’arruolamento nell’industria culturale durante il novecento perché configura l’incatenamento della fantasia alla dimensione del mercato, il capitalismo dopo essersi impadronito della ragione nel primo novecento ed avere attuato i processi di razionalizzazione sociale analizzati da Max Weber e dal Lukacs di Storia e Coscienza di Classe si è impadronito anche della immaginazione e sta attuando una serie di processi di immaginazione sociale.
Questo periodo è ancora più devastante e carico di conseguenze per la vita quotidiana degli esseri umani. Infatti nel primo novecento il processo di razionalizzazione capitalistico ha prodotto la grande fabbrica fordista come architettura emblematica della modernità, ma anche la classe operaia, cioè una moltitudine di forza lavoro concentrata nei grandi edifici, che ha avuto la possibilità materiale di formare una comunità di destino, cioè di prendere coscienza dei propri interessi, della propria identità e di riconoscersi come classe sociale cioè di attuare un cambiamento dello stato di coscienza: dalla falsa coscienza di forza lavoro alla coscienza di classe.
Mentre ora, il processo di immaginazione capitalistica produce il centro commerciale come architettura emblematica della post-modernità e i visitatori o clienti così come i lavoratori di questi centri della grande distribuzione pur essendo una moltitudine non sono in grado di immaginarsi una comunità di destino perché non riconoscono di avere gli stessi interessi e dunque non hanno che una coscienza frantumata e falsa, anche loro sono,individui,elettroni che circolano nella istituzione Centro Commerciale attirati dalle protesi identitarie che fanno mostra di se.

I non luoghi

Il transito all’interno di questi non-luoghi come li definisce Marc Augè è una esperienza estetica di notevole portata. Gli oggetti richiamano un interesse con la forma o con l’odore, talora anche il sonoro è implicato. Per destare curiosità, la merce esposta è, per così dire animata, cioè provvista di un anima, di un significato. Non stiamo gironzolando in un deposito, dove vi sono stock di merci, tutte uguali in serie. no! Qui siamo in una situazione in cui gli oggetti parlano, nel senso che la visione di un marchio fa scattare la catena associativa e provoca l’attribuzione di senso ad un oggetto secondo un codice che abbiamo appreso nella nostra vita quotidiana, da un mezzo di comunicazione di massa.
L’apprendimento del codice non è un processo attivo, c’è bisogno di uno stato di coscienza ipnoide perché la catena associativa totalmente arbitraria si instauri. Si tratta di un vero e proprio condizionamento operante che agisce tramite l’iterazione degli accostamenti fra un certo marchio e un certa emozione.
In questo caso il rinforzo positivo è dato dall’emozione piacevole che viene associata al marchio. Si tratta sempre di manipolazione dei flussi libidici che vengono concatenati al segno. Così si produce il fenomeno della erotizzazione dell’inorganico: appunto il sex appeal,questo è il segreto del feticismo della merce di cui parla Marx nel primo libro del Capitale.
Ma la associazione fra marchio e piacere è appresa in un uno stato di coscienza modificato, prodotto nella vita quotidiana dalla visione della televisione o dall’ascolto della radio. Si tratta di una dissociazione dalla coscienza ordinaria.
Come abbiamo visto varie province di significato coesistono negli stati multipli di realtà, e nella vita quotidiana con le sue routines vi sono delle fratture che lasciano emergere stati di coscienza non ordinari. In particolare l’immissione nella quotidianità dei mezzi di comunicazione di massa ha favorito l’estensione di stati di coscienza ipnoidi in una dimensione che non li prevedeva. Di qui una minore difesa alla penetrazione pervasiva del condizionamento operante che in quanto tale è performativo cioè ordina un comportamento.
La macchina linguistica di cui parla Marrazzi prevede la produzione di vere e proprie mitologie, le mitologie del marchio che hanno lo scopo di vendere atmosfere immateriali che animano gli oggetti.
Questa dimensione, molto ben descritta, nei racconti di Philip Dick è il regno della falsa coscienza, l’individuo assoluto, il protagonista di questa finzione si crede totalmente libero mentre in realtà è governato da monopoli che impongono un ordine simbolico fortemente caratterizzato dal controllo e dalla gerarchia.
La società dello spettacolo mette in scena la libertà dell’individuo assoluto ma nel retroscena troviamo gerarchie, autoritarismo:
“Quando la produzione non è più programmabile perché, diversamente dal fordismo il mercato non è più in grado di espandersi infinitamente a causa della compressione del potere d’acquisto,quando cioè domina l’occasionalità, l’imprevedibilità si fa regola e tutto si gioca nell’adattamento in tempo reale,si chiudono gli spazi delle garanzie giuridiche,dei diritti universali,cioè dei diritti indipendenti dalle persone fisiche con nome e cognome” Marazzi op. cit. pag. 36.
A questo proposito è illuminante una ricerca di socioanalisi condotta da Renato Curcio sui supermercati Esselunga. Da questa ricerca emerge come nelle grandi aziende della distribuzione il rapporto interno sia regolato da meccanismi tipici delle istituzioni totali e che l’insicurezza e la precarietà siano il portato del processo di individualizzazione del rapporto di lavoro. Tutto questo configura un “Dominio flessibile” per un individuo apparentemente assoluto cioè libero di gestire la propria vita ma dominato da una struttura tipica dell’istituzione totale in cui non c’è nessun diritto ma solo privilegi delle gerarchie.
Questo è il problema del potere nella vita quotidiana: un flusso di decodificazione dalle appartenenze famigliari. territoriali,nazionali,etniche, libera gli individui riducendoli però allo stato di “nuda vita” priva di qualsiasi diritto.
Giorgio Agamben assimila questa “nuda vita” alla veneranda figura dell’Homo Sacer così descritta da Festo :
Uomo sacro è, però, colui che il popolo ha giudicato per un delitto; e non è lecito sacrificarlo,ma chi lo uccide, non sarà condannato per omicidio; infatti nella prima legge tribunizia si avverte che <>. Di qui viene che un uomo malvagio o impuro suole essere chiamato sacro Homo Sacer pag 79
Quella di “Homo sacer” è la condizione nei campi di sterminio dove la vita può essere annientata in qualsiasi momento, secondo il concetto elaborato dallo specialista di diritto penale Karl Binding e dal professore di medicina, che si occupava di bioetica Alfred Hoche..
Furono questi due autori, ci dice sempre Agamben, ad elaborare il concetto di “vita indegna di essere vissuta” o anche”vita senza valore” che dunque può essere soppressa in qualsiasi momento da chiunque. Questo concetto “giuridico” fonda il campo di concentramento.
La nuda vita è l’essenza del processo di individualizzazione,in un mondo di individui assoluti chiunque può uccidere chiunque: ognuno è sovrano non esiste nessun legame sociale, nessun diritto che limiti la forza.
Questa forma di vita emerge con i migranti e con i centri di detenzione temporanea ma anche con il campo di Guantanamo. Nello stato di guerra permanente il terrorista non ha diritti. Death or alive. E dunque è la forza a prendersi i suoi diritti ed a ricodificare gli individui assoluti secondo un ordine.
Questo è l’impero. L’impero così concepito non è “la fase suprema del capitalismo” di leniniana memoria ma l’istituzione immaginaria dello statu quo, è dunque,in primo luogo una stato di coscienza che accetta passivamente il flusso dominante delle informazioni.
Siamo giunti al punto centrale di queste tesi di prevenzione:
L’individuo assoluto liberato dai vincoli di appartenenza non ha il potere di elaborare autonomamente le informazioni mainstream ma è costretto ad accettarle nel loro potere performativo, di pragmatica della comunicazione e cioè di indicazione di modelli di comportamento. E’ questa la ricodificazione attuata dall’impero. Il codice imperiale planetario non è imposto dalle baionette dell’Empereur né dalle icone del Basileus ma sgocciola nella vita quotidiana trasportato dalle autostrade dell’informazione e veicolato dai mezzi di comunicazione di massa. Qualsiasi attività preventiva deve creare affetti, suscitare passioni, organizzare desideri,produrre stati modificati di coscienza che rendano evidente la possibilità del cambiamento.


Il senso comune

Il flusso dominante delle informazioni veicola un codice di leggi non scritte e non votate da nessuno, questo codice diventa “senso comune” che è, secondo Antonio Gramsci, il risultato delle varie filosofie dominanti trasportato negli schemi operativi della vita quotidiana.
Nel senso comune troviamo tutti gli stereotipi che impediscono di pensare perché vengono applicati automaticamente. Ci è sempre più chiaro che gli stereotipi cristallizzano i significati immaginari, sono per così dire a valle del processo di eruzione dal magma fuso e per questo imbrigliano l’immaginazione in un ritmo di ripetizione indifferente.
I personaggi stereotipati recitano lo stesso copione e producono una tremenda sensazione di inautenticità che si accompagna ad una grande noia. La noia è l’emozione dominante della condizione di serialità che secondo Jean Paul Sartre ci appare così:
“Ecco un gruppo di persone in piazza Saint-Germain; aspettano l’autobus alla fermata davanti alla chiesa. Prendo qui il termine gruppo in senso neutro: si tratta di un assembramento di cui non so ancora se sia, in quanto tale, il risultato interte di attività separate, o di una realtà comune che determina in quanto tale gli atti di ognuno, oppure un’organizzazione convenzionale o contrattuale. Queste persone - diverse per età, sesso, classe e ambiente - realizzano nella banalità quotidiana il rapporto di solitudine, di reciprocità e di unificazione dall’esterno (e di massificazione dall’esterno) che caratterizza ad esempio, i cittadini di una grande città, in quanto si trovano riuniti, senza essere integrati dal lavoro, dalla lotta o da ogni altra attività, in un gruppo organizzato che sia loro comune.
Va anzitutto rilevato, infatti,che si tratta di una pluralità di solitudini (….) Critica Della Ragione Dialettica pag 383-84 Vol I
In questa condizione umana navigano gli stereotipi, di più, la serialità è una forma di coscienza che accetta lo statu quo come dato, come elemento di sfondo non analizzabile, è la “coscienza ordinaria” che tende a identificarsi con la “coscienza del mondo del lavoro” e con la totale passività.
Questa forma di “razionalità” prevede un legame sociale basato sul calcolo: dare ed avere, scambi simbolici privi di emozioni, prevalenza della logica binaria, ma soprattutto, esalta i mezzi, gli strumenti fino a divenire una aggregazione priva di scopo in cui la crescita tecnica senza significato diviene paradossalmente l’unico fine.
L’uscita dalla condizione di serialità è una attività pratica di prevenzione e si basa sulla costruzione di scopi.
Ad esempio, le persone che aspettano l’autobus, possono scoprire che c’è uno sciopero dei mezzi pubblici. Si determinerà allora una dinamica interna alla organizzazione seriale in cui verranno posti degli scopi: come facciamo ad arrivare alla nostra meta?
Questo compito produrrà un gruppo che uscirà dallo sfondo seriale, ponendosi come figura, e nel gruppo inizierà una dinamica di ruoli, ci sarà un leader che spingerà verso una forma di auto organizzazione: -chi ha una auto qui vicino ecc.- ci sarà un leader che saboterà tutti gli sforzi – Ma non c’è niente da fare, lasciamo perdere ecc ecc..-.Ci saranno portavoce del gruppo, capri espiatori. Si produrranno delle ansie paranoidi contro gli scioperanti, contro l’azienda di trasporti, contro il governo, ansie depressive per la paura di perdere il posto di lavoro, l’appuntamento d’amore, il contratto con il cliente.
Certamente qualcuno entrerà in confusione, ma tutto sommato l’irruzione di una situazione imprevista produrrà la ricerca di risorse dissociate dalla coscienza ordinaria. E da quella serie di individui massificati e passivi potrebbe sorgere una moltitudine gruppale.
L’emergere di questa nuova coscienza è il cardine della attività di prevenzione e questa attività è legata alla elaborazione di scopi, di compiti, di fini.
Dice Zygmunt Bauman:
“In un mondo ridondante di mezzi,ma assolutamente nebuloso in merito ai fini, le lezioni tratte dai talk-show rispondono ad una domanda reale ed hanno un innegabile valore pragmatico: dal momento che so già che dipende da me e da me soltanto rendere la mia vita migliore possibile; e poiché so anche che qualunque risorsa tale impresa possa richiedere può essere cercata e trovata solo nell’ambito delle mie capacità,coraggio e audacia, è d’importanza vitale sapere come si comportano altre persone alle prese con i miei stessi problemi.” Modernità Liquida pag 69-70
Il cardine di qualsiasi attività di prevenzione nella situazione contemporanea è dunque la possibilità di elaborare degli scopi.
Armando Bauleo ed Enrique Pichon Riviere a proposito degli effetti del compito sul soggetto dicono che:
“Nel soggetto,appare una <>degli elementi in gioco, con la possibilità di manipolarli e con un contatto con la realtà in cui, da una parte gli è possibile l’aggiustamento percettivo, cioè la sua collocazione come soggetto, e dall’altra la possibilità di elaborare strategie e tecniche mediante le quali intervenire nelle situazioni (progetto di vita) provocando cambiamenti.”Il processo Gruppale pag 59
Vi è da dire che per la concezione operativa di gruppo è proprio il compito, o meglio la costellazione di compiti o scopi o fini che dir si voglia, a fondare il gruppo. Quindi questa nozione è centrale per la disseminazione di una attività di prevenzione che si basi sulla proliferazione di gruppi.
La definizione di uno o più scopi in un ambito operativo è direttamente una convocazione. Il compito agisce da catalizzatore per fare uscire dalla serialità e fare emergere un gruppo.
Questo processo crea una tensione tra memoria e desiderio. La memoria ha sempre lo sguardo rivolto all’indietro e come l’angelo di Benjamin seduto alla macchina da cucire rammenda le identità con il filo dell’appartenenza. Il desiderio produce incessantemente, strappa le identità cambiando le situazioni e ricombinando i soggetti.
I gruppi operativi,dunque, nella misura in cui riescono a lavorare sul proprio compito, distruggono gli stereotipi che impediscono all’immaginazione radicale di emergere dalla falsa coscienza della società istituita.
La gruppalità è dunque uno stato di coscienza modificato che è dissociato dalla coscienza della vita quotidiana, dal senso comune della individualità assoluta. Per fare emergere la gruppalità è necessario individuare uno o più scopi o fini che convocano gruppi operativi.
L’attività di prevenzione è l’ individuazione di scopi e non di mezzi, i mezzi seguono i fini e non ne sono giustificati. Gli scopi convocano i gruppi operativi ricombinanti capaci di liberare l’immaginazione radicale e di produrre nuovi significati.

Piani e ambiti

Questa tesi ci porta alla chiarificazione conclusiva di questo lavoro che prende le mosse dalla psicologia degli ambiti di Pichon Riviere e Bleger. Gli ambiti costituiscono lo sfondo della situazione che è sottoposta ad analisi. Possiamo dunque considerare un ambito biologico-individuale che corrisponde ad un piano di consistenza in cui gli effetti si traducono nel codice che rilascia o inibisce enzimi o proteine, realizza legami chimici, trasmette informazioni molecolari.
Questo piano è interconnesso e compreso in una dimensione gruppale, più fluida,attraversata da desideri e divieti,organizzata in codici che permettono e/o proibiscono la sessualità a seconda di significati immaginari orientati verso l’endogamia o l’esogamia:questi codici gruppali divengono famigliari nella misura in cui i gruppi prevedano fra i loro compiti non solo regole sulla sessualità ma anche l’accudimento dei piccoli.
Da questo ambito si sconfina senza soluzione di continuità, nell’ambito istituzionale che evidenzia le relazioni di multipli gruppi fra loro, regole linguistiche, norme comportamentali per determinate circostanze, riti e cerimonie. Contenitori e contenuti si intrecciano abbracciando gli altri ambiti e aprendosi all’ambito comunitario.
Questo piano comprende varie istituzioni, una moltitudine di gruppi e di individui. Secondo la nota definizione di Tonnies la comunità è il luogo di scambio degli affetti e dei sentimenti, lo spazio della appartenenza e del riconoscimento con mitologie di fondazione confini, nemici e così via. La comunità non si identifica con il territorio: esistono comunità nomadi, né con il sangue: esistono comunità multietniche.
Tuttavia c’è una visione regressiva della comunità originaria che sarebbe stata corrotta dai cambiamenti intervenuti nel tempo, dall’ingresso di stranieri, di diversi. Questa visione di una struttura originaria, di un tempo mitico in cui tutti gli uomini vivevano una perenne età dell’oro a patto che la comunità non fosse contaminata dall’esterno, non fa i conti con l’alterità, infatti gli uomini: sono sempre quelli di quella comunità, gli altri sono sempre barbari o selvaggi da civilizzare.
E’ stato Wilheim Reich nel suo studio sulla psicologia di massa del fascismo a mettere in evidenza come il mito della comunità originaria del sangue e della terra sia stato il significato immaginario sociale su cui si è costituito il terzo Reich.
Ho introdotto questi temi perché ho da tempo proposto un nuovo ambito da aggiungere a quello individuale, gruppale, istituzionale e comunitario. Il quinto ambito è l’ambito sociale, la geselleshaft di Tonnies, la società globalizzata in cui non ci sono legami di affetti e sentimenti ma solo relazioni di calcolo: dare ed avere.
Questa società globale è ormai pervasiva ed invade qualsiasi comunità, il prototipo di questo livello di analisi è il libero mercato delle merci: in qualsiasi mercato rionale si possono trovare le noci della California o i pompelmi di Jaffa, e a New York potete trovare nell’albergo l’acqua minerale Galvanina di Rimini.
I cinque ambiti si intrecciano e sfumano l’uno nell’altro, certamente l’uso di una logica formale binaria non ci fa capire il profondo intreccio di questi diversi ambiti. Se, ad esempio, analizziamo un fenomeno con il principio di identità, non contraddizione e terzo escluso non riusciremmo a capire quanto di individuale ci stia nel comunitario o quanto dell’istituzionale sia nel gruppale.
Questo perché la logica binaria ci obbliga a procedere per algoritmi e ci pone di fronte a passaggi in cui dobbiamo decidere se si tratta di una situazione individuale o gruppale, tertius non datur. Questa logica ci porta necessariamente a situazioni indecidibili a veri e propri paradossi ben evidenziati dal teorema dell’incompletezza di Godel.
Per questo è necessario usare un’altra logica, una logica delle sfumature che rende la logica formale un caso di quella sfumata o fuzzy.
Le situazioni indecidibili sono risolte dal teorema della “sottoinsiemità” di Bart Kosco, secondo questo teorema elementi di un insieme con una loro identità e con una loro definizione possono contemporaneamente essere parte di un altro insieme più piccolo o più grande, in una certa misura.
Per esempio una situazione può essere gruppale o individuale in una certa misura e così via, nel gruppale o nel comunitario e nel sociale è contenuto l’individuale,in una certa misura, così come nell’individuale è contenuto il comunitario il sociale ed il gruppale in una certa misura.
Quindi gli ambiti applicano una logica sfumata e producono concatenazioni, vere e proprie macchine che attraversano tutti i livelli producendo effetti o meglio sintomi.

Macchine

Per la nostra concezione non c’è una relazione lineare fra causa ed effetto, questa concatenazione non è stabilita a priori e non esiste fuori dal campo come una struttura a se stante. Per capire un certo fenomeno è necessario studiarlo attraverso i vari ambiti nella situazione concreta, in questo caso si potrà osservare una macchina in azione e eventualmente studiare contropiani per prevenire gli effetti sintomatici.
E’ stato Felix Guattarì ad elaborare il concetto di macchina che a differenza della struttura non è senza tempo né senza spazio.
Le macchine, frutto di diverse concatenazioni o legami storico sociali hanno diversi effetti nei vari ambiti ed in molti casi, nell’assemblaggio delle macchine gli effetti retroagiscono sulle cause.
Per questo sarà diversa la macchina “follia” o “droga” o ”Infarto” o ”Aids” o ”Cancro” e così via a seconda di come si sia concatenata nei vari ambiti e di come presenti i propri effetti in un individuo, in un gruppo famigliare, in una istituzione, in una comunità o nella società.
La prevenzione come intervento nei vari ambiti è sempre messa in atto da gruppi operativi, che possono essere equipe istituite o gruppi istituenti.
Le equipe istituite possono avere un alto grado di pertinenza rispetto al loro compito istituzionale, tuttavia la pertinenza può accompagnarsi con un grado molto basso di appartenenza, questo fa sì che questi gruppi molto difficilmente riescano ad osservare e dunque a comprendere la macchina. Si trovano nella condizione di quei ciechi che di fronte ad un elefante non riescono a capire di cosa si tratti, perché qualcuno sente la proboscide e pensa ad un serpente, chi le zampe e pensa ad un albero chi le zanne e così via senza riuscire ad avere una idea. O se volete si perdono nei dettagli, vedono l’albero ma non la foresta.
Un gruppo istituente può avere un alto grado di appartenenza, sono amici, vogliono “fare qualcosa” ma poca pertinenza, non hanno competenze, mancano di strumenti, non sentono di dover garantire una continuità.
Vi sono altre dimensioni dei gruppi, importanti per lavorare sul compito: la cooperazione, la comunicazione,l’apprendimento e il telè cioè la capacità di potersi mettere gli uni nei panni degli altri:il grado di empatia. Questi sono fattori definiti da Pichon Riviere, che ha ripreso il telè da J. Moreno. Ma c’è un altro elemento centrale per far sì che un gruppo possa intervenire nel campo della prevenzione. Si tratta della trasversalità.
Questo concetto, elaborato da Guattari, permette ai gruppi di lasciarsi attraversare da problematiche non strettamente pertinenti al proprio compito.
C’è un tasso di trasversalità che è come l’ampiezza di apertura del paraocchi per i cavalli (l’esempio è di Guattari) se l’apertura è troppa ci sono troppe impressioni che entrano ed il gruppo può emozionarsi troppo e confondersi. Un gruppo ha un buon grado di trasversalità quando riesce ad essere operativo e cioè ad analizzare una situazione ed a predisporre piani o contropiani di intervento.
In questo caso l’analisi della situazione porta alla descrizione di un macchinario che si articola in vari punti e si esprime con dei sintomi.
L’intervento di prevenzione a questo punto può anche consistere in una mobilitazione, in un tentativo di modificare il significato immaginario sociale collegato a quello specifico macchinario in quella comunità.
Ad esempio una comunità che produce esclusione perché pensa che non ci possa essere nessuna nuova appartenenza se non per nascita a quella specifica comunità, può essere oggetto di un intervento che mira a cambiare il senso comune tramite l’utilizzo di mezzi adeguati: teatro di strada, lavoro nelle scuole, film,dibattiti assemblee, lavoro su casi emergenti e cosi via.
Dunque l’intervento è un concetto portante della attività di prevenzione, prendiamo questo termine nel suo significato chirurgico di operazione.
La prevenzione è sempre un intervento di un gruppo operativo ricombinante a più livelli dall’ambito individuale a quello gruppale / famigliare a quello istituzionale, comunitario e sociale.

Ricombinazione

L’elaborazione di un intervento di prevenzione di un gruppo operativo ricombinante necessita del chiarimento di cosa sia la ricombinazione. Questo è un termine che proviene dall’ ingegneria genetica e sta ad indicare una tecnica che permette la costruzione di DNA. I geni vengono ricombinati con altri per dare origine a nuovi organismi.
Il paradigma della ricombinazione ha raccolto un gruppo operativo attorno a www.rekombinant.org.
Un gruppo convocato da un compito funziona secondo un particolare metodo che E. Pichon Riviere ha definito: “epistemologia convergente” cioè, ad esempio, se una equipe multidisciplinare è riunita per decidere il modo di affrontare una determinata situazione se le diverse discipline non convergono attorno all’oggetto ma divergono si produce una situazione indecidibile, una paralisi: l’intervento sul campo non è possibile.
L’epistemologia convergente è una ricombinazione di diverse discipline nel campo di intervento. E’ infatti la ricombinazione a permettere l’elaborazione di una o più strategie di specifiche per una situazione determinata.
Anzi,il richiamo alla appartenenza disciplinare è un ostacolo epistemologico che funziona da resistenza in un gruppo operativo, impedisce l’elaborazione di uno schema concettuale di riferimento operativo (ECRO secondo Pichon Riviere) che è specifico per quel singolo gruppo perché è il risultato del lavoro che ha fatto quel gruppo particolare, per affrontare il proprio compito.
Dunque per diventare un gruppo operativo non si tratta solamente di apprendere alcune nozioni di una disciplina ed applicarle ma di elaborare sul campo una ricombinazione di aspetti cognitivi delle varie discipline ed aspetti affettivi sia della relazione con gli altri integranti del gruppo, sia con i saperi di cui gli altri sono portatori.
L’ impasto di sentimenti emozioni, sessualità, rabbia e piacere, sguardi, rumori e sensazioni tattili si ricombinano con concetti di questa o quell’altra disciplina dando origine ad un gruppo che decide secondo la propria modalità. Il criterio di verità,in questa visione ricombinante, emerge nella prassi, è un criterio operativo che permette ai gruppi di intervenire.
La ricombinazione come metodo per il lavoro di gruppo si accompagna alla creatività ed alla capacità di predisporre progetti specifici per situazioni specifiche.
Il metodo ricombinante fa sì che le informazioni provenienti dalle diverse discipline vengano sbranate e divorate per essere digerite e trasformate in un modo di prendere decisioni, di intervenire, di agire che contiene in se quelle informazioni che si sono mescolate con altre ed hanno prodotto anche nuovi concetti che non esistevano nelle discipline di appartenenza, nelle istituzioni accademiche che conservano il loro sapere “incontaminato”.
Il metodo ricombinante è anche ricombinazione di corpi con saperi, di sguardi con lettere, di amore con memorie, di immagini con piaceri, di erotismo con colori, di passioni con numeri, di deliri con sogni, di ragione con immaginazione.
Questo è un metodo con cui un gruppo può elaborare un progetto di intervento di prevenzione. Un gruppo così costituito è già un rizoma, una macchina proliferante che si connette in una rete di progetti immaginari e costruisce uno spazio in cui ritrova il tempo perduto dalla velocità di diffusione delle informazioni nella società globalizzata.
Dice Florence Giust-Despreires:
“Ora,il legame sociale si costruisce precisamente sull’illusione che, lo ricordiamo,è portata dal desiderio.In nome del realismo si cancellano i punti di riferimento simbolici.E’ per questo che ci sembra importante oggi ritornare su un lavoro di indagine del pensiero e della parola che produce questo appello al realismo,per ridare il suo posto all’immaginazione come creazione.” Il gruppo tra ripiegamento e creazione. Animazione sociale 6/7 2003.

Questo significa entrare in una dimensione di intervento preventivo che promuove una modalità di aggregazione che è uno stato di coscienza modificato.
La modificazione della coscienza è l’effetto di una analisi del mandato sociale che, come ci ha insegnato Franco Basaglia ci impedisce di considerare qualsiasi intervento sul campo come un intervento “neutro”.
Del resto come ci dice Armando Bauleo:
“L’implicazione di chiunque operi in un campo di lavoro (assistenziale, preventivo, educativo, riabilitativo) è legata all’offerta che propone l’istituzione in cui si compie il lavoro. Desidero così segnalare quanto risulti difficile estraniarsi (o dissociarsi) da ciò che offre l’istituzione. Sorge quindi, la domanda su “in che modo e quanto” questa implicazione regola l’analisi che un membro della equipe effettua della richiesta”
Psicoanalisi e gruppalità pag 105

Per questo l’offerta di nuove tesi di prevenzione può essere utile per favorire l’analisi del mandato sociale dei gruppi dentro l’istituzione facilitandone la dissociazione strumentale.
Questo concetto è stato proposto da J. Bleger in relazione al modo di conduzione di un primo colloquio e a come da parte dell’intervistatore sia necessaria una dissociazione dal campo in cui si trova ad operare per potere con una parte essere in relazione e con un’altra osservare e pensare quella stessa relazione senza entrare in confusione.
La dissociazione volontaria è uno strumento o una risorsa infatti secondo Georges Lapassade:
“(…) altre culture quando affrontano stati di dissociazione, che vengono interpretati come malattia iniziatica dello sciamano o del medium, istituiscono un processo di passaggio dalla dissociazione involontaria a quella volontaria, e la dissociazione viene istituzionalizzata diventando un mestiere” Transe e Dissociazione pag 132

In questo stato di dissociazione strumentale è possibile comprendere che non si tratta più di prevenire, nel senso di venire prima di, un danno e di impedirlo ma di promuovere stili di vita che permettano l’espansione del desiderio e della felicità.
Gli stili di vita pret a porter che sono trasmessi nello spazio informativo globale,nella infosfera veicolano dei significati preconfezionati,seriali, che generano inevitabilmente massificazione e passività.
Ma, questa ricezione passiva è dovuta al fatto che non esiste più, il tempo per elaborare attivamente tutta l’informazione che circola.
Franco Berardi ha definito questo il paradosso della contemporaneità: “più si estende lo spazio informativo: il cyberspace, più si evidenzia l’assenza di un cybertime”. Cioè il tempo biologico individuale non è sufficiente per far sì che l’informazione divenga sapere cioè passi attraverso l’esperienza e l’emozione e produca stili di vita personali. Ora tutti sono informati su tutto ma non sanno nulla. Siamo entrati nel dominio della azione senza pensiero, le informazioni sono applicate senza poter essere filtrate dall’esperienza perché non c’è più il tempo di pensare.
Queste azioni psicopatiche caratterizzano decisioni e scelte che assumono la qualità dei riflessi condizionati di Pavlov o di azioni cui corrispondono delle reazioni uguali e contrarie.
Questo scenario è uno scenario di guerra, è un mondo caratterizzato dalla vendetta e dal dominio della forza è in questa realtà che la violenza diventa significativa.
E’ assolutamente prioritario, in questo periodo togliere alla violenza ed alla forza la capacità di significare. Ogni intervento preventivo non può che aprire la strada alla libertà di pensiero: bisogna trovare il tempo, liberare il tempo, costruire e moltiplicare il tempo con occasioni di incontro per relazioni di amicizia, diffondere le pratiche dell’ospitalità, disseminare possibilità di aggregazione di gruppi.
Sabotare gli ingranaggi della macchina che ha concatenato forza-violenza-dominio-guerra con una miriade di micropolitiche desideranti di coreografie catartiche di teatri della crudeltà.
Fare corrispondere ad ogni azione una creazione uguale e contraria: alla incessante produzione di nemici,una continua liberazione di amici, alla noiosa stupidità della forza, l’appassionante intelligenza della fantasia.
Perché questo sia possibile è necessaria una politica del desiderio e cioè un agire sociale che produce forme di vita alternative allo stile di vita dominante: autogestione della sessualità e degli stati di coscienza, proliferazione di moltitudini di soggetti collettivi di enunciazione, creazione di vie di fuga dalla unificazione del pensiero, immaginazione di corpi desideranti e moltiplicazioni di gruppi ricombinanti.
Leonardo Montecchi
12 2 2004
Encuentro de Secciones de la WPA
Organizado por la Sección Massmedia y Salud Mental de la WPA
Cuba-Habana

Bibliografia

Marcel Proust Alla Ricerca del tempo perduto Einaudi
Jaques Derrida Grammatologia Jaka Book
Sigmund Freud Psicopatologia della vita quotidiana Boringhieri
L’Interpretazione dei sogni Boringhieri
Cornelius Castoriadis L’istituzione Immaginaria della società Boringhieri
Giovan Battista Vico La Scienza Nova Mondatori
Jaques Lacan Scritti Einaudi
Friedrich Holderlin Le liriche Adelphi
Charles S. Peirce Opere Bompiani
Erving Goffman La vita quotidiana come rappresentazione Il Mulino
Samuel Beckett Teatro Mondatori
Henry Corbin L’Uomo di Luce nel Sufismo Iraniano Edizioni Mediterranee
Michel Leris la possessione presso i Gondar Ubu libri
Guy Debord la società dello spettacolo Vallecchi
Deleuze Guattari Millepiani Castelvecchi
Felix Guattari Una tomba per Edipo Bertani
Josè Bleger Psicologia della Conduca Paidos
Psicoigiene e Psicologia Istituzionale Lauretana
Alfred Schutz Don Chisciotte e il problema della realtà La Nuova italia
Mario Pollo Animazione Sociale
Antonio Negri Michael Hardt Impero Rizzoli
Polibio Storie Mondatori
Marc Augè Dysneyland ed altri nonluoghi Boringhieri
Muhyi-D-Din Ibn Arabi La Sapienza dei Profeti Edizioni Mediterranee
Zygmunt  Bauman Modernità Liquida laterza
Naomi Klein No Logo Baldini e Castaldi
Cristian Marazzi Il posto dei calzini Boringhieri
Karl Marx Lineamenti di critica dell’economia politica La Nuova Italia
Il Capitale Newton Compton
Philip K. Dick Ubik Fanucci
Renato Curcio L’azienda totale Sensibili alle foglie
Il dominio flessibile Sensibili alle foglie
Giorgio Agamben Homo Sacer Einaudi
Antonio Gramsci Quaderni dal Carcere Einaudi
Jean Paul Sartre Critica Della Ragione Dialettica Il saggiatore
Enrique Pichon Riviere Il Processo Gruppale lauretana
Psicologia del la vida cotidiana Nueva Vision
Armando Bauleo Ideologia Gruppo e Famiglia Feltrinelli
Psicoanalisi e gruppalità Borla
Walter Benjamin Angelus Novus Einaudi
Wilheim Reich Psicologia di massa del fascismo Mondatori
Bart Kosco Il fuzzy-pensiero Baldini& Castaldi
Franco Bifo Berardi Neuromagma Castelvecchi
Florence Giust-Despreires Il gruppo tra ripiegamento e creazione. Animazione sociale 6/7 2003.
Franco Basaglia L’Istituzione Negata Einaudi
Che cos’è la psichiatria Einaudi
Georges Lapassade Stati modificati di coscienza e transe Sensibili alle foglie
Transe e dissociazione Sensibili alle foglie
 

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